mercoledì 26 novembre 2014

Luna di miele in Dodecaneso - 6. Un brindisi a Tilos



Livadia (Grecia), 21/8/2014

Anche a Tilos abbiamo ricevuto un’accoglienza molto buona: la nostra padrona di casa è venuta a prenderci al porto di Livadia e ci ha accompagnato all’appartamento, un bilocale situato in posizione leggermente rialzata sopra il centro della cittadina. Livadia è il porto dell’isola ed il centro che ospita la maggior parte delle strutture turistiche e si sviluppa lungo una baia caratterizzata da due chilometri di spiaggia di ciottoli.
Tilos è servita da una linea di bus che tocca alcune tra le principali attrattive dell’isola: oltre a Livadia, il capoluogo Megalo Horio – situato qualche chilometro all’interno – e le spiagge di Eristos e Agios Antonios. L’attesa alla fermata è lunga perché il mezzo è stracarico e l’autista promette di ripassare nel giro di una mezzoretta. Inganniamo l’attesa in un kafeneio dove facciamo amicizia col figlio del proprietario, un bambino che ci scatta anche qualche foto con la macchina di Sara.


In questi giorni un’importante regata fa tappa a Tilos e l’isola è piena di turisti. Anche al secondo passaggio il bus è pieno e sulle salite più ripide arranca con fatica. L’isola è caratterizzata da montagne brulle, ma le zone pianeggianti sono moderatamente alberate ed ospitano uliveti ed orti.
Megalo Horio è un altro villaggio di case bianche e ringhiere azzurre, con la sua chiesetta ed il campanile aperto nel classico stile del Dodecaneso. Anche l’area circostante alla chiesa ricalca quelle incontrate sinora: un accogliente acciottolato racchiuso da muri bianchi che ospita grossi alberi ombrosi. Nel minuscolo museo l’attrattiva principale sono le ossa di un elefante ritrovate sull’isola. La presenza dei pachidermi è dovuta al fatto che un tempo Tilos era collegata all’Asia Minore da una stretta lingua di terra (la Turchia non è molto lontana da qui). Quando Tilos divenne a tutti gli effetti un’isola gli elefanti dovettero adattarsi anche nelle loro caratteristiche fisiche: le ossa presenti nel museo appartengono ad un animale alto meno di un metro e ottanta. Si stima che gli elefanti a Tilos si estinsero intorno al 2000 a.C..
Passiamo il pomeriggio nella spiaggia di Eristos, una lunga distesa sabbiosa con una parte destinata al campeggio libero e, in via non ufficiale, al naturismo. In spiaggia è possibile trovare riparo all’ombra delle tamerici.
Durante il viaggio di ritorno abbiamo modo di vedere dai finestrini del bus anche la spiaggia di Agios Antonios, più piccola e meno ombreggiata, che a differenza di Eristos è formata da ciottoli anziché sabbia.
Tra martedì ed oggi abbiamo ricevuto le notizie delle nascite di Adelaide e Giulia: benvenute ad entrambe! A loro e ai genitori dedichiamo un brindisi col Cavaliere di Rodi, un ottimo vino rosso prodotto sull’isola lasciata ieri pomeriggio, seduti sulla terrazza del nostro appartamento. Ci accompagnano le note del bouzouki provenienti dalla piazzetta di Livadia. Stasera ci sarà una festa e già si stanno accordando gli strumenti.

martedì 25 novembre 2014

Luna di miele in Dodecaneso - 5. Cielito Lindo



Livadia (Grecia), 20/8/2014

Un’altra mattinata di cielo terso, senza nemmeno una nuvola. Il vento, che ci ha dato un po’ di sollievo nelle scorse giornate, ha smesso di soffiare, ed il clima è torrido come non mai. Per chi viene da un’estate come quella che abbiamo vissuto in Italia quest’anno, fresca e piovosa come un autunno, lo sbalzo è notevole. Ma non ci possiamo lamentare, perché era proprio quello che cercavamo. Saliamo quindi verso l’Acropoli dell’antica Lindo.
Gli asini sono il simbolo di Lindos, ed infatti ne abbiamo comprato uno – di peluche, naturalmente – per il compleanno di nostro nipote Ettore, ricevendo in omaggio dalla signora del negozio un rametto di basilico (utilizzato in Grecia come simbolo di commiato). Piccoli gesti che fanno la differenza. Ma a Lindos i quadrupedi sono utilizzati anche per condurre i turisti all’Acropoli: vicino alla piazza principale c’è una vera e propria stazione degli asini. Il peso consigliato per gli asini – dipendente dalla stazza dell’animale – è di circa 40-50 chili, anche se sono in grado di portare pesi ben maggiori. Decidiamo però di non affaticarli, anche perché la salita è breve: gli asinelli da noi oggi riceveranno solamente qualche affettuosa carezza. Prendiamo dunque il sentiero riservato ai pedoni (gli asini hanno un altro percorso) e raggiungiamo l’Acropoli, che merita senz’altro una visita. Diamo un ultimo sguardo a Lindos dalla prospettiva opposta rispetto a quanto eravamo abituati, riconoscendo anche la terrazza del nostro studio, prima di lasciare la cittadina.
La baia di Tsambika, ai piedi della cima su cui si erge Monì Tsambikis, è ampia e sabbiosa, dotata di molti servizi e piuttosto frequentata, ma è comunque una buona scelta per fare un bagno rinfrescante prima di prendere un bel piatto di yogurt con miele e ripartire.

