giovedì 11 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 10. Gli asini di Sali

Božava (Croazia), 14/8/2017

Dugi Otok è affascinante ma la vita, qui, non è affatto semplice ed infatti nel Dopoguerra c'è stato un significativo spopolamento. "Speriamo che arrivi la nave col rifornimento d'acqua" ci dice la padrona di casa. Già, perché sull'Isola Lunga l'acqua scarseggia e viene portata dalla terraferma. Ma non è questa l'unica difficoltà: "Fare la spesa è difficile, l'offerta è limitata e proprio per la mancanza d'acqua gli orti non bastano a sfamare gli abitanti. Io vado a Zara una volta alla settimana. Qui i prezzi sono troppo alti".
Aspettando la nave dell'acqua noi ritorniamo a Sali, l'unico centro dotato di farmacia (e di altri servizi essenziali), raggiungibile in una quarantina di minuti di macchina. Ne approfittiamo per visitare la famosa e vicina riserva naturale di Telaščica. Poco dopo l'entrata ecco una casupola ed un ristorantino, ancora chiuso a quest'ora, ed un susseguirsi di piccole baie con i loro isolotti e qualche auto e camper di turisti che si godono la quiete. Ci troviamo nel fondo di un braccio di mare situato tra la riserva e l'estremità orientale dell'isola, che prosegue una manciata di chilometri oltre Sali. Saliamo al belvedere, che offre una vista sulle isole di Pašman ed Ugljan e, più ad oriente, il litorale dalmata, la città di Zara, la sagoma massiccia della catena del Velebit. A sud, oltre il lago Mir, il mare è punteggiato dai numerosi isolotti glabri che compongono l'arcipelago delle Incoronate (Kornati). Ai nostri piedi, le alte falesie a picco sul mare (150 metri circa).
Scendiamo nuovamente e parcheggiamo l'auto poco prima dell'area preclusa ai mezzi motorizzati. Di nuovo il macadam che ci porta nella zona dove sono concentrati i ristoranti, i bar ed i negozi di souvenir. Prima di pranzo, però, un bagno e un saluto agli asini che vivono in stato semi-selvatico nell'area a loro dedicata. Gli asini di Dugi Otok sono uno dei simboli dell'isola.

Percorriamo l'intero perimetro del lago Mir, dalle acque verdastre e salate: è infatti collegato al mare attraverso delle cavità sotterranee nella sottile striscia di terreno che lo separa dall'Adriatico, nell'unico punto dove le falesie si interrompono ed è possibile accedere al mare attraverso gli scogli. Qui Sara può mettere a frutto le lezioni di stone-balancing prese a Tramonti: è usanza dei turisti costruire torri di sassi, e la vista d'insieme di queste costruzioni è davvero singolare.
Lungo la via del ritorno diamo un passaggio a Nikola, skipper croato che si lamenta dei turisti suoi connazionali ("si atteggiano a signori, sperperano i soldi e poi vogliono tirarti giù il prezzo") ma che ci decanta le bellezze delle isole che più ama frequentare. Si sofferma in particolar modo su Brač e Hvar, proprio quelle che ci mancano! Prendiamo appunti per i prossimi viaggi e rimuginiamo la sera al porticciolo di Božava, mangiando una palačinka.

mercoledì 10 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 9. Caraibi adriatici

Božava (Croazia), 13/8/2017


I Romani prima e i Veneziani poi la chiamarono Isola Lunga, nome rimasto nella toponomastica italiana per identificare quella che per gli Slavi è Dugi Otok. Denominazione che dice tutto sulla morfologia dell'isola, lunga circa 45 km e larga in media 3-4. C'è una sola strada che la percorre da Nord a Sud, offrendo perciò visuali strabilianti sul mare alternativamente dai vari versanti, quello orientale, sulle altre isole ed isolotti e sulla terraferma, e quello occidentale, sul mare aperto.



