giovedì 21 luglio 2011

Scandolara Ripa d'Oglio - Discorsi di strada e da bar



Luglio 2011

Durante le mie scorribande per la provincia di Cremona mi sono fatto un bel po’ di esperienza pure sulla vita da bar. Alle undici di mattina c’è chi si è già portato avanti: mi capitò per esempio a Scandolara Ripa d’Oglio di incontrare un signore che doveva avere già oltrepassato la settantina e che mi si attaccò insistendo per offrirmi da bere. Lavorando spesso per la strada, a contatto con la gente, devo fare attenzione: il rischio è quello di finire come il postino di Benvenuti al sud: diventato nervoso per i troppi caffè, quando iniziò a rifiutare questo gesto di ospitalità da parte della gente del paese si vide offrire vino, limoncino, rosolio…e finì con l’ubriacarsi. Io quel mattino di caffè ne avevo bevuto uno solo e preferii ripiegare su quello. A proposito di Benvenuti al sud (anzi, sarebbe più opportuno citare l’originale francese Giù al nord), l’uomo, il cui sguardo acquoso era peggio di quello di Vasco Rossi immortalato nella foto appesa alla parete mentre si accasciava sul microfono, sosteneva con l’aria di chi la sa lunga che io non fossi di quelle parti. Effettivamente provengo da un’altra zona della provincia: ma lui era convinto che io fossi di Catanzaro. Era la prima volta che il mio marcato accento cremonese veniva confuso per calabrese!
A Scandolara ne ho incontrati diversi, di personaggi da bar. Come quegli altri due anziani che discutevano di politica: un omone bresciano con giacca da pescatore e pantaloni mimetici (“siete fortunati che ci sono gli imprenditori come Berlusconi, che danno da lavorare alla gente e fanno del bene” asseriva con voce tonante nel suo dialetto d’oltre Oglio) e quell’altro più mingherlino che gli rispondeva in maniera più sorniona “eh già, i la fa perché j’è bòon, per fate piazéer a te”.

Scandolara Ripa d’Oglio è un paese relativamente isolato, situato nella seconda – o forse anche alla terza – fascia intorno alla città, da cui dista comunque una ventina di chilometri, ha mantenuto una sua identità, e non essendo posizionato vicino a grossi centri conserva un minimo di servizi. Non essendo attraversato da nessuna importante via di comunicazione, da Scandolara difficilmente ci si passa: ci si deve andare apposta. Questo ha fatto si che i caratteri del paese venissero conservati con una certa autenticità. E nei bar è possibile fare questi incontri pittoreschi.

Arrivando a Scandolara Ripa d’Oglio da Corte de’ Frati, la prima cosa che si incontrano alla propria destra sono i cosiddetti lotti gotici: il titolare dello studio per cui lavoro – e per il quale ho frequentato nei mesi scorsi il paese – mi ha spiegato che si chiamano in questo modo i terreni situati all’estremità di Via Umberto I. Si tratta di lotti di forma allungata caratterizzati, nel lato lungo la pubblica via, da facciate strette e slanciate nelle proporzioni. Solitamente dietro di esse c’è un piccolo cortile, un rustico ed infine un terreno di forma allungata solitamente adibito ad orto.
Il grosso dell’edificato di Scandolara è formato da costruzioni umili; si tratta di un borgo agricolo che almeno fino al ‘600 fu conteso tra Cremonesi e Bresciani, a causa della sua vicinanza con il fiume Oglio. Per incontrare le costruzioni più importanti del paese occorre spostarsi verso l’estremità opposta dell’abitato, in direzione Binanuova. Qui sorge la parrocchiale di San Michele, un paio di cascine di un certo interesse e soprattutto il Castello Gazzo; una costruzione davvero suggestiva, con i suoi giardini, i bastioni, il portico, il loggiato, la torretta che lo sormonta e le acque della roggia Alia che lo circondano, nelle quali sguazzano placidamente alcuni cigni. E’ qui che qualche mese fa mi raggiunse un uomo sulla sessantina – forse proprio il proprietario del castello, o un abitante della zona – che si era preoccupato vedendomi girare lì intorno con delle carte in mano. Si rassicurò quando gli dissi che non mi risultavano previsioni di espansione urbanistica intorno al castello.
D’altra parte in paesi come Scandolara Ripa d’Oglio le dinamiche demografiche sono molto contenute: è già buona se questi centri abitati mantengono stabile la popolazione (spesso grazie all’arrivo di immigrati), conservando i servizi necessari alla propria sopravvivenza. Ciò solitamente non preclude la realizzazione di nuove lottizzazioni, a fronte di un patrimonio edilizio esistente rilevante quantitativamente e qualitativamente che viene però progressivamente abbandonato. E allora una domanda sorge spontanea: perché i buoni imprenditori di cui parlava quell’uomo al bar non si mettono a fare i benefattori recuperando i nostri bei centri storici in rovina anziché orientarsi verso le più bieche speculazioni edilizie?

Nessun commento:

Posta un commento