giovedì 23 giugno 2011

Crotta d'Adda - Pedalando fino alla confluenza




Maggio 2009



Il cartello alla nostra destra indica la Spiaggia del Marez e ci fa venire voglia di un bel bagno, di odore di salsedine e del rumore delle onde che si infrangono sugli scogli. Svoltiamo e percorriamo il sentiero che attraversa il bosco, ma il fiume è ancora alto e la spiaggia è sommersa.
No, non è un errore di battitura: Marez è il nome di una cascina tra Pizzighettone e Crotta. Stiamo pedalando lungo l’argine dell’Adda, davvero piacevole da percorrere in una giornata di sole come questa. Il fiume corre alla nostra destra, la campagna cremonese è immobile alla nostra sinistra. All’orizzonte già si profila Crotta d’Adda.
Il cartello che segnala la torbiera ci fa capire che manca poco al paese. Una salitella ed eccoci arrivati nei pressi del cimitero. Percorriamo un tratto di Via Roma, poi giriamo a sinistra e raggiungiamo Via Cavallatico, che costeggia le pittoresche casette a ridosso dell’argine. Qui la scarpata termina direttamente nell’Adda; nelle ultime tre sere di gennaio questo è il punto d’osservazione migliore per godersi la Merla, tradizione che a Crotta è più viva che mai. Da quassù puoi ascoltare i canti riecheggiare tra la sponda cremonese e quella lodigiana, e guardare le fiammelle che nel buio scivolano via trascinate dalla corrente.
Passiamo davanti alla Trattoria del Giglio, rilevata ormai una decina di anni fa da due ragazze di Canazei che propongono cucina trentina (anche se all’occasione non mancano piatti della tradizione crmonese), ricreando nell’accogliente locale un angolo di Val di Fassa nel bel mezzo della Pianura Padana. Ritorniamo sulla via principale, che costeggia l’elegante Villa Stanga e l’adiacente cascina (dove si tiene ogni anno, all’inizio di agosto, la Fésta dela stafa) prima di abbandonare il paese.
Ogni volta che attraverso Crotta mi imbatto in qualcuno dei miei vecchi compagni di scuola delle medie. Il paese è piuttosto piccolo, e i ragazzini dopo i dieci anni vengono a studiare a Grumello, dove sono cresciuto. Quando li incontro mi sembrano sempre uguali, come se per loro il tempo non fosse passato. Anzi, come se a Crotta il tempo si fosse proprio fermato.
Il ponte sull’Adda offre una bella visuale del paese, aggrappato sulla scarpata a ridosso di una stretta ansa del fiume. Sotto, le barchette dei pescatori ed il campetto dove sono venuto anch’io, qualche volta, a giocare a pallone.
Torniamo sulla strada che attraversa la località Fornace e la lasciamo poco prima del ponte su quello che un tempo doveva essere il Canale Navigabile Cremona-Milano, eterno incompiuto che il tempo ha trasformato in Cremona-Tencara, una cascina del territorio comunale di Crotta dove il canale, una melmosa striscia d’acqua imprigionata da due argini di cemento che ormai ha solo nella pesca sportiva la sua ragion d’essere, si conclude in un bacino trapezoidale affiancato da una gigantesca spianata d’asfalto, paradiso notturno per coppiette in cerca di intimità o per compagnie che vogliono farsi qualche canna in santa pace.
La strada asfaltata gira verso la località Caselle Basse di Crotta; noi invece seguiamo il percorso ciclabile più vicino al fiume, che si ricongiunge con l’altra strada poco prima di Spinadesco. Il nostro obiettivo è pedalare fino alla confluenza dell’Adda nel Po. Io sono un po’ elettrizzato, come quando mi trovo di fronte ad un punto che considero geograficamente significativo. Sara, Stefanino, Laura e Brama, compagni di pedalata, non sembrano comprendere a fondo il mio entusiasmo.
Eccoci arrivati. Le acque dell’Adda si immettono lentamente in quelle del Po. Il Grande Fiume prosegue poi verso Spinadesco, tranquillo, come se niente fosse. Ma questo è già un altro fiume, un altro paese, un’altra storia da raccontare.

sabato 18 giugno 2011

Un diario italiano

Cremona, 13/6/2011

In quella prima domenica di giugno abbiamo lasciato Francesca a godersi un ultimo giorno di mare e siamo ripartiti verso casa. Sarà stato lo strascico della chiacchierata con il cameriere piceno della sera prima, ma in coda in autostrada abbiamo ripreso a parlare di lavoro. Quel lavoro che l’indomani, come ogni lunedì, ci avrebbe atteso.