Petaloudes è un sito molto particolare: una minuscola valle boscosa solcata da un torrentello, habitat ideale per una moltitudine di falene colorate (petalouda significa “farfalla”). Si tratta di una delle principali attrazioni turistiche di Rodi, ed infatti negli ultimi anni le falene sono in diminuzione numerica a causa della frequentazione del sito. Una bambina greca tiene sul palmo della mano una farfalla morta giustificandosi di fronte allo sguardo interrogativo di Sara: non sono stata io, era già morta, ci fa capire. Sara aveva già ripreso una turista straniera che stuzzicava una falena con un bastoncino per farle aprire le ali e fotografarne il volo colorato.
Restituiamo l’auto presa a noleggio a Ialyssos, tra l’aeroporto e la città di Rodi, e prendiamo l’autobus che ci conduce fino al porto. Questo è solo un arrivederci, perché transiteremo nuovamente da Rodi nei prossimi giorni. Ma ora la nostra mente è proiettata verso Tilos, ed il filmato che viene proiettato sul traghetto e ci illustra le bellezze della piccola isola del Dodecaneso ci riempie di aspettative. Le prime cose che abbiamo modo di apprezzare una volta giunti sull’isola però sono moussaka, souvlaki e baklava di una taverna di Livadia. Il resto è rimandato all’indomani.

domenica 23 novembre 2014

Luna di miele in Dodecaneso: 4. On the Rhodes



Lindos (Grecia), 19/8/2014

Rocce bianche, arbusti, mare azzurro: è vero Mediterraneo quello che respiriamo lungo la strada per Kattavia. Anche negli aspetti meno gradevoli, come i moltissimi scheletri di cemento armato, edifici di cui non è stata realizzata che la struttura portante. Nelle Ionie ne avevamo visti molti di meno. Forse è anche l’effetto della crisi economica, che ha lasciato tracce devastanti nel paesaggio, ma in molti casi anche nella gente. La storia di Alba Dorata, movimento di simpatie neonaziste che ha raggiunto il 10% circa dei voti alle ultime elezioni, è ormai nota. La crisi ha, nel bene e nel male, radicalizzato il voto dei greci: la sinistra di Syriza, schierata su posizioni ben più nette del Pasok, è ormai il primo partito, con il 28% circa delle preferenze. Probabilmente la crisi ha avuto un impatto minore nelle isole, dove si vive di turismo, agricoltura di sussistenza e rete familiare, rispetto ad aree urbane come quella di Atene, dove d’altra parte vive più di un terzo della popolazione greca.

Prassonisi, estremità meridionale di Rodi, è un piccolo promontorio collegato all’isola da una stretta lingua di sabbia, paradiso dei surfisti. Vi è stata istituita una zona protetta a seguito di un incidente navale con conseguente sversamento di idrocarburi. Qui si punta molto sulle energie rinnovabili, dai pannelli solari sui tetti degli edifici alle pale eoliche sui crinali: viceversa la raccolta differenziata, nelle località visitate finora, è sostanzialmente assente.

La cucina greca offre ampia scelta, e sarà difficile provare tutti i piatti principali in due settimane. Oggi per me è il giorno dei dolmades, involtini di riso e carne racchiusi in foglie di vite (specialità presente nelle varie zone dei Balcani con numerose varianti), mentre Sara ordina un horiatiki (la classica insalata greca). E come dessert, kataifi.
Il paesaggio tra Kattavia e Apolakkia è ancora più selvaggio di quello attraversato stamattina ed il mare, sferzato dal vento, ha un colore incredibile. Qualche baracchino in cui si vendono prodotti tipici, orti con meloni ed angurie, un ristorante a due passi dalla spiaggia e poco più. 
Facciamo due passi ad Apolakkia, dove le proprietarie delle due taverne che si affacciano sulla piazza principale si contendono la nostra presenza: ma è troppo tardi, abbiamo già pranzato. Proseguiamo quindi verso Monolithos, attraversando una zona dalla vegetazione più fitta. Superiamo il paese, percorriamo ancora un paio di chilometri e ci fermiamo ai piedi del castello. La salita fino in cima è breve e ripagata da una vista magnifica. Anche la discesa verso le spiagge più vicine è rapida,
solo pochi chilometri per raggiungere Aliki e Fourni. Noi ci fermiamo alla prima e la troviamo magnifica, tra scogli, ciottoli e mare blu.
 
