mercoledì 27 giugno 2012

San Giovanni in Croce - Passando dal crocevia


Maggio 2012

Raggiungiamo il gruppo nel parco di Villa Medici del Vascello che la visita è appena iniziata. A farci da guida per questa “Giornata dei castelli” è un uomo sulla quarantina che successivamente scopriremo essere il fratello del sindaco. Sta parlando di Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino del celebre dipinto di Leonardo, che visse a lungo nel monumento simbolo di San Giovanni in Croce, dove diede vita ad una corte di artisti (la nobildonna era anch’essa poetessa). Fu proprio durante la sua permanenza che la Rocca fu trasformata, abbandonando l’originario scopo difensivo; attraverso una serie di interventi le sue linee furono ingentilite, di modo da ottenere un aspetto esteriore che finì col sintetizzarne le varie fasi di vita.
Altra figura femminile di rilievo nella storia della Rocca è quella della marchesa Maria Carolina Mocenigo Soranzo, che a San Giovanni fu benvoluta, nonostante la “pagina nera” della sua vita, come ci viene definita nel corso della visita: il fidanzamento col ras fascista Roberto Farinacci, che seguì fino alla fine, e cioè all’uccisione di entrambi durante il tentativo di fuga nelle vicinanze di Vimercate, poco fuori Milano.
Purtroppo – o per fortuna – la villa è interamente “impacchettata” dai ponteggi. I lavori di restauro sono iniziati successivamente all’acquisizione della villa da parte del Comune di San Giovanni in Croce, avvenuta dopo cinquant’anni di abbandono; giusto in tempo per salvarla dall’inesorabile declino. Del recupero di Villa Medici del Vascello si parla anche nel film-documentario Case abbandonate, che abbiamo visto pochi mesi fa proprio a San Giovanni, nel Teatro Comunale Cecilia Gallerani.
Ci spostiamo per la seconda parte della visita. Mentre camminiamo davanti ai bei portici che stanno di fronte alla Rocca e alla vecchia filanda un signore esprime le proprie perplessità alla guida: “ma se questa marchesa era davvero così colta, sensibile e intelligente, come faceva a stare con Farinacci? Non era bello, non era intelligente, era pure mutilato…”. L’ultima allusione è alla mano amputata al ras, che la storiografia fascista imputava a una ferita di guerra, mentre voci molto diffuse e condivise sostengono che la passione di Farinacci per la pesca con le bombe a mano sia stata all’origine dell’incidente, tanto da valergli il nomignolo di “Martin Pescatore”.

Entriamo nel giardino della villa; ora a condurci è una seconda guida, che approfondisce l’aspetto botanico del sito. Anni e anni di incuria hanno trasformato il parco in un vero e proprio bosco. La vegetazione ha inghiottito parte dei vecchi percorsi che, tortuosi, si sviluppavano intorno alla Rocca. “Al contrario del giardino all’italiana, presente di fronte alla villa, molto scenografico se visto dall’alto, questo giardino all’inglese ha l’obiettivo di stupire continuamente il visitatore che vi si addentra”. Infatti le architetture “esotiche” abbondano all’interno del parco: pagode cinesi, tempi indiani, capanne olandesi…
















