Pigadia (Grecia), 25/8/2014
“Dovrai
fare attenzione al Meltemi”, così mi ha detto un paio di mesi fa uno skipper
incontrato sull’isola della Certosa, a due passi da Venezia, appena saputo che
mi aspettava un viaggio nel Dodecaneso. Era convinto che ci sarei venuto in
barca a vela. Farò comunque tesoro del suo insegnamento in sella al nostro
scooter, facendo attenzione alle folate di vento caldo che soffia da Sud-Ovest.
Ci
mettiamo dunque in moto tra le pecore che brucano sulle montagne intorno a
Pigadia. Percorriamo qualche chilometro verso sud e ci fermiamo ad Ammopi. Qui
il mare, tra piccole calette di ciottoli, rocce e grossi scogli all’interno dei
quali si aprono cavità naturali, è l’ideale per chi vuole nuotare con la
maschera ed ammirare da vicino la variegata fauna ittica di Karpathos.
Come
spesso accade qui in Grecia, quello che nelle nostre intenzioni voleva essere
un pasto frugale diventa un pranzo di tutto rispetto, un po’ per l’ospitalità
(viene sempre servito qualcosa da stuzzicare appena ci si siede a tavola oppure
in chiusura del pasto), un po’ per la generosità delle porzioni ed un po’ per
il prezzo contenuto. Prendiamo infatti posto in una taverna vicino al mare,
circondata da rose, capperi, melograni, rosmarino e bouganville, ed ordiniamo
una porzione digyros ed una di pastitsio (pasta al forno con carne e
besciamella). Ci serve un ragazzone greco-canadese che ci parla in italiano con
un forte accento americano. Anche oggi spendiamo tra i 20 ed i 25€ mangiando
tranquillamente in due. In questo modo il cibo mantiene la sua funzione di
socialità ed il pasto fuori casa è alla portata di quasi tutti.
Planiamo
percorrendo a ritroso la discesa che porta in direzione dell’aeroporto, ben
visibile da quassù, oltre uliveti sparsi, pietraie, macchia mediterranea,
casette bianche disseminate qua e là. E’ la coda di Karpathos: la piana
dell’aeroporto ed un piccolo massiccio montuoso.
Anche
qui c’è una spiaggia prediletta dai surfisti: quella di fronte all’isolotto di
Prasonisi, che neanche a farlo apposto è quasi omonimo del promontorio di Rodi
famoso per la stessa disciplina, visitato qualche giorno fa.
Poco
dopo di noi arriva in spiaggia una famiglia di greci. Nemmeno il tempo di
sistemare le proprie cose: il padre guarda in acqua, indica il fondale e
ripete: “Lagokefalo! Lagokefalo!”. La bambina sembra piuttosto impressionata ed
i quattro ritornano sui loro passi, abbandonando la spiaggia. Rimaniamo
titubanti anche noi, soprattutto perché ignoriamo cosa sia esattamente questo lagokefalo. Poi decidiamo di entrare in
acqua e sfidare la bestia mitologica. Fortunatamente questa non si palesa e
nuotiamo tranquilli, asciugandoci poi sui ciottoli osservando i disegni che il
Meltemi crea sferzando la superficie marina. Per quanto riguarda il lagokefalo, faremo al più presto le nostre
ricerche in rete.
* Qualche mese dopo, riprendendo
in mano le bozze del nostro viaggio, facciamo le opportune ricerche, scoprendo
che il lagokefalo è
un pericoloso pesce il cui morso può essere letale. Tiriamo un sospiro di
sollievo per lo scampato pericolo.
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