Castel
Thun (TN), 24/10/2014
Carta alla mano
pianifichiamo le tappe che abbiamo intenzione di affrontare lungo il tragitto
che ci riporterà a casa. Iniziamo da Sanzeno, una decina di chilometri a sud di
Malosco: parcheggiamo l’auto di fianco al Museo Retico (pare sia interessante,
ma aprirà solo nel pomeriggio e sono ancora le dieci del mattino). Da qui
prendiamo il sentiero verso l’eremo di San Romedio, che si sviluppa
inizialmente attraverso coltivazioni di mele.
Riguardo al frutto
simbolo della val di Non, quanto ci è capitato di vedere più volte in questi
giorni è da manuale, ma nel senso negativo dell’espressione. Filari che seguono
le linee di massima pendenza anziché le curve di livello (il che garantirebbe
maggiore stabilità del terreno) e piante molto ravvicinate l’una all’altra (è
facile immaginare un massiccio uso di pesticidi). Amici che hanno lavorato da
queste parti potrebbero confermare i nostri dubbi: meli e viti risulteranno più
simpatici del mais di casa nostra, ma l’agricoltura intensiva è in ogni caso
ben poco sostenibile per i territori.
Il sentiero va presto
ad incunearsi nella roccia, secondo uno dei repentini cambiamenti del paesaggio
caratteristici della Val di Non: dal regno di Melinda a un profondo burrone. Ci
troviamo lungo una delle due pareti verticali che racchiudono una specie di
canyon in fondo al quale la strada asfaltata ed il torrente che solca la
vallata sembrano danzare insieme. Si ripete, su scala più grande, l’ambiente
attraversato ieri a Fondo.
In meno di un’ora si
raggiunge il bellissimo santuario di San Romedio, uno dei più antichi luoghi di
culto ed eremitaggio. All’ingresso dell’eremo è posizionata la statua lignea di
un orso: la tradizione vuole che fosse proprio un plantigrado il principale
compagno di Romedio durante l’eremitaggio. Meglio però non soffermarsi troppo a
parlare di orsi visto che non molto distante da qui, pochi mesi fa, è avvenuta
l’uccisione dell’orsa Daniza, fatto che ha sollevato numerose polemiche.
Sara non vuole
lasciare il Trentino senza avere mangiato i canederli. Ci fermiamo quindi a
Dermulo, dove abbiamo modo di assaggiare anche la mortandela, un salume tipico
locale. Ripartiamo quindi, ampiamente soddisfatti, per Castel Thun, già
proprietà della famiglia omonima – la più importante della Val di Non tra il
1100 e la metà del’900 – rilevata in tempi più recenti dall’Amministrazione
Provinciale. Nelle sale del castello, a seguito dei lavori di restauro, sono
ritornati gli arredi originali, a restituirci uno spaccato della vita
quotidiana nel maniero. Ma vale la pena di fare anche una passeggiata per i
giardini, approfittando del sole autunnale per scattare qualche ultima foto
della Val di Non da questa posizione privilegiata. La vallata è ampia, il
territorio è dolcemente ondulato e modellato dalle coltivazioni. Più in là la
prima neve autunnale sulle cime montuose. Ma tra i pendii, per le vie dei
paesi, in mezzo ai boschi, in fondo a sorprendenti burroni, c’è senza dubbio
ancora molto da scoprire.
Nessun commento:
Posta un commento