mercoledì 28 novembre 2012

Brevi dalla Maremma - 1. Bagno tra le rovine etrusche



Torniella (GR), 27/8/2012

Io e Fausto siamo ai piedi del castello di Populonia quando arriva la chiamata di Stefano, terzo componente di questa trasferta improvvisata in Maremma: sta telefonando da Piazza dei Miracoli. E’ partito autonomamente in vespa perché rimarrà in viaggio anche dopo il nostro rientro. Abbiamo tutto il tempo di fermarci a visitare la mostra di un artista locale, mangiare una panzanella, scendere la strada panoramica che costeggiando la zona archeologica porta al Golfo di Baratti e fare il bagno tra le rovine etrusche, oltre la bella pineta.

L’aggiornamento sulla posizione del nostro amico ci giunge sulla strada per Torniella: è a Volterra, dove si è fermato in un campeggio, provato dal viaggio. Ci raggiungerà domani. Noi passiamo per Roccastrada per un saluto agli zii di Fausto ed ai parenti di Annicco, che sono qui in visita. Ne usciamo con cinghiale in tutte le salse, o meglio, in umido e in salsicce.
Raggiungiamo Torniella: non la solita casa, che è occupata, ma quella di un’amica della zia di Fausto. Tiriamo fuori il cinghiale. Apriamo il frigo: formaggio toscano. Il Monteregio di Massa Marittima ce lo mettiamo noi. La cena è bell’e pronta.

