Supetarska Draga, 16/8/2012
Eccoci finalmente nella città di Rab, come
promesso. L’antica Arbum si sviluppa su una penisola, in una posizione
particolarmente suggestiva. Ai lati di questa penisola, due bracci di mare che
la dividono dal tratto di costa dove sorgono gli abitati di Banjol e Barbat e
dalla penisola di Kalifront. Di fronte, l’isolotto di Sv. Juraj.
Percorriamo Srednja Ulica, la strada delle botteghe e dei negozi di souvenir (bar e ristoranti invece si trovano prevalentemente sul vicino e parallelo lungomare e sulle piazze che vi si affacciano, Sv. Kristofora e Municipium Arba). A parte la loggetta, la torre dell’orologio ed alcuni palazzi di impronta veneziana, per trovare i principali edifici storici di Rab bisogna salire alle vie Ivana Rabljanina e Gornja, anch’esse parallele ma orientate sull’opposto versante della penisola, più scosceso di quello orientale. Noi ci arriviamo dal parco di Kaldanac, all’estremità del centro storico, dove si trova la statua di Marinus, scalpellino originario di Lopar che avrebbe fondato l’abitato di San Marino (da qui prende origine lo storico legame tra l’isola di Rab e la piccola repubblica del Monte Titano).
Per prima cosa, salendo dal parco di Kaldanac,
incontriamo la piccola chiesa di Sv. Antun-Opat e quella di Sv. Marija Velika
(Santa Maria Maggiore), che domina il centro storico. Poco distante, lungo la
Ivana Rabljanina Ulica, si trova l’accesso al campanile. La vista che si gode
dall’alto è notevole, ma l’ascesa è una vera avventura, da sconsigliare in
particolar modo a persone sovrappeso o sofferenti di vertigini. Sarebbe il caso
di porre un numero massimo di visitatori, ma evidentemente, per raccogliere
qualche kuna in più, non ci si pongono troppe domande sulla sicurezza.
Dall’alto si apprezza anche la pianta del convento
di Sant’Andrea, che incontriamo poco dopo, sempre lungo la Ivana Rabljanina Ulica.
Proseguendo il nostro cammino, eccoci arrivati nella Piazzetta, denominazione locale
di Trg Slobode. La bella piazza, con balconata ed accesso sugli scogli
sottostanti, è dominata dall’ulivo piantato nel 1921, anno in cui l’isola tornò
a far parte del Regno di Jugoslavia (dopo la Prima Guerra Mondiale fu assegnata
all’Italia: la presenza italiana sull’isola era concentrata proprio nella città
di Rab).
Prendendo la Gornja Ulica si raggiunge il
suggestivo complesso delle chiese di Santa Croce e San Giovanni Evangelista,
dove ci fermiamo a lungo per fare delle fotografie. Proseguiamo poi fino al
rigoglioso parco di Komrčar, appena fuori dalle antiche mura, dove pranziamo
all’ombra di pini d’Aleppo, querce e pitosfori.
L’isola di Rab è caratterizzata da una discreta
presenza di aree boscate: le più conosciute si trovano sulla penisola di
Kalifront. Durante la Seconda Guerra Mondiale buona parte di queste piante fu
tagliata, ma successivamente si è provveduto a ripiantumare ed oggi l’area è
sottoposta a tutela.
La maggior parte della penisola è raggiungibile
solamente a piedi o in bicicletta. Facciamo una passeggiata in mezzo al bosco e
finiamo col perderci. Speriamo almeno che questo sia il prezzo da pagare per
raggiungere una spiaggia incontaminata; ma quando finalmente riusciamo ad
individuare gli accessi al mare, ad aspettarci ci sono solamente delle calette
piuttosto affollate da bagnanti e barche ormeggiate in prossimità della costa.
Per rifarci di un pomeriggio un po’ sottotono ci
concediamo una cena fuori. Ante non si sbilancia nel darci pareri sui
ristoranti della zona, indicandoci il suo diploma da cuoco appeso in casa, come
a dire che non ha bisogno che qualcun altro cucini per lui.
Il misto di pesce alla buzara che ordino è buono
anche se non a buon mercato come i raznići di Sara. Il bjielo vino, la grappa
conclusiva e le onde che si infrangono contro i piccoli moli a due passi da noi
già mi cullano verso il meritato riposo.