sabato 17 settembre 2011

Tra Quarnaro ed Istria via terra e via mare - 5. Tramonto dietro l'Istria

Cherso, 22/8/2011


Cioccolata, marmellata, crema”. La signora del market, viso rugoso, sguardo freddo e vagamente tagliente, ripete stancamente e con tono secco le brioches disponibili ad ogni cliente che entra. Riesco a vederle in volto un'espressione più distesa quando provo a dirle qualche parola in croato. Mi guarda con espressione materna e corregge la mia dizione. Malo mljeko, latte piccolo per la nostra ultima colazione con vista sulla baia di Krk.

A mezzogiorno già salpiamo dal porto di Valbiska alla volta di Cres. Salutiamo l'isola di Krk, che ci ha offerto ovunque un mare molto bello e cittadine e paesi che ci hanno sorpreso, ognuno con la propria peculiare bellezza.

Al contrario di Krk, l'isola di Cres (Cherso) non è stata solo occasionalmente occupata dagli italiani, ma è stata parte integrante del Regno d'Italia nel periodo a cavallo tra le due guerre, insieme alla vicina isola di Lussino (oltre naturalmente all'Istria, a Fiume e a Zara).

La navigazione dura poco; dopo un'ora circa sbarchiamo al porto di Merag. Il paesaggio di Cres ci sembra subito ancora più selvaggio di quello di Krk e le strade, dove non sono state riasfaltate di recente, sono più malmesse ma percorribili senza eccessivi problemi.

Tecnicamente questa non sarebbe la mia prima visita a Cherso; ma ero troppo piccolo per ricordarmene e al momento non mi vengono in mente nemmeno le immagini dell'album di famiglia.


Attraversiamo l'isola ed arriviamo a Valun, caratteristico borgo marinaro di non facile accesso. Solo alcune zone del paese sono raggiungibili in auto, e solo per lo scarico ed il carico dei bagagli. Si paga un biglietto per il parcheggio ma non è detto che questo sia realmente disponibile; si può comunque lasciare l'auto lungo la strada di accesso al paese. Va detto che, anche se l'organizzazione è da migliorare, la vivibilità del borgo ne guadagna.

Decidiamo di fermarci giusto per un bagno nella baia e per fare la spesa in un piccolo market dove trovo due prodotti che caratterizzavano le estati della mia infanzia. Il primo è il succo Fructal, che oggi viene commercializzato anche in Italia e che ricordo in confezioni di alluminio dalla sezione quadrata simili a certi barattoli di olii di semi. La seconda è la Cockta, bevanda nata nella Jugoslavia degli anni '50, quasi una contrapposizione balcanica all'imperialismo della Coca-Cola. Quando tornai per la prima volta nella ex-Jugoslavia dopo la guerra e la vidi sullo scaffale di un market provai un attimo di commozione e la comprai, per poi leggere sulla lattina, una volta terminato di degustare la bibita, la scritta prodotto nello stabilimento di Fiorenzuola d'Arda (PC). La Cockta prodotta a trenta chilometri da casa mia? In realtà fu l'unica volta che mi accadde una cosa simile. Ad oggi mi risulta che la produzione della bevanda sia tutta in Slovenia.


Arriviamo a metà pomeriggio nella città di Cres, dove ci sistemiamo e ci concediamo un ultimo bagno, terminato il quale ci godiamo un meraviglioso tramonto dietro l'Istria, che fronteggia questa parte dell'isola. Siamo gli unici sulla spiaggia che paiono cogliere questo spettacolo. Anzi, no. A pochi metri da noi c'è un uomo croato sulla quarantina. Capello lungo e brizzolato raccolto in una coda, sdraiato su un fianco, bottiglia di Ožujsko in mano, tra una sorsata di birra e l'altra alza il braccio e con le dita da i voti ai tuffi del figlio che si lancia dalla banchina una trentina di metri più in là. Poi si accorge del tramonto. Cerca di richiamare l'attenzione di moglie e figlio con una serie di gesti, per condividere con loro lo spettacolo. Quando anche l'ultimo spicchio di sole scompare dietro ai monti istriani lascia andare un “Aaahh!” di ammirazione, portandosi le mani alla testa. E' meraviglioso, somiglia al padre che vorrei diventare.

E chissà, magari anche lui conclude la serata con un piatto di cozze alla buzara nella pittoresca cornice del lungomare di Cherso, guardando la gente che viene e che va.

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