lunedì 26 novembre 2012

La mia città in quattro stagioni - Autunno



Il buio mi coglie di sorpresa, mentre sto camminando per via Ermelinda Tinti. E’ un buio strano, quello che mi trovo di fronte appena uscito dal doppio fornice, diverso da quello punteggiato di luci intorno alla città, da quello rischiarato dal bagliore dei lampioni delle vie del centro, da quello assoluto della campagna nelle notti senza luna. Il buio che cade tra le braccia della nebbia, che si è diradata un poco giusto all’ora di pranzo ma è prontamente ridiscesa in tempo per attenderlo, è un buio irreale, forse malato, luminoso a suo modo. L’umidità mi penetra nelle ossa, i capelli si fanno crespi e bagnati. Con lo sguardo cerco qualcosa che mi dia un’idea di calore; mi accontento della radiale – denominazione prettamente cremonese dell’autobus urbano – parentesi arancione nel grigio-blu. Colgo qualche sguardo dai finestrini del mezzo semivuoto: anziane sole con la borsa della spesa, ragazze africane che si accarezzano le treccine, un paio di adolescenti diretti forse in qualche quartiere periferico dove i palazzi finiscono nei campi divorati dalla nebbia: Cambonino, Maristella, Zaist…
E’ dura abituarsi al ritorno dell’ora solare, ma è pur sempre sabato pomeriggio. In autunno i fine settimana ricordano quelli dell’adolescenza. D’estate è diverso, si esce quasi tutte le sere e si tira tardi anche se il giorno dopo si va a lavorare. Negli altri mesi dell’anno non è così, ed il sabato sera rimane sempre carico di aspettative, anche se non c’è più la dirompente carica dei sedici anni che sicuramente sta spingendo i due ragazzini sulla radiale a discutere del programma della serata, delle amichette con cui provarci o delle feste in cui imbucarsi per prendersi una sbronza colossale. Così, se ieri sera mi portavo addosso ancora un po’ della stanchezza della settimana, oggi me ne sono stato in casa a riposare, ed ora sono nel pieno delle mie forze.
E’ bello sentirsi protetti dalla coltre di nebbia, avvolti dal riverbero del torpore autunnale. Il fatto di non vedere nulla oltre questi pochi metri davanti a me rende tutto più intimo. Le vie del centro non sono ancora state invase dalle luminarie natalizie, che ogni anno cercano di anticipare sempre di più le feste, e la Festa del Torrone slitta indietro di qualche giorno, nell’illusione che dalle tasche sempre più vuote dei cremonesi escano sempre più denari da immolare all’altare del Consumo. Il Natale è la nostra prossima meta, ma ogni cosa a suo tempo, e questo è il tempo della malinconia autunnale, del tappeto di foglie gialle e rosse nel giardinetto di Largo Paolo Sarpi e della nebbia che fa si che mi renda conto di essere arrivato in via Aselli solo perché è terminato l’asfalto e comincia il pavimento lastricato.
In questa atmosfera raccolta viene voglia di infilarsi in una delle tante chiese di Cremona, che sono solo una piccola parte di quelle presenti un tempo, elencate nel libro di Luciano Dacquati intitolato 101 altari scomparsi: il compianto studioso racconta che gli edifici religiosi erano moltissimi (anche se i bordelli non erano da meno; noi italiani siamo così). La maggior parte dei turisti in visita a Cremona si limita ad entrare in Duomo e a scattare qualche foto, ma varrebbe la pena di fare un bel tour delle chiese cremonesi, a partire da San Sigismondo, una perla incastonata nell’omonimo borgo, quartiere periferico dell’estremità est della città, in una zona paesaggisticamente molto bella ma deturpata dalla sciagurata pianificazione territoriale cremonese che l’ha chiusa tra la discarica e l’inceneritore da un lato e l’Ospedale Maggiore e il carcere di Ca’ del Ferro dall’altro. La presenza delle monache di clausura ha limitato la visitabilità del chiostro ad occasioni particolari, ma la chiesa è sempre accessibile ed è considerata la seconda della città in ordine di importanza al pari di San Michele, a due passi da Porta Romana. Ma nel centro cittadino ce ne sono in abbondanza, di chiese degne di nota: Sant’Agostino, che risulta ancora più imponente nella piccola piazza acciottolata, San Pietro a Po, che deve il suo nome alle acque del Grande Fiume che un tempo ne lambivano il sagrato, Sant’Abbondio, “una delle sette chiese” (come si legge sulla facciata). Cremona, città della musica, tra qualche settimana aprirà le porte delle sue chiese ai concerti natalizi: Santa Lucia, nei pressi di Porta Po, la graziosa San Bassano, nei quartieri della Leggera raccontata da Danilo Montaldi, Santa Maria Maddalena, riaperta da qualche anno grazie ai volontari del Touring Club Italiano.
Finisco proprio in Piazza Sant’Agostino mentre tre ragazzi entrano al Fico. Si è fatta ormai l’ora dell’aperitivo. In questo momento Piazza della Pace inizierà a riempirsi, anche se si sta fuori giusto il tempo di una sigaretta, poi subito dentro la Tisaneria o in uno degli altri locali. Ho voglia di fare una serata come non mi accade da molto tempo: entrare al Chocolat a bere un aperitivo, raccogliere qualche amico ed andare a cena da qualche parte. All’osteria Garibaldi, per esempio, a provare gli esperimenti culinari del cuoco Paolo, tra tradizioni locali e sapori del resto del mondo. O da Mellini, il cui ingresso, quasi nascosto tra le abitazioni, ne fa già pregustare la cucina casalinga. Oppure da Cerri, per assaggiare il rinomato stinco ed altre tipicità cremonesi. Oppure ancora al Bissone, la storica osteria del centro, che ancora offre un’ottima cucina. Certo la Cremona di Ugo Tognazzi non esiste più, e nelle osterie non si va più per suonare la chitarra e tirare tardi davanti a qualche bottiglia di vino. Bisognerà inventarsi qualcos’altro per il dopo cena: magari si può fare un salto dagli amici del circolo Arci di via Speciano e ascoltare della buona musica. E’ sabato sera, anche in mezzo alla nebbia. Anche d’autunno. Anche nella nostra tranquilla città.

giovedì 22 novembre 2012

E il viaggio continua - 11. Invito al viaggio



Prosecco, 23/8/2012

Seduto ai tavolini del bar all’ingresso del campeggio faccio colazione con un gelato, mentre davanti a noi passa un trenino carico di musicisti che suonano fisarmoniche, trombe e altri strumenti a fiato. Risveglio dolce, ma anche un po’ salato, e non perché il gelato fosse al cioccolato, ma perché il conto del campeggio è superiore a quanto ci aspettavamo. Certo, si tratta di una delle strutture più attrezzate dell’Istria, però ormai è possibile trovare camere a prezzi inferiori e questo, tenendo conto anche degli inconvenienti pratici che abbiamo avuto, ci fa riconsiderare l’idea di fare campeggio per risparmiare nell’ottica dei prossimi viaggi.

