Pag, 18/8/2012
Poco dopo la spiaggia di Pudurica inevitabilmente
si materializza la coda che ci aspettavamo. Le auto in fila in attesa iniziano
ancor prima del cartello che segnala i due chilometri da Mišnjak, partenza dei
traghetti per la terraferma. E’ il sabato dopo Ferragosto, ma con i giorni a
nostra disposizione non avremmo potuto fare altrimenti. Per ingannare l’attesa
guardo la nazionalità delle auto in coda. A Rab abbiamo incontrato soprattutto
tedeschi ed austriaci, ma ci sono anche parecchi italiani e diversi francesi,
oltre a turisti dei paesi balcanici e dell’Est Europa. Non mancano poi alcune
auto con targa serba. Timidi segnali di disgelo, forse cenni di ricomposizione
della “Jugosfera”, come la definisce Andrea Ragona, autore – insieme a Gabriele
Gamberini – di Yugoland, appena
uscito nelle librerie italiane. Il libro che mi accompagna quest’estate è
perfetto per il nostro viaggio: una sorta di reportage contemporaneo dai paesi
che componevano la Jugoslavia, con i linguaggi della fotografia e del fumetto a
supporto delle suggestioni di viaggio, musicali e di costume.
Faccio zapping sull’autoradio, trovando
soprattutto emittenti italiane. A turno passano gli artisti citati ieri sera
dal figlio di Ante, che ci ha snocciolato i nomi di tutti i cantanti italiani
che conosceva. Occupiamo così le due ore di attesa, poi dieci minuti di
navigazione, poche decine di chilometri per raggiungere Pržena e un’altra ora
di attesa per il traghetto che ci porterà a Pag. Ci consoliamo pensando che a
chi sta percorrendo il tragitto nella direzione opposta va molto peggio: il
lungo serpentone di auto in attesa dell’imbarco è visibile fin dalla
terraferma, scintillante sotto al sole in mezzo al brullo e pietroso versante
orientale dell’isola.
La navigazione è breve, più o meno quanto quella
per raggiungere Rab. Ad attenderci, un paesaggio estremo e lunare; la
vegetazione fa la sua timida comparsa solo dopo qualche chilometro, delimitata
da una serie regolare di alti muretti a secco, dall’andamento sinusoidale a
seguire i rilievi del terreno, come una specie di reticolo che copre questa
zona dell’isola.
Il primo impatto con gli altri turisti non è dei
migliori. Incontriamo in successione: un gruppetto di burini croati che gettano
in mare mozziconi di sigarette e bottiglie di birra vuote, giustamente ripresi
da Sara; due auto di ragazzotti italiani che interagiscono con le ragazze della
pompa di benzina come se fossero le lucciole dell’Est Europa che sono abituati
a vedere sui viali delle loro città; due neonazisti tedeschi, venuti forse in
avanscoperta in vista della futura occupazione del Regno di Jugoslavia.
Novalja è il principale centro turistico
dell’isola e punta molto sulla vivacità della vita notturna. Poco interessati
dalle discoteche, scendiamo fino alla città di Pag, dove troviamo un minuscolo
appartamento. I prezzi sembrano maggiori di quelli delle altre isole croate,
anche se, utilizzando come termine di paragone quelli italiani, risultano
accettabili.
Ad accompagnarci all’appartamento è Marta, che
aiuta la madre nel lavoro all’agenzia turistica. Ha vissuto sei mesi a Siena e
si lamenta anche lei del costo della vita in Italia. Ci lascia le chiavi e ci
indirizza da Ivanka, la padrona di casa, che dopo essersi presentata ci indica
il sentiero che in tre minuti porta al mare. Abbiamo così voglia di farci un
bagno che ci mettiamo anche meno.
Nessun commento:
Posta un commento