 “Chi la Gallerani la ghe purtàava… gli amanti!”, dice una terza guida, che sta accompagnando il gruppo dei ritardatari, a cui si sono aggregati due nostri amici: l’italiano a conclusione della frase in dialetto cremonese non lascia spazio a dubbi, dissacrando almeno un po’ anche l’immagine della prima grande figura femminile che abitò la Rocca. Nel parco, tra la vegetazione tipica della pianura, fanno la loro comparsa anche essenze alloctone come un cedro atlantico ed un maestoso ginkgo biloba, che rivaleggia con gli imponenti esemplari di pioppo presenti qua e là. Vicino al lago c’è anche una garzaia, facilmente localizzabile per via del fragore di aironi cinerini, garzette e nitticore che volteggiano qualche decina di metri sopra le nostre teste.
Conclusa la visita rimaniamo a San Giovanni e facciamo due passi per il nucleo antico; o meglio, per uno dei due nuclei antichi, quello propriamente detto di San Giovanni. L’altro nucleo, detto anticamente Palvareto ed oggi chiamato San Zavedro, dista circa un chilometro da qui, in direzione Casteldidone. Palvareto fu anche la denominazione dell’aggregazione del comune di San Giovanni in Croce con quello confinante di Solarolo Rainerio, nel periodo compreso tra il 1928 ed il 1947. San Zavedro è il santo cui è dedicata la più antica chiesa del territorio comunale, mentre in San Giovanni è presente l’Oratorio della SS. Trinità. E’ proprio qui davanti che, qualche giorno fa, ho incontrato un collega della Provincia che abita in paese. Ero in giro per mappare i boschi del territorio e il collega, nonostante fosse in ferie, è stato prodigo di consigli, mostrandomi con un’applicazione del suo nuovo i-phone alcune aree, mentre la moglie lo aspettava impaziente in macchina con la spesa.
San Giovanni in Croce si trova, come suggerisce il nome, ad un crocevia. Qui infatti passa l’Asolana, che collega Casalmaggiore e Piadena, e termina la Via Giuseppina, che da San Giovanni porta a Cremona. Una posizione che, almeno a livello locale, la sua importanza ce l’ha. Forse non è proprio il centro del mondo, però di qua alcuni personaggi di rilievo ci sono passati. Anche il grande cinema ha toccato San Giovanni: nella cascina Fenilone – proprio lungo l’Asolana, in direzione Casalmaggiore – sono state girate alcune scene del celeberrimo film Novecento di Bernardo Bertolucci.
E’ sera ormai, ed è tempo per noi di riprendere la Giuseppina e tornare verso casa. La giornata di oggi è stata molto istruttiva ma rimane in sospeso la visita all’interno di Villa Medici del Vascello, per la quale ci siamo dati un ipotetico appuntamento con le nostre guide. Sperando di vederla in tutto il suo splendore la prossima volta, passando dal crocevia.

martedì 5 giugno 2012

Monferrine - 3. Scollinamenti


Mattarana, 30/4/2012

Scorrono davanti a noi come flash-back i vigneti intorno a San Giacomo, le due chiese che dall’alto dello sperone roccioso dominano il paesaggio intorno a Rocca Grimalda, i due campanili di Nostra Signora Assunta che svettano nel centro di Ovada.
Come ciclisti della Milano-Sanremo scolliniamo il Turchino, ma dall’altra parte ad attenderci non c’è Paolo Conte seduto in cima a un paracarro, semmai altra pioggia, ancora più di quella che sta bagnando il Monferrato. Altro che primo bagno della stagione! Altro che due passi per Genova, città che in giornate come queste si trasforma in un incubo!
Per dare un senso a questo lunedì ci fermiamo in una trattoria a Mattarana. Davanti ad un piatto di pansotti alle noci e ad un tris di formaggi della Val di Vara parliamo di Liguria. Quella che abbiamo visto l’anno scorso tornando dalle Valli Occitane, raccontata da Rosella Pastorino nel suo libro Il mare in salita. Quella delle immagini drammatiche girate proprio qui intorno l’autunno scorso, nei giorni dell’alluvione (che ha lasciato segni visibili lungo il corso del fiume Vara). Quella terra meravigliosa dai colori abbacinanti che ora, guardando fuori l’Aurelia fradicia d’acqua, sembra così lontana.
Usciamo approfittando di un momento di tregua che il maltempo ci ha lasciato e facciamo due passi in paese. Prendiamo poi l’auto per andare alla ricerca della casa di Antonietta, zia di mia madre. Dopo cinque anni ritrovo la strada al primo colpo. Mostro a Sara il bosco, la terrazza, la casa. Le api hanno nuovamente formato l’alveare tra le imposte e la finestra di una delle camere. L’autostrada, sull’altro versante della vallata, è un brusio lontano, che però tra breve si farà ben più vicino, accompagnandoci fino sulla Cisa, dove scollineremo nuovamente, stavolta verso casa.