Siamo venuti a Trieste a fare a tanto shopping …Radio Istra trasmette un divertente brano dei Postolar Tripper – un gruppo ethno-reggae di Zara – che ricorda i tempi in cui dalla Jugoslavia si andava nella città giuliana, immediatamente oltre il confine di stato, per procurarsi beni difficilmente reperibili nella SFRJ. Noi invece dobbiamo finire le kune e lo shopping lo facciamo a Buie, cittadina istriana storicamente caratterizzata da una forte presenza italiana (infatti negli anni ’50 ha subito un significativo spopolamento). Oggi Buie sembra un po’ in ripresa; salendo verso Trg Slobode incontriamo parecchia gente. Tra botteghe retrò, negozi più moderni e scritte Vogliamo Tito ancora leggibili sui muri è tutt’ora frequente sentire parlare italiano. Appoggiati ad un muretto nei pressi del Duomo di San Servolo ci godiamo la vista sui colli istriani, poi entriamo in una delle piccole botteghe viste in precedenza ed acquistiamo prosciutto istriano (molto buono, leggermente affumicato), birra Favorit ed altri prodotti tipici.

Lungo la via del rientro, nella periferia di Capodistria, ci coglie il primo momento di tristezza, imprigionati nel traffico della tangenziale tra concessionarie e centri commerciali. Ma c’è il tempo per un’ultima sosta; decidiamo di giocarcela in Italia. A Prosecco – piccolo paese ad una manciata di chilometri da Trieste – ci eravamo già passati altre volte, ma oggi gli dedichiamo più attenzione. Dopo avere passeggiato tra le vecchie case ci fermiamo alla Trattoria Sociale, giusto di fronte all’incrocio dove i segnali stradali dal sapore vintage indicano la spettacolare strada che scende in città passando sotto al Faro della Vittoria. Un bel piatto di gnocchi alla coda di rospo, uvetta, pinoli e rosmarino e uno strudel alle pesche sono la degna chiusura del nostro viaggio.

Prosecco, un altro paese, un altro pezzo di terra dove finora eravamo transitati distrattamente e dove oggi abbiamo passato qualche ora piacevole. In tutto questo viaggio abbiamo incontrato pezzi dei nostri viaggi passati, riscoperto angoli trascurati, conosciuto posti nuovi e visto altri dove già sapremo che torneremo. E l’orizzonte costantemente punteggiato di litorali, scogli ed isole altro non era se non un invito a continuare il viaggio. Quest’anno non ci è venuta voglia di fermarci da qualche parte, ma di ripartire, trangugiare paesaggi con avidità, senza arrivare a sazietà, come se il viaggio non dovesse finire mai. E già sappiamo che riprenderà presto…

martedì 20 novembre 2012

E il viaggio contina - 10. Foto-ricordo di Parenzo


Tar/Torre, 22/8/2012

Ripercorrendo a ritroso la Jadranska Magistrala rivediamo le immagini di tante vacanze passate, non solo di questa che sta per finire. Siamo titubanti sulla scelta dell’ultimo posto dove pernottare, poi decidiamo di tirare dritto lungo la costa quarnerina e dopo Abbazia deviare verso l’Istria. Un piatto di calamari a Bakarac, poi riprendiamo la strada che costeggia la baia di Buccari e risale verso Fiume cercando le indicazioni per la E8, arteria stradale di recente realizzazione che attraversa la penisola istriana per poi immettersi nell’autostrada – anch’essa realizzata nell’ultimo decennio – che collega Umago con Pola.
Nei pressi del Monte Maggiore vediamo alzarsi in cielo due colonne di fumo; anche qui incendi boschivi, ma fortunatamente i vigili del fuoco sono già sul posto. Dall’Učka proseguiamo per Pisino e da qui verso la costa orientale dell’Istria: poco per volta le montagne fanno posto ad un paesaggio collinare e fra i boschi iniziano a comparire i campi coltivati. Usciamo a Parenzo e prendiamo la bella strada che porta a Vabriga (Abrega) e Tar (Torre), lungo la quale scorrono tanti ricordi d’infanzia: terra rossa di ulivi, viti e strutture ricettive come il grosso camping Lanterna, dove decidiamo di pernottare, giusto per andare sul sicuro. Come al solito abbiamo dei seri problemi con l’attrezzatura da campeggio, ma non permetteremo che questo influisca sul nostro umore o sul nostro programma, che prevede bagni fino al tramonto, a cui assistiamo dalla solita spiaggia con vista su Cittanova e sulla baia dove il fiume Quieto sfocia nell’Adriatico.
Amo l’Istria perché, anche in pieno agosto, è capace di proporti, a due chilometri dal mare, un paesino tranquillo, dove sostare nella quiete di una trattoria frequentata soltanto dai locali e da pochi turisti. Ad Abrega mangio un bel piatto di fusi col gulasch, accompagnati da un buon Merlot. Ma per l’ultima serata in Croazia vogliamo concederci anche un po’ di mondanità, così facciamo un salto a Parenzo, dove passeggiamo tra le vetrine del Decumano e la tranquillità dei vicoli laterali. Ci facciamo pure “abbindolare” da un artista di strada che riesce a stuzzicare la nostra curiosità: lo vediamo armeggiare con gran rapidità con forbici e carta, finché non ci restituisce i nostri profili ritagliati su di un cartoncino scuro. Molto somiglianti, non c’è che dire. Sarà questa la nostra foto-ricordo di Parenzo.

