martedì 5 gennaio 2010

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 13. Una faccia, una razza, tanti problemi

Vathy, 28/08/09
Restituiamo con grande sollievo le due mountain bike all’agenzia in cambio di una Fiat Seicento con cui ci dedicheremo alla parte settentrionale di Itaca. E con questo abbiamo utilizzato quasi tutti i mezzi di trasporto a nostra disposizione: nave, traghetto, autobus, auto, motocicletta, bicicletta e…piedi, visto che non ci siamo fatti mancare nemmeno il trekking.
La strada che da Vathy sale lungo il versante nord-orientale dell’isola ci offre una serie di visuali panoramiche che mi astengo dal provare a descrivere per manifesta incapacità; non sono abbastanza bravo, purtroppo, oppure è stato troppo bravo chi ha creato tutto questo, che si chiami Dio, Madre Natura… non lo so, in posti come questo è inevitabile pensare a qualcosa di superiore, che noi non riusciamo nemmeno a concepire. Non a caso è proprio da queste parti che sorge il monastero di Karkhatov, dove facciamo una sosta. Riusciamo ad entrare nonostante i lavori in corso. Non solo la posizione, ma anche l’intero complesso del monastero è degno di nota.
Dall’alto della sommità su cui sorge la torre, un vigile del fuoco osserva il panorama a trecentosessanta gradi: da qui si vedono buona parte di Itaca, il versante orientale di Cefalonia e una serie di isole, isolotti e scogli di cui ignoro il nome, perse nelle varie tonalità di azzurro tra mare e cielo, sino a sfumare nel Peloponneso all’orizzonte. Gli chiedo aggiornamenti sulla situazione e mi conferma che gli incendi sembrano ormai tutti domati e che anche l’isola di Zante è stata colpita. “It’s a good place to control”, gli dico nel salutarlo. Sorride e riprende a scrutare l’orizzonte, lo sguardo di chi, perso in quell’azzurro infinito, ha tutto il tempo per pensare.
Avoghi,
perso tra le colline dell’interno, così come Frikes e Kioni, piccoli porticcioli della costa nord-orientale, sono villaggi calati in un contesto davvero suggestivo. Ci fermiamo nel tratto di costa compreso tra questi ultimi due paesi, caratterizzato da piccole calette di ciottoli incastonate tra rocce stratificate che si buttano a capofitto nel mare. Tra le rocce e la terra, che in alcuni punti si fa ferrosa e rossa come quella dell’Istria e del Salento, si fanno spazio, contorte e caparbie, le radici degli arbusti protesi verso il mare. Anche per loro la vita qui non è facile, ma la loro tenacia è quasi commovente e da più carattere alla bellezza di questo posto.
Ripartiamo nel primo pomeriggio. Il nostro viaggio è un susseguirsi di panorami mozzafiato accompagnati dalla musica di stazioni radio greche su cui ci sintonizziamo. La Seicento ci concede il lusso di
un’autoradio funzionante. Troviamo un po’ di musica tradizionale e moderna greca, alternata a Pino Daniele e Laura Pausini; le radio locali trasmettono parecchia musica italiana. Tra l’altro nelle Isole Ionie non è raro nemmeno sintonizzarsi sulle frequenze delle nostre radio.
Ad Exogi, spettacolare balcone naturale con vista sulla parte p settentrionale dell’isola, facciamo una passeggiata per le strade e le scalinate tra le rovine delle case distrutte dal terremoto del ’53 e quelle ricostruite o risistemate (generalmente con un certo gusto). Poi scendiamo a Stavros e ritorniamo verso Vathy percorrendo il versante occidentale di Itaca.
La scelta
della spiaggia dove effettuare l’ultimo bagno della vacanza è ottima: Agios Ioannis, ciottoli bianchi e acque limpidissime con vista su Cefalonia. Un’ultima foto ricordo. “E’ il nostro ultimo giorno qui”, spieghiamo al ragazzo greco che si offre per scattarcela. “Anche per me. Domani si torna all’inferno. In tutti i sensi. Vivo ad Atene”. Il suo italiano è ottimo: ha vissuto cinque anni a Roma. Parliamo un po’ dell’Italia. Alto, robusto, occhiali scuri e capelli fin quasi alle spalle, ce lo vedo a godersi la vita nelle trattorie della capitale. La sua ragazza sembra cercare di seguire il filo del discorso. Capisce anche lei qualche parola di italiano. Vive in Attica, come il fidanzato; il fuoco è arrivato a cento metri dalla sua abitazione. Per quanto riguarda i roghi che in questi giorni (anzi, è il caso di dire “in questi anni”) hanno devastato la Grecia, la risposta del nostro amico è una sola: speculazione edilizia.
Mentre rientria
mo a Vathy guardo fuori dal finestrino e penso a questo nostro povero Mediterraneo; potenzialmente sarebbe il posto ideale dove ricominciare, ma è una fortuna che spesso i popoli che lo abitano non sono capaci di meritarsi. Ripenso all’espressione del ragazzo appena conosciuto mentre parla degli incendi boschivi e leggo la stessa vergogna che tante volte ho provato in occasione delle manifestazioni più eloquenti di mancanza di senso civico offerte dai miei connazionali. Una razza, una faccia, tanti problemi.
Si avvicina l’ora della partenza. C’è il rischio che ci prenda la malinconia, così cerchiamo di scacciare i pensieri con una gyros pita ed una Mythos sul lungomare. Passeggiando tra i negozi mi compro una compilation di brani tradizionali scelta tra le tante a disposizione sulla base di criteri puramente estetici (mi piace la grafica della copertina). Ci dirigiamo poi in una pasticceria della piazza principale per un kataifi, uno dei classici dolci greci che trasudano miele e noci. Volevamo ordinare un ravani, specialità dell’isola, ma li hanno appena finiti. Pazienza, mi dico. Ci sarà un'altra occasione. E ripenso che oggi pomeriggio abbiamo bevuto
dalla fonte di Kalamos. Si dice che chi si sottopone a questo rituale ritornerà ad Itaca…

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