La mattina in realtà percorriamo una manciata di chilometri. Siamo nella zona di ieri ma un po' più vicini all'appartamento e sul lato del mare aperto. Più precisamente alla baia di Sakarun, probabilmente la più gettonata dell'isola. Parcheggiamo lungo la strada e percorriamo circa 300 metri (ma è disponibile un parcheggio a pagamento in prossimità della spiaggia) per raggiungere quest'angolo caraibico in mezzo all'Adriatico. Ci troviamo in fondo ad una profonda insenatura, con una spiaggia di ciottoli che lascia posto, appena entrati in acqua, ad una sabbia finissima e bianca. All'estremità nord della baia di Sakarun un tipico esempio della morfologia di Dugi Otok: Punta Loper, minuscolo promontorio collegato all'isola da una breve lingua di ciottoli.



Per il pranzo, a base di panino con kulan (salume tipico croato), ci troviamo di fronte ad una scelta: il bar con musica tamarra che parte alle 11 di mattina e ci raggiunge, seppure smorzato, fino all'estremità opposta della baia o quello in mezzo alla pineta con musica più soft sul genere bossanova, a gestione italo-croata? La scelta è scontata, tanto più che la bossanova ad un certo punto lascia il posto ai Noir Désir. Mi complimento coi gestori per la scelta. "Meglio di quegli altri", dico, e diplomaticamente ricevo per risposta solo un mezzo sorriso.



La festa di Sali (Saljske Uzance), centro principale dell'isola, era una delle cose che più ci avevano incuriosito mentre, da casa, preparavamo il viaggio sfogliando una rivista. Tutto è come ci era stato descritto, a partire della gara degli asini, un tempo fondamentali alleati dell'uomo nell'economia dell'isola. I quadrupedi devono percorrere avanti e indietro il lungomare che si sviluppa lungo i due versanti del porto. La gara ha un tono molto scherzoso e si svolge, almeno così ci sembra, nel rispetto degli animali. La giornata si conclude con il tuffo collettivo della banda nelle acque dell'Adriatico.



domenica 7 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 8. Saluti dal faro più alto dell'Adriatico

Božava (Croazia), 12/8/2017



Ci svegliano i tuoni che squarciano il cielo e scopriamo che nottetempo è piovuto. Prendiamo perciò tempo, facciamo colazione con tutta calma gustando šavjača (strudel) e camminiamo per il paese facendo le varie commissioni. A mattinata inoltrata il cielo comincia ad aprirsi e noi ci dirigiamo al vicino villaggio di Veli Rat, altro porto situato nel fondo di una profonda insenatura. Ordiniamo una pizza dalmatina, chiaramente con abbondante prosciutto dalmata che ci causa arsura immediata.








Nel pomeriggio placheremo invece la nostra sete di mare: oltrepassiamo Soline per raggiungere il faro più alto dell'Adriatico. Una torre di 48 metri ospita alcuni appartamenti per turisti e svetta sull'orto, sul banchetto di frutta e verdura, sulla spiaggia adiacente, sulla zona griglie e sulla casa del custode, che esce all'aperto mentre noi arriviamo per portare da mangiare all'asino. Proseguiamo oltre il campeggio fino al Most, ovvero "il ponte", una striscia di ciottoli che separa Dugi Otok dalla sua estremità settentrionale: mare a destra e sinistra e un piccolo promontorio di macchia mediterranea di fronte. Ritorniamo lungo la baia Pantera, sul lato opposto del faro di Veli Rat, e ci fermiamo in una delle quiete calette.







