Lindos (Grecia), 18/8/2014
Eccoci
nel porto di Rodi, di fronte al punto in cui si presume fosse collocato il
famoso Colosso, una delle sette meraviglie del mondo antico. La statua, secondo
le ricostruzioni, era alta almeno 28 metri e crollò a seguito di un terremoto.
Le sue rovine rimasero sul fondale marino per circa otto secoli, finché gli
arabi, nel 672 d.C., non le rimossero.
Noi
non siamo a Rodi sulle tracce del Colosso ma dell’agenzia viaggi dove
prenderemo indicazioni per pianificare la restante parte della nostra vacanza,
tutt’ora avvolta nel mistero. Cerchiamo l’indirizzo esatto tra le vie di lato
al Mandraki Harbour, caratterizzate dalle presenza di diversi edifici di epoca
fascista. Come cinque anni fa nelle isole Ionie, ci troviamo in terre che
furono italiane. Ho letto al riguardo, pochi giorni fa, che la Grecia – spinta
nella direzione della dismissione di buona parte del patrimonio pubblico dalle
sempre più pressanti richieste dell’Unione Europea – ha messo in vendita la
villa progettata per ospitare Mussolini, situata proprio sull’isola di Rodi.
Ma per ricostruire la storia di Rodi bisogna andare ben più indietro nel tempo rispetto alla dominazione italiana: ci saranno d’aiuto le tantissime tracce che si incontrano nella città, a partire da Odòs Ippotòn (la via dei Cavalieri).
Questa strada acciottolata in lieve pendenza è caratterizzata dal susseguirsi dei palazzi dei cavalieri di San Giovanni, dove venivano ospitati i pellegrini provenienti dalle varie zone dell’Europa e diretti a Gerusalemme. L’ordine oggi conosciuto come “Cavalieri di Malta” ebbe sede a Rodi tra il 1309 ed il 1523. In cima alla salita ecco il bellissimo Castello del Gran Maestro, situato al limite della città vecchia (delimitata da un’imponente cinta muraria, integralmente conservata).
Ma per ricostruire la storia di Rodi bisogna andare ben più indietro nel tempo rispetto alla dominazione italiana: ci saranno d’aiuto le tantissime tracce che si incontrano nella città, a partire da Odòs Ippotòn (la via dei Cavalieri).
Questa strada acciottolata in lieve pendenza è caratterizzata dal susseguirsi dei palazzi dei cavalieri di San Giovanni, dove venivano ospitati i pellegrini provenienti dalle varie zone dell’Europa e diretti a Gerusalemme. L’ordine oggi conosciuto come “Cavalieri di Malta” ebbe sede a Rodi tra il 1309 ed il 1523. In cima alla salita ecco il bellissimo Castello del Gran Maestro, situato al limite della città vecchia (delimitata da un’imponente cinta muraria, integralmente conservata).
La
Hòra è il quartiere ottomano della
città, con le sue moschee e le piazzette con le fontane ed i tavolini di bar e
ristoranti, situati all’ombra di maestosi alberi. In contrasto con una certa
mondanità della Hòra, il quartiere
ebraico è fatto di vie tranquille sulle quali si affacciano piccole casette in pietra,
parte delle quali in stato di abbandono. In ogni caso, anche nel quartiere
ebraico, a Rodi l’ultimo dei problemi è trovare un posto dove fermarsi per
mangiare una moussaka o una taramosalata.
Di
rientro verso Lindos, superato Kolymbia, seguiamo le indicazioni per Monì
Tsambikis. Abbiamo letto che il santuario è meta di pellegrinaggio da parte di
molte donne con problemi di fertilità, che si trascinano fin quassù sulle
ginocchia e senza proferire parola, con l’intento di chiedere di concepire un
figlio. Il resto della storia ce la raccontano due italiani incontrati lungo il
cammino. “All’epoca della dominazione italiana le donne del posto portarono
quassù la moglie del maresciallo, che non riusciva ad avere bambini. Ciò
avvenne all’insaputa del marito, che era scettico al riguardo. Lei rimase
incinta. Anche quando ci fummo liberati e Rodi tornò alla Grecia, i due
tornarono più volte, come forma di ringraziamento”. A Monì Tsambikis c’è tutta
una ritualità, che ci viene spiegata nei dettagli: affascinante, ma al tempo
stesso talvolta caratterizzata da un senso di disperata ossessione (incontriamo
anche donne che piangono sommessamente di fronte ad un cumulo di bambolotti con
le fattezze di neonati).
Nessun commento:
Posta un commento