Ma è tempo di pensare al viaggio estivo ormai: non abbiamo ancora stabilito la meta; sappiamo solo che andremo all’estero.
Negli ultimi due anni d’altra parte non ci siamo potuti lamentare. Abbiamo scoperto tante parti d’Italia mai viste prima; ci siamo entusiasmati e ci siamo arrabbiati, ci siamo meravigliati e ci siamo sconfortati. Sempre alla ricerca di un'Italia che è sempre più difficile trovare. Quella degli antichi mestieri raccontati da Mario Rigoni Stern in Uomini, boschi e api. Quella delle strade fuori mano tanto amata da Paolo Rumiz. Quella che cerchiamo anche nel nostro territorio, magari mentre siamo alla ricerca di qualche vecchia ricetta cremonese, colloquiando con qualche anziana signora o con vecchi osti di paese… Troppo spesso invece incontriamo l’Italia abbrutita dalla televisione di cui con lungimiranza già parlava Pier Paolo Pasolini.
Ma c’è un’altra Italia, troppo spesso nascosta, che però in questa meravigliosa giornata di giugno è tornata alla luce. Un’Italia di indignados che nulla ha da invidiare ai cugini spagnoli. Un’Italia che vuole ancora lottare, ricostruire, partecipare. Un’Italia che vuole riprendersi i beni comuni. Auguriamoci che questo sia solo l’inizio.

sabato 11 giugno 2011

Un diario piceno - 3. Articolo 1

San Benedetto del Tronto, 4/6/2011


Il gatto dorme all’ombra del fico di fianco alle scale, il cagnone a quella del nespolo che dà sulla strada; noi invece cerchiamo il sole sulla spiaggia, trovando
anche il tempo, tra un bagno e l’altro, per una sfida a beach-volley con due locali.
Il sole se ne va a metà pomeriggio, mentre noi stiamo già risalendo la va
lle del Tronto diretti verso Ascoli Piceno. Il centro storico della città marchigiana ci compare con le sue numerose torri, incuneato tra le colline ma rialzato rispetto al corso del Tronto e di un suo affluente, il torrente Castellano, che scorrono entrambi in fondo a dirupi boscosi. Entriamo dal ponte di Viale Indipendenza, che ci offre una bella visuale sul Forte Malatesta e sul Ponte di Cecco. Un’altra figura eretica, quella di Cecco d’Ascoli, dopo quelle incontrate in Piemonte un mese fa; ci accoglie in fondo al ponte, appena entrati nel centro storico. Qui infatti è stato realizzato un monumento a ricordo di uno degli ascolani più celebri.
“Questo è il nostro salottino”, dice un ascolano in Piazza del Popolo. Si tratta senza dubbio di una delle più belle piazze d’Italia, anche se noi nel salotto di casa nostra non lasceremmo mai che degli energumeni si prendano a botte; ma oggi in Piazza del Popolo c’è un’esibizione di kick-boxing. Cerchiamo di ignorare l’evento godendo dell’armonia di insieme della piazza, con la chiesa di San Francesco, il Palazzo dei Capitani, il Caffè Meletti, le logge e i porticati che la delimitano.
Piazza Arringo non è da meno, con l’omonimo palazzo, la Cattedrale di Sant’Emidio ed il Battistero. Ma piazze e angoli suggestivi abbondano ad Ascoli, e così camminiamo per le strade piene di gente finché non si fa buio.
Rimane giusto il tempo per un po’ di cazzetti (si tratta di pizzette fritte) e una cacciannanz’, una specie di pizza/focaccia tipica della zona. “Ma che succede a Cremona?” ci chiede il cameriere: si riferisce allo scandalo del calcio scommesse esploso in questi giorni proprio nella nostra città, grazie alle “prodezze” dell’ex portiere grigiorosso Paoloni. Poi il discorso si fa più serio. Si parla di crisi, di precariato, delle poche possibilità che il Piceno offre ai giovani. Siamo in prossimità del confine storico tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie e, in tempi più recenti, della Cassa del Mezzogiorno. Qui terminano le Marche delle piccole aziende, in questa provincia caratterizzata da una giunta di centro-destra (in una regione tradizionalmente “rossa”). Spieghiamo al nostro amico che la crisi c’è anche a Cremona, a suo modo zona depressa (almeno rispetto alle province confinanti). Il discorso sarebbe lungo, ma noi dobbiamo rientrare. Domani si riparte; il ponte sta per finire.
D’altra parte questo è il ponte per la Festa della Repubblica. La repubblica è fondata sul lavoro. E il lavoro è precario. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

