domenica 7 maggio 2017

La nostra Romagna - 3. Storie di Romagna

Santarcangelo di Romagna (RN), 17/4/2017

Sconfiniamo senza nemmeno accorgercene, dopo avere percorso chilometri su stradine strette strette che salgono e scendono tra le colline (qualche tratto chiuso al traffico per frana, ma non ce ne siamo resi conto). Il cartello che ci dà il benvenuto nella Repubblica di San Marino ci sfreccia accanto in sordina, mentre ci divertiamo disegnando traiettorie tra campi e boschi. Non siamo gli unici: queste strade fanno il divertimento non solo degli automobilisti ma anche dei centauri. Questa è terra di piloti: ieri siamo passati da Tavullia, paese di Valentino Rossi. Ora ci troviamo a una manciata di chilometri da Corciano, e in un bar sotto la rupe di San Marino un turista chiede indicazioni proprio per il paese di Marco Simoncelli, scomparso pochi anni fa. Noi chiediamo invece consigli per raggiungere il centro e veniamo indirizzati verso la funivia appena riaperta, che da Borgo Maggiore in cinque minuti porta alla città di San Marino.


Il nostro tour ci porta dapprima alla basilica di San Marino e successivamente alle tre rocche che dominano il Monte Titano, il cui profilo è ben visibile da buona parte della Romagna. Visitiamo dapprima la Rocca Guaita, poi usciamo dalle mura e raggiungiamo la rocca più alta, ovvero la Rocca Cesta. Un sentiero porta alla torre del Montale, ciò che rimane della terza rocca. Torniamo sui nostri passi e raggiungiamo piazza della Libertà, un altro dei punti più suggestivi, dominata dalla facciata del palazzo Pubblico.
San Marino gioca con la sua immagine di borgo medievale e con la sua singolare storia di repubblica indipendente, non nasconde il proprio benessere e vive molto di turismo: molto ben conservata, fin troppo per risultare autentica - anche per le numerosissime botteghe - merita comunque una visita. Prima di andarcene Sara vuole fermarsi per comprare ai colleghi una tipicità del posto, la torta Titano. Ci svelano anche una storia al riguardo, molto triste a dire il vero, perciò non la riporteremo sul blog, per quanto ci piaccia andare in giro a raccogliere storie.
Di San Marino ricordavo ben poco, mentre l'immagine della Rocca di San Leo, che domina il paesaggio per chilometri dall'alto della sua rupe ed è di altrettanto impatto, ce l'avevo bene in mente, insieme alla cella in cui fu rinchiuso il conte di Cagliostro. Non ricordavo invece il bel borgo ai piedi della rocca, impreziosito dal Duomo, dalla Pieve e dalla torre campanaria. E' Pasquetta ed i turisti sono parecchi, ma la visita è comunque molto gradevole.

 
L'ultima tappa è un po' meno gettonata dai turisti, per quanto le strade di Santarcangelo di Romagna siano piuttosto frequentate: la cittadina ai piedi delle colline di Romagna è sicuramente molto vivace ed è la sorpresa del giorno. Parcheggiamo dalle parti del bel parco di lato a via Lauro de Bosis, a ridosso della cerchia muraria. La città è già in pianura, a una manciata di chilometri da Rimini, ma il centro storico si inerpica su un colle. Dapprima giriamo per la parte bassa, tra i negozi delle vie Battisti, Saffi, Minzoni e Matteotti e di piazza Ganganelli. Cominciamo poi la salita all'interno della cerchia muraria, scoprendo la deliziosa piazza delle Monache, il Campanone, la quiete delle vie Zuppa, Bellaere e della Cella e il Castello Malatestiano. Il centro cittadino è poi caratterizzato dalla presenza di una fitta rete di grotte ipogee, un tempo utilizzate, tra le altre cose, per la conservazione dell'onnipresente Sangiovese: abbiamo modo di scorgerne un tratto in un locale dove ci fermiamo a mangiare qualcosa. Da segnalare anche il museo dedicato a Tonino Guerra. Il poeta, grande amico e collaboratore dell'altro illustre ed indimenticabile romagnolo Federico Fellini, è presenza costante per le vie di Santarcangelo. La cittadina romagnola però non scorda gli altri suoi illustri figli: qua e là per le vie del centro compaiono targhe ed iscrizioni che ci raccontano la storia dei personaggi che ne hanno caratterizzato la vita quotidiana. Narrare storie dunque non era una prerogativa di Tonino Guerra e Federico Fellini. Siamo felici di avere scelto quest'ultima tappa: ne torneremo arricchiti della genuinità di queste storie di Romagna.