La sera a Božava c'è la festa del paese. Dopo una passeggiata nei dintorni, tra muretti a secco, uliveti, recinti per le pecore, piccole costruzioni rurali ed un improbabile campo da calcio, arriviamo giusto in tempo per la gara di tiro alla fune tra bambini e bambine: i primi sono più numerosi ma più piccoli, le femmine più grandicelle e hanno la meglio. Dopo la sfida comincia la distribuzione di cozze alla buzara e hamburger, vino e birra. Un paio di canzoni della band e sembra tutto finito, ma è solo l'inizio: la musica popolare croata riprende più tardi e ci accompagnerà fino a notte fonda.

sabato 6 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 7. Mattinata zaratina

Božava (Croazia), 11/8/2017


Ripartiamo da Seline con un gradito omaggio da parte della padrona di casa: una vaschetta di fichi che ci aiuterà a non rimpiangere troppo il fatto che perderemo una parte della raccolta della pianta di casa nostra. A dire il vero si tratta di una varietà diversa: i frutti sono molto più piccoli ma saporiti.



Ripercorriamo la spettacolare strada che porta a Zara e parcheggiamo nello stesso punto di due giorni fa. Scopriamo dai manifesti affissi in giro per la città che tra pochi giorni ci sarà il concerto dei Pet Shop Boys. Noi oggi pomeriggio lasceremo la terraferma e ci perderemo questo tuffo indietro negli anni '80/'90, ma devo dire che Zara si dimostra piuttosto attiva. Anche per quanto riguarda l'arte. Il Museo Nazionale ospita infatti una mostra di Chagall. Dopo avere scoperto l'attività di ceramista di Picasso due anni fa a Rovigno, questa è l'occasione per approfondire l'affascinante percorso dell'artista russo.


Nella periferia di Zara non mancano alcune brutture, ma il centro è delizioso e lo ripercorriamo nuovamente, concedendoci, dopo un pasto frugale ma sempre gradito a base di burek, un caffè e una zadarska krempita, che si caratterizza rispetto a quella classica per un sottile strato di cioccolato sopra la panna e la sfoglia.
Zara è stata a lungo un'enclave italiana: le vicende della città sono narrate nel libro di Silvio Testa La zaratina, che sto leggendo in questi giorni. La lettura del romanzo è un utile approfondimento di quanto ha subito la città alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con annessa rimozione forzata del legame storico tra Zara e Venezia. I protagonisti del romanzo vivevano alle Colovare, il quartiere a sud della città che vediamo allontanarsi a bordo del traghetto per l'Isola Lunga, come la chiamavano i Veneziani (Dugi Otok per i Croati). Al riguardo preciso che le ultime tracce di italianità le lasciamo sulla terraferma: Dugi Otok, anche nel periodo fascista, non è stata sotto il controllo italiano nonostante lo storico legame con la città di Zara.


Dai bagnanti di Colovare ai villaggi sparsi per le isole di Pašman e Ugljan ed altri isolotti, fino allo sbarco al porto di Brbinj. Da qui raggiungiamo Božava, dove veniamo ben accolti dalla nuova padrona di casa.


La prima impressione di Božava è quella di un villaggio molto tranquillo, popolato da una nutrita colonia felina. La nostra giornata si conclude con un piatto di calamari alla griglia in uno dei ristoranti sul porticciolo, in fondo all'insenatura dove sorge il paese.

venerdì 5 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 6. Camminando sopra il macadam

Seline (Croazia), 10/8/2017
Come anticipato, oggi ci dedichiamo alla visita del parco naturale nazionale di Paklenica. Gli ingressi sono due e corrispondono a Mala e Vela Paklenica, le due gole attraverso le quali si sviluppano gli itinerari.




L'ingresso costa circa 5 € e con un sovrapprezzo si può entrare in auto percorrendo circa un chilometro. Poco dopo il parcheggio parte il macadam, un termine che mi richiama una delle più belle canzoni di Paolo Conte e che ritornerà nel corso del nostro viaggio.


Il parco di Paklenica è famoso anche per le sue pareti di arrampicata. I cartelli ci indicano le numerose vie che si sviluppano lungo le massicce pareti che incombono su di noi, ma c'è spazio anche per i principianti con le numerose pareti attrezzate che si trovano nel primo tratto del percorso, intorno al Centro di Documentazione. A proposito di quest'ultimo, singolare è la sua collocazione: all'interno di un bunker antiatomico - così ci è stato raccontato - fatto costruire all'interno della roccia dal Maresciallo Tito.