Rientriamo attraversando paesi pittoreschi come Sienna, Agios Isidoros e Laerma, tra boschi e uliveti nei quali scorrazzano capre e caprioli, col glabro massiccio del Monte Attavyros che incombe. Siamo nella zona vitivinicola dell’isola: le viti sono tenute particolarmente basse (a prima vista sembrano semplici cespugli) ma sono quasi pronte per la vendemmia.
Prima di rientrare a Lindos ci fermiamo in un market di Lardos a fare un po’ di spesa. Per il vino di Rodi però c’è tempo: stasera sulla terrazza vista Acropoli brinderemo con una più rinfrescante birra Magnus, anch’essa prodotta sull’isola. 






sabato 8 novembre 2014

Luna di miele in Dodecaneso - 3. La storia di Rodi



Lindos (Grecia), 18/8/2014

 Eccoci nel porto di Rodi, di fronte al punto in cui si presume fosse collocato il famoso Colosso, una delle sette meraviglie del mondo antico. La statua, secondo le ricostruzioni, era alta almeno 28 metri e crollò a seguito di un terremoto. Le sue rovine rimasero sul fondale marino per circa otto secoli, finché gli arabi, nel 672 d.C., non le rimossero.
Noi non siamo a Rodi sulle tracce del Colosso ma dell’agenzia viaggi dove prenderemo indicazioni per pianificare la restante parte della nostra vacanza, tutt’ora avvolta nel mistero. Cerchiamo l’indirizzo esatto tra le vie di lato al Mandraki Harbour, caratterizzate dalle presenza di diversi edifici di epoca fascista. Come cinque anni fa nelle isole Ionie, ci troviamo in terre che furono italiane. Ho letto al riguardo, pochi giorni fa, che la Grecia – spinta nella direzione della dismissione di buona parte del patrimonio pubblico dalle sempre più pressanti richieste dell’Unione Europea – ha messo in vendita la villa progettata per ospitare Mussolini, situata proprio sull’isola di Rodi.

Ma per ricostruire la storia di Rodi bisogna andare ben più indietro nel tempo rispetto alla dominazione italiana: ci saranno d’aiuto le tantissime tracce che si incontrano nella città, a partire da Odòs Ippotòn (la via dei Cavalieri). 
Questa strada acciottolata in lieve pendenza è caratterizzata dal susseguirsi dei palazzi dei cavalieri di San Giovanni, dove venivano ospitati i pellegrini provenienti dalle varie zone dell’Europa e diretti a Gerusalemme. L’ordine oggi conosciuto come “Cavalieri di Malta”  ebbe sede a Rodi tra il 1309 ed il 1523. In cima alla salita ecco il bellissimo Castello del Gran Maestro, situato al limite della città vecchia (delimitata da un’imponente cinta muraria, integralmente conservata).




La Hòra è il quartiere ottomano della città, con le sue moschee e le piazzette con le fontane ed i tavolini di bar e ristoranti, situati all’ombra di maestosi alberi. In contrasto con una certa mondanità della Hòra, il quartiere ebraico è fatto di vie tranquille sulle quali si affacciano piccole casette in pietra, parte delle quali in stato di abbandono. In ogni caso, anche nel quartiere ebraico, a Rodi l’ultimo dei problemi è trovare un posto dove fermarsi per mangiare una moussaka o una taramosalata.
Di rientro verso Lindos, superato Kolymbia, seguiamo le indicazioni per Monì Tsambikis. Abbiamo letto che il santuario è meta di pellegrinaggio da parte di molte donne con problemi di fertilità, che si trascinano fin quassù sulle ginocchia e senza proferire parola, con l’intento di chiedere di concepire un figlio. Il resto della storia ce la raccontano due italiani incontrati lungo il cammino. “All’epoca della dominazione italiana le donne del posto portarono quassù la moglie del maresciallo, che non riusciva ad avere bambini. Ciò avvenne all’insaputa del marito, che era scettico al riguardo. Lei rimase incinta. Anche quando ci fummo liberati e Rodi tornò alla Grecia, i due tornarono più volte, come forma di ringraziamento”. A Monì Tsambikis c’è tutta una ritualità, che ci viene spiegata nei dettagli: affascinante, ma al tempo stesso talvolta caratterizzata da un senso di disperata ossessione (incontriamo anche donne che piangono sommessamente di fronte ad un cumulo di bambolotti con le fattezze di neonati).
Chi non crede a tutto ciò può comunque godersi il panorama e dall’alto puntare la prossima spiaggia, per esempio la sabbiosa Agàthi.