martedì 13 marzo 2012

Malagnino - Villette a schiera e cascine


Luglio 2011
 
Tra i comuni della provincia, Malagnino, a causa principalmente della vicinanza del capoluogo, è uno di quelli che ha maggiormente risentito dell’urbanizzazione degli ultimi decenni. Arrivo da Cremona percorrendo la Via Postumia: il fenomeno non si è ancora arrestato. Nuove villette a schiera sono state quasi ultimate, in continuità con le lottizzazioni precedenti. Lo sviluppo del paese è ordinato, non vi sono edifici particolarmente impattanti e nel corso degli anni si sono consolidati alcuni servizi di base che fanno si che Malagnino non sia un semplice dormitorio, anche se la stragrande maggioranza degli abitanti continua a gravitare sulla città di Cremona.
E’ metà mattina, ed è una giornata di sole. Eppure sento un vago senso di insoddisfazione. Cosa c’è che non va?
C’è che non trovo le strade contorte, le case diroccate, le santelle. Non trovo la storia. Il nucleo antico di Malagnino consiste in qualche sparuta cascina. Manca persino la chiesa, e questo, anche in un “laicaccio” come me, causa un inaspettato disorientamento. Provo allora nella frazione di San Giacomo Lovara.
Qui la chiesetta c’è, e ci sono un paio di cascine. Il resto sono villette, e una zona artigianale lungo la Via Giuseppina. Imbocco la provinciale verso l’altra frazione, San Michele, che mi si presenta sulla sinistra poco dopo la grossa bottiglia di acqua minerale Sant’Andrea, una presenza pubblicitaria che mi ha sempre colpito fin dall’infanzia, tanto che nella mia mente la Giuseppina era “la Strada della Bottiglia Gigante”.
Anche a San Michele le testimonianze del passato non sono molte; ricorderei giusto la chiesa parrocchiale. Per ritrovare la storia del territorio di Malagnino occorre inoltrarsi nel paesaggio agricolo e andare per cascine. Lo faccio con una collega che abita da queste parti, fatto che mi consente di intrufolarmi nelle aie e curiosare qua e là.
A Casalmalombra non troviamo nessuno ma riesco a dare un’occhiata da fuori alla chiesetta e alla casa padronale. A Sette Pozzi invece il padrone c’è, e ci mostra un’antica ghiacciaia in mattoni a pianta circolare di fianco al portico della sua abitazione. La corte adiacente è stata recentemente oggetto di un intervento di recupero; gli ultimi appartamenti devono ancora essere venduti, come dice il cartello di fianco al portone.
A Santa Lucia Lama fotografo il bell’affresco sopra il portale, mentre di Visnadello purtoppo non rimane molto. La Malongola colpisce per la forma inusuale della pianta, ma soprattutto per un particolare porticato con archi a sesto acuto. Poco distante si trova Villa Cavalcabò, con il bel giardino cinto da un muro in mattoni che fa da cornice al palazzo padronale; una presenza architettonica di pregio e ben conservata, anche se purtroppo la retrostante Ca’ de Marozzi è in condizioni ben peggiori.
Malagnino è un paese impeccabile; consuma suolo ma con garbo, e persino la discarica riesce ad essere una presenza quasi discreta. Ci si arriva da Ca’ de Marozzi, proseguendo fino al Cassinetto, una piccola corte ormai disabitata ed inglobata nell’area della discarica. Le tapparelle abbassate per sempre mettono una certa tristezza, così come i gabbiani che volteggiano intorno. Questi uccelli sono più malinconici di quelli che volteggiano sul mare d’inverno nel famoso pezzo di Enrico Ruggeri.
Dopo la visita alla discarica ho bisogno di qualcosa che mi riconcili con il territorio e che mi dia un’idea di natura. Ca’ de Alemanni, azienda biologica e fattoria didattica, può essere il luogo che fa al caso mio. Entro con l’intento di comprare qualche formaggio, poi rimango incantato dai bambini di una scolaresca che strillano guardando gli animali. Resto a guardarli per un po’, finché non raggiungo la giusta sintonia con l’ambiente. Poi riparto; i formaggi di Ca’ de Alemanni li vendono anche al negozio dove vado a fare la spesa di solito, e siccome devo stare in giro ancora un po’ e fa piuttosto caldo è meglio non acquistare adesso.
Dalla cascina Ronco Grasselli ero già passato un paio di anni fa, quando i lavori di ristrutturazione erano appena iniziati; vedo che siamo ormai in dirittura finale. L’intervento esternamente sembra stato realizzato con un certo gusto. Il giardino interno è un po’ pretenzioso, ma se non altro la corte interna non è stata smembrata in tante piccole proprietà ed ha mantenuto la funzione di luogo di socialità. Peccato però per i quattro ulivi agli angoli del giardino, decisamente poco padani, che oltretutto dal diametro del tronco non sembrano certo provenire da un vivaio; temo invece che siano stati espiantati da qualche uliveto pugliese.
Passo tra le interessanti cascine Vigolo e Vigoletto e arrivo alla cascina Cervellara, dove trovo i proprietari che mi fanno entrare e mi mostrano l’interno di quello che fu il set di diverse scene del film La febbre, l’omaggio che il regista Francesco d’Alatri ha fatto alla città di Cremona. Qui Fabio Volo trovava rifugio dopo aver mollato tutto. Mi raccontano qualche aneddoto delle riprese. Ci sono anche i cani, gli stessi del film.
Quello realizzato da Fabio Volo ne La febbre è qualcosa di simile a quello che sognano parecchie persone che conosco. Alcuni episodi di recupero abitativo di cascine storiche qui a Malagnino sono già stati effettuati, anche se in maniera differente rispetto a quello che vorrebbero loro. Gli interventi realizzati tendono ad inseguire la tipologia della villetta a schiera; credo sia quasi inevitabile. Il mondo contadino delle cascine cremonesi non esiste più, ma se non altro in questo modo si evita altro consumo di suolo. Ipotesi alternative di recupero, già realizzate da altre parti, sono orientate sulle funzioni sociali. Più difficile al momento il recupero da parte di gruppi di privati cittadini nell’ottica di un ritorno alla vita comunitaria ancora allo stato embrionale nella coscienza collettiva.
Malagnino è questo: ciò a cui tanti cremonesi ambiscono. La villetta a schiera con giardino e l’idea di vivere in campagna. La cascina ristrutturata nel nome di una vita più a contatto con la terra. E la città lì a portata di mano, col Torrazzo ben stagliato all’orizzonte, rassicurante.

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