Torino, 18/11/2012
Domenica mattina.
Per trovare la vita torinese raggiungiamo il Parco del Valentino, che si
sviluppa lungo il Po nel tratto immediatamente a monte dei Murazzi. Entriamo
nel Borgo Medievale, costruito in occasione dell'Esposizione Universale del
1884 ad imitazione di alcuni borghi piemontesi e valdostani. Ci fermiamo in uno
dei tanti banchetti a comprare nocciole, facciamo una foto di gruppo e
ritorniamo sui nostri passi. Intanto i bambini giocano nel parco, i ciclisti
pedalano sugli itinerari ciclopedonali, i canoisti scivolano lungo il Po. Per
vedere i podisti invece bisogna ritornare verso il centro: oggi infatti si
corre la Maratona di Torino.
Lo scenografico
Viale Po collega il fiume con Palazzo Reale e la chiesa di San Lorenzo.
Aggiriamo i giardini reali, purtroppo chiusi e parzialmente abbandonati, e
raggiungiamo “Il Quadrilatero”, il nucleo più
antico della città. Anche qui la pianta è rigorosamente ortogonale, ma le vie
sono più strette ed hanno un aspetto intimo. Torino è famosa anche per le sue
gelaterie: in una di queste stradine mi prendo un gelato al gianduia, e mi
sembra di rendere un doppio omaggio alle tipicità del luogo.
Tutti giù per terra è il titolo del libro
d'esordio di uno dei più famosi scrittori torinesi, Giuseppe Culicchia (la trasposizione cinematografica, neanche a farlo apposta, è sempre di Davide
Ferrario). E sotto terra, che c'è? Per scoprirlo bisognerebbe seguire uno degli
itinerari che si sviluppano attraverso i cunicoli sotterranei di questa città,
per la quale si sono sprecati gli aggettivi: esoterica, misteriosa, occulta...
Peccato non averne il tempo, visto che tra meno di un'ora parte il treno che ci
riporterà verso casa. Per la cronaca, pare che una delle porte per l'inferno si
trovi in Piazza Statuto, ma io ho temuto di trovarla scendendo le ripide scale
a chiocciola per raggiungere i fatiscenti bagni del locale dove ci siamo
fermati a mangiare una pizza alle acciughe.
Risalito in superficie sano e salvo non mi resta che
ringraziare Leonardo e Miriam per questo fine settimana. Le nostre guide - un
pratese ed una cremonese - sono state all'altezza della situazione,
raccontandoci la città con lo sguardo esterno di chi non è nato qui ma con gli
occhi partecipi di chi ci vive. D'altra parte, mi spiega Leonardo, i torinesi
doc ormai è difficile trovarli: questa è stata a lungo una città di
immigrazione (in particolar modo calabresi e siciliani) ed in parte lo è
tuttora, anche se in maniera diversa, come testimonia la loro storia. Torino,
più volte decaduta (ex capitale, ex città industriale), sembra si stia
riprendendo ancora una volta. Ma un'altra minaccia incombe sul cielo di Torino:
quella dell'indebitamento del Comune, che secondo alcuni sarebbe dovuto in
buona parte proprio a quella che doveva essere la principale occasione di
rilancio, ovvero le Olimpiadi invernali del 2008. Non possiamo che augurarci
l'ennesima ripresa: Torino ci ha dimostrato di saper risorgere dalle proprie
ceneri, come quell'araba fenice che ci riporta alla prima visita nel capoluogo
piemontese, sperduti in una scolaresca in gita al Museo Egizio.