lunedì 4 giugno 2012

Monferrine - 2. Resistenze

Rocca Grimalda, 29/4/2012

A colazione, insieme agli altri ospiti del bed and breakfast, si finisce col parlare di consumo di suolo. Un problema vivo anche da queste parti, ed infatti il movimento per lo stop al consumo di territorio è nato a pochi chilometri da qua. “Io vivevo al limitare dei campi: adesso intorno a noi è tutto costruito”, racconta una maestra di Torino. “Da noi a Novi era la stessa cosa: ho finito col trasferirmi qui”, risponde la padrona di casa. “Ci accorgeremo prima o poi che non mangiamo il cemento”, conclude la maestra. Un po’ come le famose mucche di Luca Mercalli. Per quanto mi riguarda, preferisco la peirbureira di ieri sera.
Ripartiamo per le colline: ci fermiamo a Carpaneta per fare qualche foto, poi a Montaldo Bormida per una breve passeggiata nel centro storico ed infine ad Acqui Terme. Della cittadina piemontese ci colpiscono la quiete dei vicoli e la pulizia delle belle piazze. Piazza della Conciliazione, irregolare nella forma e nell’altitudine, una sorta di grosso teatro all’aperto. Piazza del Duomo, con la ricca Cattedrale di Santa Maria Assunta e la sua grossa cripta caratterizzata da tante minuscole volte e colonne. Piazza della Bollente, così chiamata perché ospita la sorgente d’acqua che sgorga alla temperatura di 74,5°C. Piazza San Guido, dove accompagniamo un caffè con amaretti e baci di dama – dolcetti tipici di queste zone – davanti alla lunga fontana che scende verso le vecchie terme. Altre spazi che scopriamo camminando tra i vicoli, come l’antico chiostro adiacente alla cattedrale o una piazzetta a due passi dalla Bollente, che sembra voler richiamare gli spazi di un antico teatro greco.

Una libreria proprio dietro la Bollente offre parecchi spunti in bilico tra letteratura, musica, cinema, territorio e …gastronomia, aprendoci lo stomaco. Infatti ci fermiamo poco più in là per un tagliere di affettati, tra i quali apprezziamo particolarmente la lonzarda e il salame baciato.
Rientriamo seguendo un percorso alternativo. A Prasco facciamo due passi tra i colli sopra il paese, mentre a Molare ci fermiamo a fare un po’ di foto al castello dei conti Chiabrera Castelli Gaioli Boidi e al palazzo dei conti Tornielli di Crestvolant. “Vedi”, dice un signore ad un amico, indicando Sara, “la signorina viene qui e fotografa questi monumenti, e noi non sappiamo nemmeno di averli”. Anche quest’oggi il nostro ruolo di scopritori e valorizzatori dell’Italia minore ha avuto il giusto riconoscimento.

Langhe e Monferrato sono zone dove la lotta partigiana è stata particolarmente dura; diverse località furono liberate dai nazi-fascisti ancor prima dell’arrivo degli Alleati. Il gruppo folk-rock degli Yo Yo Mundi, formatosi proprio ad Acqui, ha dato il giusto tributo alla guerra partigiana attraverso l’album Resistenza. E’ passato qualche giorno dalla Festa della Liberazione, ma – come sento dire spesso - il 25 Aprile deve essere ogni giorno. E di modi di resistere ce ne sono tanti. Lottare contro la cementificazione selvaggia che deturpa il nostro territorio, per esempio. O valorizzare la provincia dimenticata. Questi sono gli spunti ispirati dalla giornata di oggi.
Seduto nel giardino, tra un capitolo e l’altro de Il compagno di Cesare Pavese, alzo gli occhi verso le colline che stanno in fronte a noi, dove si staglia la sagoma di Silvano d’Orba. Ci muoviamo in quella direzione, per fare ancora due passi prima di cena. Parcheggiamo sotto la chiesa ai piedi del castello Adorno, che però non è visitabile in quanto ancora oggi abitato.
Torniamo quindi a Rocca Grimalda dove ceniamo con ravioli al tucco e tagliolini al pesto, il tutto accompagnato da Barbera del Monferrato. Un menù tra Piemonte e Liguria che è un anticipazione della giornata di domani, quando muoveremo verso Genova.