L’Isola della Certosa,
dopo decenni di utilizzo a scopo militare, ha vissuto un lungo periodo di
abbandono, nonostante l’immediata vicinanza con Venezia. Ma una decina d’anni
fa è sorta l’idea di crearvi un cantiere navale, che inizialmente doveva
servire piccole imbarcazioni. Oggi il cantiere è già attivo, ed è stata
realizzata una grossa darsena. In realtà le imbarcazioni ormeggiate non sono
così piccole: questo è un aspetto che ha sollevato alcune critiche da parte di
chi sperava si trattasse di un progetto pensato più per i veneziani. Fatto sta
che c’è più movimento di quanto immaginavo, tenendo conto anche del fatto che i
lavori per la realizzazione del parco urbano sono ancora in corso. L’isola ha
una sua valenza ambientale e naturalistica: la porzione urbanizzata è piuttosto
ridotta ed ospita un albergo-ristorante, il polo nautico e la casetta di
Legambiente dove pernotteremo.
Motivo della nostra
presenza – mia e degli allievi del corso di formazione professionale che
accompagno – è un workshop sulla realizzazione di isole galleggianti sulle quali
realizzare orti e giardini, sull’esempio di quanto avviene in varie parti del
mondo. Il modello è quello delle barene, biotopi tipici della Laguna di
Venezia. Si intende utilizzare del materiale di recupero, che sull’isola non
manca dal momento che le correnti sospingono su alcune piccole spiagge del suo versante orientale i rifiuti
provenienti dal mare aperto.
Il nostro raggio d’azione
è fondamentalmente compreso tra i Giardini (l’iniziativa è inserita all’interno
della Biennale dell’Architettura e del Paesaggio) e l’isola della Certosa.
Abbiamo modo perciò di goderci anche il quartiere di San Pietro di Castello, che
assieme ad alcune zone di Cannaregio e Dorsoduro è una delle ultime aree dove
si sono ritirati i veneziani assediati dai turisti internazionali. L’isola
della Certosa è raggiungibile da Sant’Elena e da San Pietro (San Piero per i
veneziani), ma durante i giorni della nostra visita il sistema trasportistico è
stato modificato proprio a causa dei lavori sull’isola. Nei quattro giorni trascorsi
a Venezia abbiamo però anche l’occasione di fare una passeggiata fino a San
Marco, dove i complessi suonano davanti ai turisti stranieri incantati e
sorpresi dall’acqua alta che ha sommerso ampie porzioni della piazza.
Le barene della
laguna di Venezia – isolotti a pelo d’acqua che con l’alta marea vengono
parzialmente sommersi – abbiamo modo di visitarle direttamente durante un’escursione
in barca con i ragazzi di Venice on Board,
associazione sportiva che ha come obiettivo la salvaguardia delle tecniche di
navigazione, con particolare attenzione a quelle tipicamente lagunari. Emiliano
e Nicola ci mostrano tutta la loro passione e ci danno anche modo di provare la
voga alla veneta. La tecnica è meno immediata di altre: toccherà fare esercizio
a Po una volta tornati a casa.
Emiliano parla dei
problemi della laguna e dei fattori che mettono a rischio le barene. Gli
argomenti sono gli stessi dell’ecologo Lorenzo Bonometto, che per noi ha tenuto
una lezione il giorno precedente: in primo luogo l’infelice scelta del sito
petrolchimico di Porto Marghera ed i canali di navigazione che attraversano la
laguna per consentire il passaggio delle Grandi Navi. Oggetto di critiche è
anche il Mose, il sistema di dighe mobili col quale si vorrebbe proteggere Venezia
dall'acqua alta. Le critiche non sono solo tecniche ma anche politiche: siamo
arrivati a Venezia nel bel mezzo della bufera suscitata dalle inchieste della
magistratura su un presunto giro di tangenti volto a favorire la realizzazione
della grande opera.
Oltre alle barene
visitiamo l’isola di San Francesco, che ospita un convento di frati, e quella di
Sant’Erasmo, detta anche “l’isola degli orti”. Qui infatti erano situati gli
orti che rifornivano la città di Venezia, tradizione che in parte sopravvive ancora
oggi. La sera invece ci aspetta la proiezione de La lingua del Santo, film ambientato tra Padova e la laguna veneta.
Il regista, Carlo Mazzacurati, è scomparso da poco. Lo ricordiamo per le approfondite
considerazioni sul Veneto (come nel caso de La
giusta distanza, ambientato nel Delta del Po, di cui abbiamo già parlato in
questo blog). In linea con questi quattro giorni, l’occasione di vedere Venezia
e il Veneto da un punto di vista diverso.