domenica 4 novembre 2012

E il viaggio continua - 9. Ultimo bagno a Pago



Pag, 21/8/2012

Arrivando dal nostro appartamento, il centro della città di Pago è preannunciato da una striscia di terreno che separa il golfo dalle saline, sulla quale sorgono una spiaggia, negozi, appartamenti ed alcune strutture turistiche. La via parallela alla spiaggia è piena di chioschi che vendono souvenir, nel classico stile croato, con quel tocco di pacchianeria che caratterizza i paesi che hanno avuto un passato culturalmente diverso dal nostro e che per dimostrare di averlo superato tendono a scimmiottare certe abitudini occidentali.
Il vecchio ponte porta al nucleo antico della città di Pag, che si sviluppa lungo vie ortogonali al cui centro è collocata Trg Petra Krešimira IV – la piazza principale – con la cattedrale di Santa Maria Assunta. L’impianto urbanistico della città è interessante, anche se il centro storico non è affascinante quanto quello di Rab. Tra i vicoli ci imbattiamo con una certa frequenza nelle signore del luogo che vendono i merletti, prodotto artigianale caratteristico dell’isola. Un altro elemento importante della cultura di Pag è costituito dai costumi tradizionali: è possibile vederne alcuni esempi in un piccolo museo a fianco della cattedrale.

Ripartiamo da Pag con l’intenzione di spostarci di pochi chilometri e visitare una delle spiagge più immortalate sui depliant turistici, poi non troviamo la via per raggiungere il litorale che si affaccia sulla terraferma. Percorriamo quindi la piana che si estende a sud della città, tra saline e laghetti. Proseguiamo fino a Miškovići, ultimo centro prima del ponte che collega l’isola con la costa dalmata, poco distante da Zara. Facciamo il bagno in una piccola spiaggia frequentata soprattutto da famiglie: un ambiente gradevole, anche se il mare non è all’altezza di quanto visto finora sull’isola. Costante del viaggio, anche qui la vista sul mare aperto ci è preclusa. Di fronte a noi la sponda opposta del golfo: decidiamo di raggiungerla. Il paesaggio è brullo a perdita d’occhio ma i rilievi sono più dolci di quelli visti ieri: il risultato è visivamente ancora più desolante.
La prima tappa del pomeriggio è Vlašići, con la sua bella spiaggia sabbiosa e l’acqua cristallina. Ci spostiamo poi a Smokvica, il classico paese sperduto da “fine del mondo”.
 Anche qui, come nel resto dell’isola, gli edifici di valore storico sono ben pochi, ma le terrazze con vista sul mare – raggiungibile in pochi minuti grazie ad alcuni sentieri – hanno il loro perché. Di fronte a noi promontori, isole, insenature, villaggi sparsi, un faro, una chiesetta bianca sperduta tra le rocce… Le strade tortuose e le coste frastagliate dell’isola ci hanno disorientato, e rinunciamo a cercare dei riferimenti geografici. Scendiamo alla spiaggia, decisamente poco affollata: ci sembra il posto ideale per chiudere la nostra esperienza a Pago. Siamo contenti di avere visitato l’isola, che ci ha colpito soprattutto per il suo mare spettacolare, anche se forse non vi lasceremo un pezzo di cuore, o almeno non sarà grande come quello lasciato l’anno scorso a Cres. Ma non è tempo per i rimpianti.

Lasciamo Miriam e Leo a godersela – ci hanno inviato un sms giusto ieri e pare che a Cherso vada molto meglio, nell’attesa di spostarsi a Lussino  – e salutiamo Pag con una bottiglia di rosso comprata ad un banchetto lungo la strada, non proprio paški (è stato prodotto con uve proveniente da alcune vigne vicino a Zaravecchia) ma ruspante quanto basta…