mercoledì 8 giugno 2011

Un diario piceno - 2. Preghierina a San Benedetto

San Benedetto del Tronto, 3/6/2011

Di San Benedetto del Tronto conoscevo solo la Sambenedettese; ai tempi della mia infanzia Cremo e Samb si incontrarono spesso nel campionato di calcio di Serie B. Il quartiere intorno allo Stadio Riviera delle Palme è dominato dal murales rossoblu dietro la curva dei tifosi di casa, recante la scritta Il tempio del tifo, a testimonianza di una fede calcistica molto sentita.
San Benedetto è un’importante stazione balneare che si sviluppa lungo vie ortogonali di fianco al litorale adriatico; il nucleo antico si trova leggermente più in alto, su un modesto rilievo. Non è il mio genere di località marittima ideale, ma l’arredo urbano del lungomare è gradevole e una pista ciclabile p
ercorre tutta la Riviera delle Palme da Porto d’Ascoli a Cupra Marittima. Gli stabilimenti balneari – comunque troppi – non precludono la vista del mare; almeno per ora, in attesa degli sfaceli che potrebbero essere introdotti dal nuovo “decreto sviluppo” (che apre la strada a nuove edificazioni sulle spiagge italiane).
La nostra casa si trova al limitare dell’agglomerato di San Benedetto. Una piccola area non urbanizzata (che dovrebbe però essere oggetto dell’ennesimo intervento edilizio nei prossimi mesi) divide l’abitato dalla Riserva Naturale Sentina.
Si tratta dell’unica zona umida della costa adriatica dal Delta del Po fino al Gargano. Gli abitanti del luogo venivano qui a raccogliere la liquirizia, che si trova tutt’ora nella riserva (come dimostra l’intenso aroma che ci accoglie appena entrati). Un ambiente naturale di pregio, minacciato dall’urbanizzazione e non solo, visto che si è parlato dell’area intorno alla riserva anche come possibile collocazione per una centrale nucleare.
La nostra giornata sambenedettese trascorre così, tra qualche bagno, una vaschetta di olive ascolane e di pesce fritto, una bottiglia di Rosso Piceno e qualche gioco in scatola. Ora sono nella nostra stanza a scrivere; il quadretto religioso sopra il letto mi ispira la preghierina della sera.
Mi rivolgo dunque a San Benedetto per invocare la vittoria dei quattro Si ai referendum del 12 e 13 giugno. Perché la legge sia davvero uguale per tutti, anche per i nostri governanti. Perché l’acqua non finisca nelle mani degli speculatori. E perché non si costruiscano centrali nucleari, né alla Sentina, né a Caorso, né in Salento, né altrove.

Un diario piceno - 1. Come olive ascolane

San Benedetto del Tronto, 2/6/2011

Non volevamo nemmeno farlo, questo ponte: tantomeno pensavamo di metterci in viaggio. Non volevamo ritrovarci “strozzati, inghiottiti come olive ascolane, spiedini di carne in fila sulle autostrade”. Citazione di un bel pezzo di Max Gazzé, ma anche omaggio ad una specialità gastronomica della zona nella quale siamo diretti, di cui siamo particolarmente ghiotti.
Non pensavamo di metterci in viaggio, ma poi Francesca ci ha invitato a casa di conoscenti di amici – o qualcosa del genere; la situazione non mi è ancora completamente chiara – a San Benedetto del Tronto. Non abbiamo saputo dire di no. Dopo una lunga discussione abbiamo deciso di spostarci in auto anziché in treno, per approfittare dell’occasione e fare qualche tappa intermedia. Così eccoci in coda ancor prima di Modena. Il pensiero va a Giobbi, fratello di Francesca, che ha lasciato il Monferrato ed ora fa il cuoco da queste parti. Ci viene l’acquolina in bocca, certamente più che all’idea di una rustichella all’autogrill.

Arriviamo a Grottammare solo nel tardo pomeriggio; parcheggiamo nella zona vicino al lungomare, dall’impianto urbanistico tipico della stazione balneare di gusto otto-novecentesco, per poi salire fino all’Incasato Vecchio, sulle pendici della collina. Giusto il tempo di sgranchirsi le gambe e comprare qualcosa per stasera.

Francesca e Stefano ci aspettano in strada; ci troviamo in una zona residenziale tra Sentina e Porto d’Ascoli, i quartieri più meridionali della cittadina di San Benedetto. Ci fanno entrare in un cortiletto dove sta posteggiata da chissà quanto tempo una cinquecento blu scuro. Il mite cagnone dei vicini sta bevendo l’acqua da una vecchia pentola. Dal cortile di fianco arriva il vociare di una cena familiare all’aperto. Raggiungiamo così la casa dove trascorreremo i prossimi giorni.
Nella nostra stanza svuoto la borsa. Le guide, il taccuino di viaggio e il libro acquistato giusto ieri: Viaggi da Fermo – Un sillabario piceno di Angelo Ferracuti, per l’ottima collana Contromano, edizioni Laterza. Potrà essere utile per iniziare a scoprire qualcosa di più di questo angolo delle Marche per noi ancora sconosciuto.