Il tratto più ripido del percorso è un po' scivoloso ma affrontabile, non fosse per i 40°C che rendono difficoltosa qualsiasi attività umana. Ad un certo punto finiamo anche l'acqua. Non c'è alcuna traccia di abitazioni e speriamo nella comparsa di una fontana, ma sono disposto anche ad abbeverarmi al ruscello che scorre di fianco al sentiero. Fortunatamente ecco l'acqua che cercavamo, prima dell'ultimo tratto quasi pianeggiante che ci conduce alla casa del guardiaboschi, una sorta di rifugio rudimentale. Segnalo che è possibile anche abbandonare il percorso da noi affrontato per raggiungere una grotta che ci assicurano essere di un certo interesse.




Quello che a noi interessa maggiormente, con questo caldo, è però un bagno nella spiaggia di Kulin, area attrezzata all'ingresso di Starigrad. Aspettiamo qui che passi la calura, poi torniamo in camera e ci prepariamo per la cena. Mangiamo ćevapčići (io) e pesce alla griglia (Sara) in una trattoria vicino al mare accompagnati da Karlovačko e dalle voci di una tv croata che ci arriva da qualche casa lì vicino. Non capiamo nulla, se non che il programma deve essere piuttosto trash. Meglio fare due passi. Raggiungiamo la piazzetta del paese, dove un quintetto niente male suona musica dalmata e gli abitanti ballano con spontaneità. Abbiamo iniziato il viaggio con la musica popolare e con la musica popolare proseguiamo.


giovedì 4 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 5. Saluto al sole

Seline (Croazia), 9/8/2017
Seline è parte del Comune di Starigrad Paklenica, denominazione che unisce quella del centro principale a quella del parco nazionale, il cui confine è situato a pochissimi chilometri dal nostro appartamento. A dire il vero non avevamo tenuto conto di questo fatto, ma sfrutteremo l'occasione... domani.
Oggi abbiamo una gran voglia di mare. Una delle spiagge più interessanti della zona è quella di Pisak, a poche centinaia di metri dall'appartamento. Ci sistemiamo poco distante, in una zona un po' più ombreggiata. L'acqua è calma e quasi calda: ci troviamo verso il fondo del golfo protetto dalla penisola su cui sorge la città di Zara, a sua volta collegata con l'isola di Pag da un ponte. La striscia di ciottoli che separa la strada dal mare è frequentata soprattutto da croati. Pochi gli italiani da queste parti: a dispetto della storica influenza italiana, siamo ormai in piena Croazia. Al riguardo, per chi volesse conoscere le vicende belliche della città di Zara - allora enclave italiana - nel secondo conflitto mondiale, segnalo La zaratina di Silvio Testa, libro appena uscito che ho prontamente portato con me. La narrazione - si tratta di romanzo storico - si concentra sulle vicissitudini di una famiglia italiana costretta a lasciare la città: per questa ragione tende a tralasciare le vicende storiche e i soprusi da parte del Fascismo che hanno creato i presupposti della reazione anti-italiana, che pure vengono ricordati nella premessa. Si tratta comunque di un romanzo ben scritto.

Nel tardo pomeriggio ci dirigiamo proprio a Zara, la cui visita è motivo principale della nostra tappa a Seline. Prima di partire ho visto le foto della città e dell'Isola Lunga sull'album di famiglia, ma ero troppo piccolo per ricordare. Quel che ricordo invece è la bellezza di questo tratto della Jadranska Magistrala, la strada statale adriatica che passa per Seline e ci porta in città. Superati i villaggi di Modrić e Rovanjska, in fondo al golfo, uno stretto canale che si fa spazio tra due versanti glabri introduce al Novigradsko More, insenatura piuttosto ampia e chiusa pur essendo collegata con il mare aperto. Superato il ponte, dove i più temerari si possono cimentare con il bungee-jumping, ci immettiamo in un tratto di campagna decisamente più dolce. Sulla strada incontriamo il paese di Islam Latinski: pochi chilometri più a sud si trova invece Islam Grčki. Islam Latino ed Islam Greco, letteralmente, perché qui si trovava il confine dell'Impero Ottomano: con latino e greco ci si riferiva alla religione prevalente degli abitanti dei due villaggi, cattolica o ortodossa.

