Ogni volta riesce a sorprenderti. Esci dal lavoro
e c’è più luce del solito, un tepore che ti scalda la pelle. Ti sorprendi a
toglierti la giacca per strada. Anche quest’anno, è arrivata!
La primavera sono le tante persone a passeggio per
Corso Garibaldi, tra Sant’Agata e Palazzo Cittanova. La primavera sono le
commesse dei negozi che ti guardano con una punta di invidia da dietro le
vetrine, ché per loro non è ancora giunta l’ora di staccare. La primavera sono
i motorini posteggiati sotto il fornice in fondo a Via dei Rustici. La
primavera sei tu che ti guardi intorno con la stessa meraviglia di una prima
volta, poco dopo l’osteria Garibaldi, di fronte al pittoresco ingresso di Via
Antico Rodano, o col naso rivolto all’insù, verso la cupola vetrata del
Politeama Verdi, glorioso teatro del passato ormai sprofondato in un drammatico
abbandono.
In Corso Campi le ragazze in bicicletta coi loro
vestiti a fiori scoprono le gambe e pedalano capelli al vento. Viene voglia di
seguire lo sciame di tutta questa gente, dove va? Due battute per strada con un
vecchio amico che non vedevi da un po’ ti mettono di buonumore, e prosegui per
la tua strada vedendo solo le cose belle. Intorno palazzi storici abbandonati e
negozi chiusi col cartello vendesi in
vetrina, ma la tua mente oggi si rifiuta di soffermarsi su pensieri cupi.
Fai una deviazione verso Piazza Roma per andare a
salutare un’amica sul lavoro, ma è impegnata; allora giri verso la graziosa
Piazza Filodrammatici, dove sono situati lo storico cinema/teatro Filo e la
galleria d’arte il Triangolo; dai un’occhiata ad una mostra, ma poi preferisci
startene all’aria aperta. E anche le stradine secondarie, quelle che di solito
ami, ti sembrano troppo buie. Così torni in Piazza Roma e ti lasci baciare dal
sole.
In Corso Vittorio Emanuele ti coglie un ricordo
d’infanzia; tua madre che ti portava alla Standa (ora Oviesse) entrando da un
lato ed uscendo dall’altro, per poi percorrere la piccola galleria adiacente e
ritornare al punto di partenza, facendoti perdere il senso dell’orientamento.
Poco più avanti ecco Via Ala Ponzone, con quella volta un tempo chiamata Stretèen de j àazen, in quanto nei
giorni di mercato vi venivano “posteggiati” i ciuchi.
Passi davanti all’imponente ingresso del Teatro Ponchielli,
intitolato al grande musicista cremonese. In questa zona la toponomastica (la
chiesa di San Pietro a Po, Via Porta Po Vecchia) aiuta a ricostruire il vecchio
andamento del Grande Fiume – a ridosso dell’antica cinta muraria ormai quasi
interamente scomparsa, se si fa eccezione per i bastioni San Giorgio a Porta
Mosa – e la precedente ubicazione della porta sud-occidentale della città.
Proseguendo lungo Corso Vittorio Emanuele invece
si arriva diretti alla Porta Po odierna, con al centro la fontana nella quale
era usanza bagnarsi in occasione di qualche importante traguardo raggiunto
dalla Cremonese o dalla Nazionale di Calcio.
Superata Porta Po, ti è ben chiaro dove vuoi
arrivare: al fiume, che non vedi da un bel po’ di tempo ormai. Attraversi Zona
Po con i suoi viali ortogonali e raggiungi il cuore pulsante del dopolavoro
cremonese; il piazzale della piscina, la pista ciclabile, il bocciodromo, i
campi da tennis e da calcio sono tutti piuttosto popolati. Raggiungi Parco Po;
ragazzi che portano a spasso i cani, gruppetti di studentesse col libro
vanamente aperto sul tavolo, coppiette che si baciano, gente che fa footing o
che prende il sole… ed infine eccolo. Il Po.
Certi giorni invernali tendi quasi a dimenticarti
della sua presenza, forse perché se ne sta sprofondato in mezzo alla nebbia,
forse perché sei tu che preferisci non schiodarti dal tuo tragitto casa-lavoro,
ambienti riscaldati, confortevoli ed illuminati intramezzati da un tratto di
strada freddo e umido che ti auguri possa essere il più breve possibile. Ma lui
è sempre lì, e da sempre accompagna la tua città, anche se il suo rapporto con
essa è cambiato. Anzi, è la città che ha cambiato il suo rapporto con il fiume.
Ma nelle giornate di primavera ecco che ritorna al
centro dei nostri pensieri, e come te anche tanti altri cremonesi sono venuti
qui a godersi il sole. La vicina zona industriale del Porto Canale e di
Cavatigozzi – sviluppatasi nel secondo dopoguerra in base ad una scelta
urbanistica rivelatasi errata – è nascosta alla vista, così come la Tamoil,
raffineria sciaguratamente costruita praticamente addosso alla città e da poco
convertita a deposito. Il Terzo Ponte per ora è solo nella mente dei nostri
amministratori; il secondo, quello autostradale, è molto più in là, dalla parte
opposta della città. Il primo ponte di Po, quello in ferro davanti a te, non è
più quello lugubre del finale de L’imbalsamatore
ma fa da spalla al sole per questa sua uscita di scena in arancione. Oltre il
ponte, dall’altra parte del fiume, ancora terra, a ricordarti la presenza di
qualcosa d’altro rispetto alla tua quotidianità.
La primavera è il cielo nelle sue sfumature:
azzurro, arancione, indaco, blu notte. La primavera sono le montagne
azzurrognole che si stagliano all’orizzonte ricordandoti che anche la pianura,
da qualche parte finisce. La primavera sono le tonalità di verde dei filari
lungo il Po e la luce e la brezza che ne ravvivano le acque. La primavera è il
rosso del cotto cremonese così vivo visto da qui. La primavera è Cremona che
dopo il grigiore invernale riprende colore.