domenica 31 luglio 2011

Annicco - Navi nella pianura






Gennaio 2011



La spessa nebbia di una notte d’inverno nella Bassa Padana non ti lascia alcun preavviso. Le segnalazioni stradali si materializzano d’improvviso: in un arco di tempo indefinito cerchi di metterle a fuoco. Gli occhi corrono attenti lungo le strisce sull’asfalto, di cui riesci a vedere solo i prossimi dieci metri, per capire il punto in cui svoltare e per seguire l’andamento della strada. D’improvviso, in mezzo alla nebbia, nel cuore della pianura, ecco materializzarsi come in un sogno felliniano una nave bianca e azzurra.
Dell’Annicchetta mi hanno raccontato che un tempo era una stalla, fatta costruire da un signore dai gusti bizzarri. Mi immagino le mucche stranite guardare coi loro musi al di fuori degli oblò. Ora è stata destinata a magazzino ma è sempre lì, biglietto da visita per chi arriva ad Annicco dalla Castelleonese, irreale apparizione nella nebbia, con le sue file di bandierine attaccate all’albero maestro.
Una notte nebbiosa d’inverno è il momento migliore per arrivare ad Annicco; magari dopo una cena a Barzaniga, frazione di Annicco in direzione Soresina. Qui c’è una trattoria rinomata la torta fritta, considerata una delle migliori della provincia; sembrerà strano per un posto rustico come questo, ma è disponibile anche un menù per celiaci. Barzaniga è generalmente considerato un luogo sperduto, ma in realtà non è poi un centro così piccolo; è stato a lungo comune autonomo prima di essere aggregato ad Annicco, così come l’altra frazione Grontorto.
Barzaniga e Grontorto sono le due frazioni situate nella parte settentrionale del territorio annicchese. Capitammo da queste parti una quindicina di anni fa con il mio amico Alberto, in un afoso pomeriggio d’estate, durante uno dei nostri vagabondaggi per gli angoli più sperduti della provincia. In uno di questi due paesi (non ricordo esattamente quale) decidemmo di entrare in un bar per placare la tremenda arsura. Varcammo l’ingresso, in tutto simile alle altre case; la porta in vetri era aperta e una fila di perline garantiva un minimo di frescura al locale. All’interno tutto era fermo e immobile, compreso un anziano immerso nella lettura della Gazzetta dello Sport, unico avventore in quel momento. Dietro al bancone non c’era nessuno. Passarono un paio di minuti buoni, poi l’anziano, terminato con calma di leggere l’articolo, si alzò e guardandoci disse “L’è ‘ndata sö. Adès ve la ciami”. Si affacciò sulle scale e chiamò il suo nome. “Che caso vòoret amò, cancher?!” rispose dall’alto una tonante voce di donna. “Gh’è zèent!”, replicò il vecchietto, riprendendo il suo posto e tornando alla Gazzetta. Dopo un altro paio di minuti la barista scese le scale. “Scüzèeme… chès chi ‘l me spaca le bale töt el dé…” e guardò il vecchietto che non fece una piega, continuando a leggere. Ordinammo un paio di the freddi al limone. La barista tirò fuori dal bancone una bottiglia di plastica con un foglietto di carta attaccato con lo scotch, sul quale stava scritto in corsivo malfermo tea freddo. Non parlammo per tutto il tempo, sorseggiando i nostri bicchieri; solo all’uscita commentammo la scena.
Nel territorio di Annicco ci sono anche alcune interessanti cascine, purtroppo spesso abbandonate; alcune di queste sono di proprietari bresciani, che non se ne curano più di tanto, o le affittano come rimessa di mezzi agricoli. La Tradoglia, per esempio, doveva avere ospitato ai tempi d’oro numerose famiglie. La Caccialupo è invece infilata nell’angolino a nord-est del territorio comunale. Ci capitai verso il precoce imbrunire di un pomeriggio invernale, con in mano una carta che rappresentava solamente il territorio annicchese, ed arrivarci dopo tutto quello sterrato sembrava davvero di giungere in capo al mondo; il vicino passaggio a livello ormai chiuso da tempo immemorabile, i vetri rotti, le abitazioni abbandonate, il treno sferragliante che d’improvviso squarciava il silenzio creavano un’ambientazione da film horror. L’abbandono è una sensazione costante girando per le nostre cascine; stalle in disuso, vecchi portoni in legno ormai sfondati, auto abbandonate nei cortili con i vetri in frantumi e le galline che razzolano intorno, interni in pelle ormai usurata e targa col CR arancione ed il numero bianco su sfondo nero.
Annicco si sviluppa principalmente lungo due strade: quella che collega la Castelleonese con Soresina e quella che porta a Paderno Ponchielli. Qualche villa di discreto interesse, la sede comunale (il castello dove fu ucciso il condottiero cremonese Cabrino Fondulo) e, ovviamente, la nave. Un simbolo ricorrente nel territorio annicchese; la leggenda narra che la Madonna arrivò da queste parti proprio su un’imbarcazione, ed il piccolo edificio religioso situato tra Grontorto e Barzaniga si chiama proprio Santuario della Nave. Strano vai e vieni di navi nella pianura.
Frequentai parecchio Annicco per un certo periodo, una decina di anni fa; un gruppo di ragazze del paese frequentava il nostro giro (Grumello, dove sono cresciuto, è a circa sei chilometri da qui). Per un attimo riaffiorano i ricordi, confusi nella nebbia, che presto li inghiotte insieme alla nave, al paese e a tutto il resto. Ed è di nuovo pianura, o almeno credo, fuori dal finestrino, oltre il grigio denso e spesso di una notte d’inverno nella Bassa Padana.

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