Ora dovrei parlare della città di Zara, ma so già che ritorneremo tra un paio di giorni: per ora quindi mi limito ad alcune suggestioni della nostra serata zaratina. Dopo avere passeggiato per i vicoli interni della città, tra le tracce romane e veneziane presenti ovunque, abbiamo raggiunto l'Organo Marino giusto per il tramonto: il sole scompare all'orizzonte, oltre il canale che ci separa dall'isola di Ugliano e dalle altre numerose isole ed isolotti dell'arcipelago zaratino, accompagnato dal suono onirico e quasi spettrale originato dal moto ondoso, meritandosi pienamente l'applauso dei presenti. Saluto al sole, come il nome dell'altra opera dell'artista Nikola Basić, distante pochi metri dall'Organo Marino. Si tratta di una sorta di pedana circolare (23 metri di diametro) composta da piccoli pannelli fotovoltaici che la sera si illuminano di vari colori. Un'opera anche utile, visto che fornisce energia elettrica per l'illuminazione del lungomare della città.


Abbiamo con noi una rivista che ha contribuito a darci lo spunto per questo viaggio: allo stesso modo ci fornisce le indicazioni per un buon ristorante in piazza Petra Zoranića, di fianco a Piazza dei Cinque Pozzi, in uno degli angoli più suggestivi della città. Gnocchi con pašticada per me, carpaccio di tonno per Sara: una cena molto zaratina e di buona qualità, anche stavolta la rivista non ha sbagliato. Il rosé istriano è degno accompagnamento della serata.


 

mercoledì 3 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 4. In Dalmazia col giro largo

Seline (Croazia), 8/8/2017

In piazza a Tramonti vedo saluti, baci, abbracci e qualche lacrima. Il FestInVal è terminato, tutti si danno convinti l'appuntamento per l'anno prossimo. Noi non siamo però così tristi: il nostro viaggio è appena cominciato. Attraversiamo la pianura friulana non verso casa ma in direzione sud-est. Vicino a Maniago ci fermiamo per acquistare un coltellino multiuso, ma Sara rimane delusa nel leggere la scritta Made in France sulla confezione, a dispetto della fama dell'arte della coltelleria legata al nome del paese friulano. Altra è la ragione della fama vicino paese di Cavasso, attraversato tre giorni fa: la cipolla rossa, presidio Slow Food, con la quale vengono preparate anche delle salse come quella che mi ha portato a casa Mamma lo scorso anno.
Percorriamo dunque a ritroso un tratto della strada che mi ha portato fino a Tramonti (esattamente quello in cui un capriolo mi ha attraversato la strada con un elegante quanto arrischiato balzo), poi tagliamo fino a Udine e scendiamo verso la Venezia Giulia. Nei pressi di Duino ci fermiamo in uno di quei locali che dalle nostre parti si chiamerebbero melunèere, anche se questo è più strutturato e comprende anche un vero e proprio baretto. Concludiamo il pranzo, aperto col pecorino appena acquistato da Amanda (non potevamo non passare a salutare la nostra insegnante di arte casearia all'azienda Sottosopra), con melone e persegada.
Attraversiamo Slovenia e Croazia in direzione Fiume e da qui seguiamo le indicazioni di Google Maps: prendere l'autostrada che porta verso l'interno in direzione Zagabria e a un certo punto scendere in direzione Spalato. Quest'ultimo tratto rientra in prossimità della costa poco prima di Zara, dove dobbiamo uscire. Dall'autogrill dove ci fermiamo a sorseggiare la prima Cockta si vede ancora il mare del Quarnaro, ma da qui in poi ci sposteremo parecchio verso l'interno. Sarà davvero più breve questa strada? Non so, però siamo contenti di scoprire il paesaggio di questa parte di Croazia, quasi alpino, coi suoi boschi di conifere, le casette col tetto spiovente e qualche laghetto. In direzione sud, nella regione della Lika, ritroveremo un paesaggio carsico, a tratti pianeggiante, dal quale emergono singolari colline, rocce, qualche villaggio, qualche bosco ed alcune aree coltivate. Notiamo con piacere, lungo le autostrade di recente realizzazione, i "viadotti" studiati appositamente per la fauna selvatica.
 A Seline, nel comune di Starigrad Paklenica, arriviamo poco prima di cena. C'è giusto il tempo di scambiare due parole con la padrona di casa, non senza difficoltà perchè parla solo croato: capisco solo che non ci dà la mano per presentarsi perchè sta raccogliendo i fichi. Poi si va sul lungomare a mangiare orata ai ferri. 

