Supetarska Draga, 14/8/2012
Tempo fa ho letto un libro in cui Paolo Rumiz
descrive una notte dalmata, raccontando come, distesi sotto il cielo e vedendo
una stella cadente, si senta quasi di potersi mettere in contatto con chi non
c’è più. Cinque anni fa, proprio qui, provai la stessa sensazione. Stavolta
invece ho modo di apprezzare tutte le sfumature che dal blu notte virano verso
l’azzurro del primo mattino, o almeno le apprezzo di più del giaciglio che ci
siamo preparati per la notte.
Cerco di svegliarmi con la colazione preparata
dalla signora del campeggio, un’istriana di Pisino che si mette volentieri a
parlarci della sua terra. Gli facciamo i complimenti per la sua marmellata di
prugne, veramente ottima. Per quanto riguarda l’Istria, potrebbe essere
l’ultima tappa del nostro viaggio…ma avremo il tempo di pensarci: siamo ancora
all’inizio!
Ci rimettiamo in moto in direzione sud,
accompagnati dal notiziario di Radio Istra. Riusciamo a capire che si sta
parlando del terremoto in Iran. La memoria torna alle scosse di qualche mese
fa, che ci hanno svegliato in piena notte e che hanno seminato morte e
distruzione nella vicina Emilia. Allontaniamo i pensieri perdendoci con lo
sguardo nei panorami che si possono godere dalla Jadranska Magistrala,
probabilmente una delle più belle strade al mondo.
Il viaggio in traghetto da Jablanac a Rab (Arbe in
italiano) dura veramente poco. L’isola ci accoglie mostrandoci il suo aspetto
più brullo: una pietraia odorante di liquirizia. Poco alla volta la vegetazione
fa la sua comparsa: sparuti ciuffi erbosi, seguiti da arbusti sparsi, macchia
mediterranea via via più rigogliosa e alberi di pino marittimo.
Troviamo una camera a Supetarska Draga da Ante, un
uomo dall’età apparentemente compresa tra i 60 e i 70 anni che a noi italiani
si presenta come “Antonio”, tenendo però a precisare che tutti lo chiamano
Puče. Ci mostra con orgoglio il suo orto, innaffiato con l’acqua proveniente
dalla sua cisterna, che raccoglie le precipitazioni dei tre mesi invernali, gli
unici in cui sull’isola le piogge sono di una certa entità.
Scarichiamo i nostri bagagli ed andiamo a farci un
bagno poco distante dalla nostra camera, accompagnati dai canti e dal suono di
una fisarmonica provenienti da un’imbarcazione ormeggiata nei paraggi.
Camminiamo poi lungo la penisola compresa tra Supetarska Draga e Kampor, costeggiando
le varie insenature dove i turisti si immergono per sfuggire alla calura,
attraversando l’interno boscoso e ritornando sulla costa a Gonar, dove ci
facciamo altre nuotate.
A Kampor termina una delle varie piane che
tagliano trasversalmente l’isola di Rab, incuneandosi tra i crinali rocciosi.
Un paesaggio suggestivo che ha però vissuto una pagina nera nella sua storia,
ospitando un campo di concentramento fascista nel corso della Seconda Guerra
Mondiale. Per rientrare alla camera dobbiamo quindi risalire attraverso i
boschi e gli uliveti delimitati da muretti a secco, scollinando sopra
Supetarska Draga. Dall’alto dominiamo con lo sguardo i vari nuclei abitati che
la compongono, situati lungo le due sponde della baia, e sulla zona umida
situata in fondo all’insenatura, oltre i piccoli moli, al termine della piana
che si estende in direzione dei centri di Mundanije e Rab.
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