sabato 6 maggio 2017

La nostra Romagna - 2. A 20 km di curve dalla vita

Montefiore Conca (RN), 16/4/2017

Montefiore Conca mi fa venire in mente quel pezzo di Samuele Bersani, quando parla della provincia denuclearizzata a sei chilometri di curve dalla vita. Cattolica, la località più vicina della riviera (dove è cresciuto il cantante romagnolo) dista in realtà 20 km dal nostro bed and breakfast. Pensavamo di prendere quella direzione, ma il clima ci suggerisce di invertire il tour. Eccoci dunque nel bel centro di Montefiore - noi in realtà pernottiamo a pochi chilometri di distanza - che dalla piazzetta si inerpica fino al castello che domina il paese. Il nome musicale ci ha richiamato ed il borgo non ha deluso le attese. Sarà la prima di tante sorprese su e giù per le colline del Montefeltro, tra Romagna e Marche. Infatti cambiamo ben presto regione, diretti ad Urbino. Altra tappa decisa all'ultimo momento, ma qui andiamo sul sicuro. In piazza della Repubblica ci attendono i banchetti del mercatino dove acquistiamo dei prodotti in cuoio (ci sono dei compleanni in vista in famiglia... ma c'è anche qualche sfizio personale da togliersi). Questo tipo di artigianato è radicato nelle Marche, anche se la signora del banchetto è marchigiana solo di adozione (l'accento tradisce le origini partenopee).
Terminati gli acquisti possiamo dedicarci a passeggiare per la meravigliosa cittadina marchigiana. Percorrendo via Vittorio Veneto si raggiunge piazza del Rinascimento, dove si affacciano il Duomo, la chiesa di San Domenico e, ovviamente, il Palazzo Ducale. 

Superiamo la sede della storica università (che negli ultimi anni ha però registrato un calo degli iscritti, come mi racconta un libraio del centro storico, specificando che questo ha convinto diversi suoi colleghi a chiudere bottega) e percorriamo via Aurelio Saffi. Cerco di localizzare la casa dove la nostra amica Marina mi ha ospitato qualche anno fa, verso la ripida discesa che porta fuori dalle mura, poi risaliamo dalle vie Santa Maria, San Girolamo, Santa Chiara. Ci sono almeno altri due punti imperdibili di Urbino: ce li godremo però dopo un pranzo a base di crescia sfogliata (molto simile alla piadina ma con un impasto un po' più fragrante che si sfoglia, appunto, sotto i denti) con casciotta, formaggio tipico urbinate.
Gli altri due punti imperdibili, dicevo: il primo è davanti al Teatro Sanzio, al termine di Corso Garibaldi, dove si può ammirare l'immagine più famosa della città, ovvero i torricini del Palazzo Ducale: ancor più di Piazza del Rinascimento, è questa la visuale più suggestiva del Palazzo (la si può ammirare anche dalle parti di Porta Valbona e piazza del Mercatale). Il secondo è il punto più alto della città, ovvero la Fortezza Albornoz, da cui si ha una vista completa sul centro storico. Qui si concludeva il romanzo dello scrittore urbinate Alessio Torino (uno dei nostri preferiti) intitolato Urbino, Nebraska. E qui si conclude anche la nostra visita. Torniamo a porta Lavagine e risaliamo in macchina, diretti finalmente verso la costa.
La periferia di Pesaro non è un bel biglietto da visita: incontriamo diversi orrori edilizi, ma arrivati a ridosso del centro storico, intravedendo frammenti di cerchia muraria, siamo dispiaciuti di non avere il tempo per fermarci. Sarà per un'altra volta: voglio far percorrere a Sara la Panoramica Adriatica, scoperta qualche anno fa insieme a mia Mamma e a nonna Maria. Si tratta di una ventina di chilometri di strada che da Pesaro
portano fino a Gabicce. Ci troviamo nell'estremità nord della costa marchigiana, un tratto poco conosciuto dove il litorale interrompe il suo andamento rettilineo e le colline arrivano a ridosso del mare, con piccole falesie e spiagge di ciottoli che si alternano a quelle sabbiose. E' la Riserva Naturale di Monte San Bartolo, che comprende le spiagge di Vallugola e Fiorenzuola di Focara. E' proprio in quest'ultimo, piccolo e grazioso borgo che facciamo sosta per scendere fino alla spiaggia sabbiosa (un quarto d'ora circa di cammino, poco meno di 200 m di dislivello; nella stagione estiva c'è un autobus a orari regolari). Dopo Gabicce Monte c'è Gabicce Mare, dove la spiaggia riprende ad essere ampia e sabbiosa ed il litorale pianeggiante: quasi senza soluzione di continuità, oltre il torrente che sfocia nell'Adriatico, ecco Cattolica, ed è di nuovo Romagna. 
Noi però giriamo prima, in direzione Gradara, dominato dal castello che fu teatro della tragica storia di Paolo e Francesca, narrata da Dante nella Divina Commedia. Ed è il castello il principale motivo per raggiungere Gradara: il borgo murato è molto carino ma anche molto turistico, quindi meno autentico di altri.