martedì 2 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 3. Acqua e sassi

Tramonti di Sotto (PN), 7/8/2017 

Storie d’acqua e di sassi: questo è il tema scelto per la quinta edizione del FestInVal. Argomento ben trattato dalle immagini fotografiche di Ulderica Da Pozzo raccolte nel Municipio e nella mostra di illustrazioni nel salone della Pro Loco. Anche quest’anno il FestInVal spazia dalla cultura locale friulana a quella internazionale, dalla musica folk e dai balli popolari alla fotografia, alle arti grafiche, all’artigianato, all’enogastronomia… Una conferma, dopo le bellissime ed intense giornate dello scorso anno.
E a proposito di sassi e d’acqua, per rimanere aderenti al tema stamattina – dopo una colazione al bar del vicino campeggio, ambiente particolarmente accogliente – ci dirigiamo alle Pozze Smeraldine. Abbiamo scoperto questo sito di grande pregio paesaggistico e naturale lo scorso anno, e a quanto pare lo ha scoperto anche Altreconomia, che lo comprende nell’elenco delle quattordici aree naturali italiane descritte nella guida L’Italia selvaggia, uscita poche settimane fa. Avendone già parlato in precedenza non vorremmo che le Pozze diventassero un po’ meno selvagge: ci ha già pensato l’autrice Elisa Nicoli a descriverne la bellezza ad un pubblico forse di nicchia, ma certamente più ampio di quello del nostro umile blog. Le Pozze sono un segreto poco conosciuto al di fuori del Friuli e nel quale ci siamo imbattuti fortuitamente. Ci limiteremo perciò ad un cenno al nostro gruppo. In linea con lo spirito del FestInVal, che spinge sempre a fare nuovi incontri, ai torinesi e ai cremonesi si è aggiunta Marta, con cui parliamo di arrampicata, di Trieste – città che sfioreremo domani, ma per quest’anno niente sosta – e di molto altro, nel corso di una giornata particolarmente piacevole. Erby si conferma il più resistente alla temperatura proibitiva delle Pozze, mentre io, provato da una settimana a quasi 40°C, sono vittima di qualcosa che somiglia ad uno shock termico, ma alla fine riesco ad immergermi.
Il FestInVal si conclude anche quest’anno a Tamar, minuscolo borgo ad un’ora circa di cammino da Tramonti. Tamar sotto le stelle è il nome dell’evento che unisce, ancora una volta, gli abitanti ed i visitatori del festival. Pastasciutta offerta dalle signore del paese, esplorazione guidata alla volta celeste (con la speranza di riuscire a cogliere qualche stella cadente), falò e balli intorno al fuoco. Mi stringo nella mia giacca: non sono più abituato a queste temperature, forse qualcosa di più pesante nel bagaglio lo potevo mettere. Ma le montagne di pietra illuminate dal chiaro di luna che si stagliano oltre il bosco sono un incanto che fa dimenticare anche il freddo.

