martedì 6 gennaio 2015

Luna di miele in Dodecaneso - 12. Karpathos fuori dal tempo


Emborios (Grecia), 27/8/2014

La parte settentrionale di Karpathos, con i villaggi di Diafani ed Olympos, ha sempre mantenuto una certa autonomia dal resto dell’isola. Diafani è il porto settentrionale di Karpathos ed Olympos è nato come rifugio per i suoi abitanti durante l’epoca delle invasioni saracene. Una storia analoga a quella di Pigadia e Menetes.
La strada che collega Sopa con Olympos è stata asfaltata solamente negli ultimi anni, riducendo le pendenze più estreme. Percorrendola vediamo gli operai al lavoro: stanno sistemando le reti di protezione lungo le pareti rocciose che costeggiano alcuni tratti della strada, quanto mai opportune. Oggi la strada è comodamente percorribile: procediamo tra zaffate di timo, rocce e carcasse di automobili lasciate a decomporsi a lato della carreggiata, con le nuvole che vanno e vengono proiettando ombre che si rincorrono sulla montagnosa superficie dell’isola.
Olympos ci appare d’improvviso dietro una curva, adagiato su una rupe scoscesa. La prima persona che incontriamo appena scesi dall’auto è una donna apparentemente senza età con indosso i costumi tradizionali del villaggio. Entra in farmacia, poi dal fruttivendolo ed infine torna verso casa con una celerità inaspettata, visto quel volto segnato da rughe che si avvicina alla nostra idea di eternità. Olympos è proprio questo: il simbolo di quella Grecia fuori dal tempo, che ha in buona parte conservato i propri caratteri nonostante l’arrivo dei turisti. Di donne in abiti tradizionali ne incontriamo molte altre: davanti ad un kafeneio, sulla soglia di casa intente a lavorare a maglia, nei negozi di souvenir. Anche le attività di artigianato locale sono state preservate, ad esempio la lavorazione dei tessuti e la fabbricazione dei cestini.
Percorriamo la via principale, quella dei negozi e delle taverne: prendendo i vicoli laterali, che scendono lungo il versante della montagna, è possibile invece addentrarsi tra le abitazioni del villaggio. Arriviamo alla sommità del paese e scorgiamo, oltre l’altro versante, la frastagliata costa occidentale dell’isola, qualche centinaio di metri più in basso. Intorno a noi la sagoma dei vecchi mulini a vento, le montagne rocciose, le case in discesa fino alla zona degli orti, le strade sterrate che portano al mare.













Il paesaggio attraversato dalla strada che scende a Diafani è un po’ diverso, più verde e caratterizzato dai pini marittimi piegati dal vento. Ci fermiamo in paese per prendere un caffè helleniko in uno dei locali sul lungomare, davanti alla piccola spiaggia di ciottoli piatti e scuri.












Al ritorno, superata Sopa, prendiamo la strada che porta verso Mesochori e Lefkos, sulla costa occidentale, dove è possibile incontrare spiagge poco frequentate. 

Tagliamo poi per i paesi dell’interno, attraversando Pyles ed Othos. Qui carichiamo in macchina una signora sui cinquant’anni che ci chiede un passaggio per Pigadia. Suo marito lavora lì: ha una barca con cui porta in giro i turisti. In buona parte italiani, ci spiega, ma anche parecchi israeliani. “Strana gente… ma sono ricchi”. Il turismo è una voce fondamentale per l’economia dell’isola, ma non può essere la sola. “C’è molta gente, in questi giorni: peccato non sia sempre agosto”.
Ci salutiamo a Pigadia: noi restituiamo l’auto e ci dirigiamo verso il porto. Destinazione: Kasos.