Maggio 2012
Raggiungiamo il
gruppo nel parco di Villa Medici del Vascello che la visita è appena iniziata.
A farci da guida per questa “Giornata dei castelli” è un uomo sulla quarantina
che successivamente scopriremo essere il fratello del sindaco. Sta parlando di
Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino del celebre dipinto di Leonardo, che
visse a lungo nel monumento simbolo di San Giovanni in Croce, dove diede vita
ad una corte di artisti (la nobildonna era anch’essa poetessa). Fu proprio
durante la sua permanenza che la Rocca fu trasformata, abbandonando
l’originario scopo difensivo; attraverso una serie di interventi le sue linee
furono ingentilite, di modo da ottenere un aspetto esteriore che finì col
sintetizzarne le varie fasi di vita.
Altra figura
femminile di rilievo nella storia della Rocca è quella della marchesa Maria
Carolina Mocenigo Soranzo, che a San Giovanni fu benvoluta, nonostante la “pagina
nera” della sua vita, come ci viene definita nel corso della visita: il
fidanzamento col ras fascista Roberto Farinacci, che seguì fino alla fine, e
cioè all’uccisione di entrambi durante il tentativo di fuga nelle vicinanze di
Vimercate, poco fuori Milano.
Purtroppo – o per
fortuna – la villa è interamente “impacchettata” dai ponteggi. I lavori di
restauro sono iniziati successivamente all’acquisizione della villa da parte
del Comune di San Giovanni in Croce, avvenuta dopo cinquant’anni di abbandono;
giusto in tempo per salvarla dall’inesorabile declino. Del recupero di Villa
Medici del Vascello si parla anche nel film-documentario Case abbandonate, che abbiamo visto pochi mesi fa proprio a San
Giovanni, nel Teatro Comunale Cecilia Gallerani.
Ci spostiamo per la
seconda parte della visita. Mentre camminiamo davanti ai bei portici che stanno
di fronte alla Rocca e alla vecchia filanda un signore esprime le proprie
perplessità alla guida: “ma se questa marchesa era davvero così colta,
sensibile e intelligente, come faceva a stare con Farinacci? Non era bello, non
era intelligente, era pure mutilato…”. L’ultima allusione è alla mano amputata
al ras, che la storiografia fascista imputava a una ferita di guerra, mentre
voci molto diffuse e condivise sostengono che la passione di Farinacci per la
pesca con le bombe a mano sia stata all’origine dell’incidente, tanto da
valergli il nomignolo di “Martin Pescatore”.
Entriamo nel giardino della villa; ora a condurci è una seconda guida, che approfondisce l’aspetto botanico del sito. Anni e anni di incuria hanno trasformato il parco in un vero e proprio bosco. La vegetazione ha inghiottito parte dei vecchi percorsi che, tortuosi, si sviluppavano intorno alla Rocca. “Al contrario del giardino all’italiana, presente di fronte alla villa, molto scenografico se visto dall’alto, questo giardino all’inglese ha l’obiettivo di stupire continuamente il visitatore che vi si addentra”. Infatti le architetture “esotiche” abbondano all’interno del parco: pagode cinesi, tempi indiani, capanne olandesi…
“Chi la Gallerani la ghe purtàava… gli amanti!”, dice una terza guida, che sta accompagnando il gruppo dei ritardatari, a cui si sono aggregati due nostri amici: l’italiano a conclusione della frase in dialetto cremonese non lascia spazio a dubbi, dissacrando almeno un po’ anche l’immagine della prima grande figura femminile che abitò la Rocca. Nel parco, tra la vegetazione tipica della pianura, fanno la loro comparsa anche essenze alloctone come un cedro atlantico ed un maestoso ginkgo biloba, che rivaleggia con gli imponenti esemplari di pioppo presenti qua e là. Vicino al lago c’è anche una garzaia, facilmente localizzabile per via del fragore di aironi cinerini, garzette e nitticore che volteggiano qualche decina di metri sopra le nostre teste.
Conclusa la visita
rimaniamo a San Giovanni e facciamo due passi per il nucleo antico; o meglio,
per uno dei due nuclei antichi, quello propriamente detto di San Giovanni.
L’altro nucleo, detto anticamente Palvareto
ed oggi chiamato San Zavedro, dista circa un chilometro da qui, in direzione
Casteldidone. Palvareto fu anche la denominazione dell’aggregazione del comune
di San Giovanni in Croce con quello confinante di Solarolo Rainerio, nel
periodo compreso tra il 1928 ed il 1947. San Zavedro è il santo cui è dedicata
la più antica chiesa del territorio comunale, mentre in San Giovanni è presente
l’Oratorio della SS. Trinità. E’ proprio qui davanti che, qualche giorno fa, ho
incontrato un collega della Provincia che abita in paese. Ero in giro per
mappare i boschi del territorio e il collega, nonostante fosse in ferie, è
stato prodigo di consigli, mostrandomi con un’applicazione del suo nuovo i-phone
alcune aree, mentre la moglie lo aspettava impaziente in macchina con la spesa.
San Giovanni in Croce
si trova, come suggerisce il nome, ad un crocevia. Qui infatti passa l’Asolana,
che collega Casalmaggiore e Piadena, e termina la Via Giuseppina, che da San
Giovanni porta a Cremona. Una posizione che, almeno a livello locale, la sua
importanza ce l’ha. Forse non è proprio il centro del mondo, però di qua alcuni
personaggi di rilievo ci sono passati. Anche il grande cinema ha toccato San
Giovanni: nella cascina Fenilone – proprio lungo l’Asolana, in direzione
Casalmaggiore – sono state girate alcune scene del celeberrimo film Novecento di Bernardo Bertolucci.
E’ sera ormai, ed è
tempo per noi di riprendere la Giuseppina e tornare verso casa. La giornata di
oggi è stata molto istruttiva ma rimane in sospeso la visita all’interno di
Villa Medici del Vascello, per la quale ci siamo dati un ipotetico appuntamento
con le nostre guide. Sperando di vederla in tutto il suo splendore la prossima
volta, passando dal crocevia.