A proposito di borghi autentici: stamattina prima di uscire i gestori del nostro b&b ci hanno nominato tre paesi della provincia di Rimini che, con una piccola deviazione, possiamo raggiungere tornando verso Montefiore. Si tratta di Saludecio, Montegridolfo e
Mondaino. Il primo avremo modo solo di attraversarlo. Il secondo è un'altra, piccola chicca, un borgo medievale affascinante ma non molto vissuto, almeno in questa serata di Pasqua. Da consigliare comunque per una visita giornaliera.
Mondaino è un centro di dimensioni maggiori, quieto ma apparentemente più movimentato del vicino Montegridolfo. Anche qui c'è l'immancabile rocca Malatestiana, oltre ad un sorprendente e singolare porticato neoclassico di formasemicircolare che
affaccia su piazza Maggiore, chiamata la padella dagli abitanti del paese. A proposito di padella, si è fatta l'ora di cena. Ci infiliamo in un'enoteca dove Sara ordina una zuppa di legumi mentre io faccio conoscenza con la Mora Romagnola... Un'antica razza suina quasi scomparsa pochi anni fa ma salvata grazie ad un piano di recupero di WWF e Università di Torino ed oggi presidio Slow Food. Ordino un tagliere di salumi, insieme ai compagni fedeli di questi giorni: piadina e sangiovese.


lunedì 1 maggio 2017

La nostra Romagna - 1. Faenza: biciclette e ceramiche

Montefiore Conca (RN), 15/4/2017

La zona artigianale/commerciale della periferia di Faenza non è forse il luogo più bello per iniziare un diario di viaggio, però appena abbandoniamo la via battuta per una strada mai percorsa prima ("per scoprire un po' di mondo", come uso dire) sento già una discreta elettricità. E poi vediamo già alcuni elementi che caratterizzano la città romagnola. 

Oltre a Gaia e la balena, una scultura piazzata in mezzo a una rotonda che entusiasma Sara, incontriamo un sacco di biciclette e soprattutto le prime aziende di ceramiche. Su biciclette e ceramiche torneremo più tardi. La prima idea che ci facciamo di Faenza verrà confermata dalla passeggiata nel centro storico: una provincia piuttosto ricca e con una buona qualità di vita.
Parcheggiamo in una zona residenziale poco fuori la cinta muraria (per alcuni tratti ne restano le tracce, soprattutto verso il fiume Lamone) e ci imbattiamo nelle postazioni di bike-sharing. Ci facciamo un pensiero, ma per la prima visita alla città, il cui centro storico non è troppo esteso, preferiamo camminare e gustarci meglio i dettagli architettonici ed urbani. Tornando alle biciclette, quella delle due ruote è una tradizione forte anche dal punto di vista sportivo (il Commissario Tecnico della Nazionale di Ciclismo su Strada, già importante atleta e commentatore televisivo Davide Cassani, è nato proprio a Faenza e cresciuto a pochi chilometri da qui, nel paese di Solarolo).
Il cuore della città, punto d'incontro tra il cardo e il decumano dell'antica pianta romana, sono piazza del Popolo e piazza Libertà. Qui troviamo i principali monumenti d'interesse: il Duomo, la Fontana Monumentale, la Torre del'Orologio, i palazzi del Podestà e Manfredi con i loro porticati ed il Portico degli Orefici. Da qui, passando sotto il Voltone della Molinella, si raggiunge piazza Pietro Nenni con il Teatro Masini.
Pranziamo all'aperto con carpaccio di polpo
in un grazioso angolo di fianco alla sede della casa editrice Polaris, specializzata in guide turistiche e letteratura di viaggio: il locale offre in consultazione alcuni volumi, oltre a molti altri libri. Mi appunto il nome per il mio "nuovo" lavoro da libraio, poi bevo un caffè leggendo poesie di 

Evtušenko, in omaggio al grande poeta russo da poco scomparso.








La notorietà di Faenza è legata soprattutto alla tradizione della ceramica. Sara, provetta ceramista, non può rinunciare alla visita del Museo Internazionale delle Ceramiche. Un museo immenso, dove si potrebbe tranquillamente trascorrere l'intera giornata. Si passa dalla lavorazione tradizionale della terracotta nelle antiche civiltà dell'Oriente, del Sudamerica, del mondo arabo e, ovviamente, dell'Europa fino ad opere di artisti contemporanei. Non




mancano opere di artisti del Novecento: ritroviamo anche una ceramica di Picasso, già apprezzato in questo suo aspetto meno conosciuto a Rovigno un paio di anni fa. Prima di andarcene prendiamo un ricordo a mia sorella Barbara, che ha reso possibile questo viaggio regalandoci un pernottamento che abbiamo deciso di sfruttare nell'entroterra riminese.


Abbiamo quindi ancora un'ora circa di viaggio, ma c'è il tempo per fare due passi fino al ponte sul Lamone: oltre il fiume si trova borgo Durbecco, anch'esso murato, la cui principale attrazione è la chiesa della Commenda.





Dopo avere lasciato i bagagli ed esserci riposati nel bed and breakfast che abbiamo scelto - a breve distanza dal paese di Montefiore Conca - e dove trascorreremo due notti, andiamo a provare la cucina tipica romagnola in un ristorante poco distante: tortellini, strozzapreti, grigliata mista, sangiovese. Il gestore, Luca, è il classico romagnolo socievole, con cui ci fermiamo volentieri a parlare. L'accento non è così diverso dall'emiliano a noi familiare, ma molto più veloce e trascinato. Abbiamo bisogno del ralenti... o solo di un po' di riposo?