giovedì 14 luglio 2011

Volongo - En plein air

Marzo 2010




Sto camminando per i vicoli intorno alla chiesa di Volongo, che si sviluppano al centro del tracciato della vecchia scarpata in cima alla quale, in un tempo lontano, doveva sorgere un castello di cui oggi non rimane traccia. D’un tratto mi sento chiamare da una voce dalla cadenza già bresciana. Effettivamente basta percorrere pochi chilometri lungo la strada che costeggia la piccola zona industriale ed artigianale e si arriva a Fiesse, in provincia di Brescia, e la parlata del luogo ne risente parecchio. Proseguendo invece oltre il ponte sul Rio Gambara, superato il piccolo gruppo di case al di là del corso d’acqua, si raggiunge in pochi minuti la provincia di Mantova, dalla cui diocesi dipende Volongo. Cremona è in direzione opposta, oltre Ostiano, superato il ponte sull’Oglio la cui costruzione consentì il passaggio dei due comuni alla nostra provincia. Ci troviamo infatti sulla sponda sinistra dell’Oglio, in una sorta di “exclave” appartenente alla provincia di Cremona.
Ci metto poco a riconoscerlo, alla guida della station wagon di ritorno con moglie, suocera e figli dalla spesa del sabato pomeriggio. Capelli più corti ed orecchini più vistosi, ma uguale ad un tempo, è un vecchio compagno delle superiori originario proprio del guado longo sull’Oglio (questa è la probabile origine etimologica del nome del paese). Mi fa piacere incontrarlo dopo almeno cinque anni, così come mi fa piacere essere riconosciuto al volo; non devo essere invecchiato più di tanto! Giusto due parole: cosa ci fai qui, quanto tempo, eccetera. Poi le occupazioni del sabato in famiglia lo richiamano a casa.

Una decina di minuti dopo sono all’altezza dei portici di Via Garibaldi a scattare qualche foto. Ecco di nuovo il mio vecchio compagno di classe insieme al primogenito. Ci infiliamo in un bar dove un paio di avventori ingannano la noia nell’attesa del colpo del secolo al videopoker. Mi astengo dall’alcool; non bevo mai in servizio, e poi il pomeriggio è ancora lungo e devo passare anche da Scandolara e Corte de’ Frati prima che faccia buio. Si parla un po’ di lavoro, dei tempi della scuola, di musica, di certi gruppi metal dal nome truculento che andavano in quel periodo: Vomiting Corps, Impaled Nazarene, Pestilence… (io a dire il vero non mi sono mai spinto oltre Iron Maiden e Metallica). Ci congediamo in strada, e con in bocca il retrogusto del caffè risalgo in auto percorrendo le strade sterrate che scendono verso l’Oglio. Raggiungo il Rio Gambara, che in estate diventa un ritrovo per i pescatori della zona. Nella stagione dei fiori di loto poi l’ambiente è davvero suggestivo; l’andamento sinuoso del corso d’acqua, i prati intorno ed il paese in lontananza fanno quasi pensare ad un angolo di Douce France. Mi godo questa giornata di inizio primavera ripensando ai discorsi sui tempi delle superiori; quando terminai la scuola per geometri attirava anche me il campo dei rilievi topografici, non fosse altro che per la possibilità di lavorare en plein air. Sono passati parecchi anni, io mi sono rimesso a studiare ed ora eccomi qua. Non mi posso certo lamentare; sono in piena campagna, ed il sole di oggi rende più dolce il sabato pomeriggio lavorativo.

Ripasso dal paese prima di andarmene. Certe ville di Volongo hanno la targa con i loro nomi di donna in bella mostra e sembrano tutte signore di mezza età: Villa Elsa, Villa Glauca, Villa Azzurra… Sono di nuovo al punto di partenza. Ecco la cappella dedicata a Sant’Antonio. Pane di Sant’Antonio, dice la targa. Bel nome, trasuda semplicità contadina. A sinistra la strada svolta in direzione Brescia, mentre girando a destra si va verso Mantova. Io devo tornare indietro, in direzione Cremona. Volongo è un po’ fuori mano, forse, ma se vi capita di passare di qua e avete un po’ di tempo potete fermarvi. Specialmente se è d’estate, per andare a vedere i fiori di loto sul Rio Gambara...

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