lunedì 1 gennaio 2018

Lasciando l'Italia alle spalle - 2. Tramonti e arcobaleni

Tramonti di Sotto (PN), 6/8/2017
Al contrario dell’anno scorso, quest’anno ci tocca una camerata da 12 posti: il sonno ne risente. Ma non c’è tempo per rilassarsi: il programma prevede visita alle grotte di Pradis con partenza alle ore 9:30. In realtà l’appuntamento era direttamente alle grotte, e non alla Pro Loco di Tramonti come avevamo capito inizialmente. Poco male, ce la prenderemo con più calma e visiteremo il sito in autonomia. Le grotte hanno poco a che vedere con quelle carsiche più famose: si tratta in realtà di tre caverne, un piccolo orrido ed una cascata, ambiente gradevole ma ci aspettavamo qualcosa di più.
 Una sorpresa emerge invece a un quarto d’ora di macchina, vicino a Pielungo, in mezzo alla foresta. Seguiamo le indicazioni per il castello Ceconi e ci troviamo di fronte ad una costruzione neogotica, evidentemente ristrutturata in tempi recenti e utilizzata per meeting o matrimoni, come ci spiegheranno più tardi. Il maniero è circondato da un ampio parco, aperto a tutti: si arriva liberamente fino a ridosso delle mura del castello.




Veniamo sorpresi da un forte temporale (ampiamente previsto, a dire il vero: a Tramonti ci avevano detto che la Protezione Civile era in preallerta). Sulla strada per Pradis vediamo un grosso albero caduto in mezzo alla carreggiata. Incrociamo un’altra auto che sta tornando indietro. I ragazzi a bordo ci sconsigliano di proseguire. Torniamo a Pielungo proprio durante l’apice del temporale. Come viandanti di un tempo chiediamo rifugio in un agriturismo aperto da poco, dove ci offrono ristoro con un buon caffè, aspettando che passi il peggio. Ne approfittiamo per sfogliare qualche libro di storia locale e per farci raccontare qualcosa sul conte Giacomo Ceconi, colui che fece costruire il castello: vissuto tra ‘800 e inizi del ‘900, fu un imprenditore attivo nel settore di viadotti che mantenne un forte legame coi territori d’origine.
Ci facciamo indicare un percorso alternativo che passa da Clauzetto, il “balcone del Friuli”, così chiamato per la posizione panoramica sulla pianura e sul fiume Tagliamento. Per strada incontriamo numerosi alberi sradicati, ma il peggio ci aspetta al rientro a Tramonti. Un elicottero si alza in volo proprio dal campo adiacente alla scuola dove alloggiamo. Marta legge sul sito dell’Ansa di un possibile morto sulle montagne sopra Tramonti, notizia purtroppo confermata nelle ore successive. In alta montagna, ad alcune ore di cammino dal paese, si tiene infatti dalla fine di luglio il Rainbow Family, evento della durata di un mese che raduna numerosi “hippy” (scriverò così per semplificare al massimo un concetto che richiederebbe una trattazione più lunga), circa 3000 secondo le stime.
Siamo dentro la notizia, e fa effetto trovarcisi in un paese così piccolo, leggere il suo nome sullo schermo della tv nel bar della piazza, vedere passare le auto di Mediaset. Verso sera, però, un doppio arcobaleno, quasi simbolicamente, abbraccia le montagne sopra Tramonti. La quiete dopo la tempesta.
C’è modo di andare in un cortile per mangiare polenta e pistum (specialità del posto: un trito di foglie di rapa, lardo e aglio) e poi alla sede della Pro Loco, dove sono stati spostati gli eventi per evitare altri rischi dovuti al maltempo, dopo questa giornata che ha scosso la comunità di Tramonti.