lunedì 4 gennaio 2010

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 12. Kalispera

Vathy, 27/08/09
Sarà solo suggestione, ma Itaca sembra rendere tutto più difficile, persino trovare un mezzo per spostarci nell’isola. I mezzi pubblici non sono molto comodi: trattandosi di una piccola isola ci sono solo due linee e le corse non sono frequenti. Di auto a noleggio per la giornata di oggi non se ne trovano. I motorini non ce li danno perché non abbiamo la patente per guidarli, particolare che avevamo trascurato a Corfù e Cefalonia, e che i responsabili del noleggio non si erano premurati di farci notare in quanto, dice la ragazza della Alpha car & bike rent, sono isole più grandi ed è più improbabile incappare nei controlli di polizia. Non sono del tutto convinto della cosa, perché le nostre patenti le avevano viste ed in caso di incidente sarebbero stati corresponsabili. Ma ripensando alle mie manovre ardite nel centro di Argostoli un mezzo brivido mi corre per la schiena; optiamo per la bicicletta, dopo avere cercato inutilmente una carta dei sentieri per il trekking.
Ci rifilano due m
ountain bike scassate con le quali la salita della strada per Filatrò diventa una specie di Gavia. Fortunatamente la bellezza della piccola baia (una casetta, qualche campeggiatore abusivo tra i muretti a secco di un uliveto e una manciata di piccole barche arenate sulla spiaggia di ciottoli) ci ripaga della fatica.
Dopo essermi fatto un lungo ba
gno faccio due passi arrampicandomi per i terrazzamenti dell’uliveto ma mi fermo presto, una volta arrivato nella toilette dei fricchettoni che campeggiano pochi metri più sotto. Mi chiedo a che servano tutte le menate sul vivere a contatto con la natura se poi si lascia un’immensa distesa di fazzoletti di carta sporchi di merda come traccia poco elegante del proprio passaggio.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal gruppetto di velisti italiani, chiassosi e snob, che sbarcano verso l’una. Il silenzio e la pace sono s
convolti dai loro schiamazzi. E pensare che hanno anche il coraggio di commentare con aria di superiorità l’arrivo dei “mau mau” (così, con una punta di disprezzo, chiamano i turisti giornalieri che arrivano sulle gite in barca organizzate; in piemontese il termine equivale a zingari, vagabondi). Fortunatamente la barca se ne rimane al largo; ma i velisti no, e decidiamo di cercare un’altra spiaggia.
Ripassando da Vathy ci fermiamo in una zaharoplasteia (pasticceria) e ordiniamo un’ottimo yogurt, che qui servono solitamente con miele e noci oppure con frutta fresca. Ci dirigiamo poi verso la baia di Dexà, dove si dice sia sbarcato Ulisse al termine del suo tormentato rientro ad Itaca. La spiaggia è in prossimità della strada che porta a Vathy e si estende in mezzo ad un uliveto che consente di ripararsi dalla calura.
Le nostre bici ci rendono seriamente problematiche anche le salite meno dure e la catena scende in continuazione; evito perciò di cambiare, ma sono su un rapporto troppo molle ed anche in pianura procedo a fatica. Praticamente i nostri mezzi di trasporto sono funzionali solamente in discesa. Questo ci limita negli spostamenti, anche se nella parte meridionale di Itaca non ci sono altri centri abitati oltre a Vathy ed al retrostante villaggio di Peradora, per cui le poche strade si fermano nel raggio di qualche chilom
etro. Le due brevi salite affrontate ci hanno già provato, e una volta arrivati al distributore sul promontorio che domina la baia di Vathy ci sentiamo sollevati al pensiero che ci penserà la forza di gravità a riportarci fino a casa.

Oggi io e Sara festeggiamo quattro anni pas
sati insieme. Decidiamo di concederci una cena fuori. Domani sera non potremo fare troppo tardi perché sabato mattina alle sette partirà la nave che ci porterà a Patrasso. Il viaggio volge al termine, ma almeno per stasera ci sentiamo ancora liberi di non pensarci. Lasciamo che il tempo trascorra, perché non possiamo fare altrimenti, ma ci ribelliamo all’idea della tristezza o della malinconia.
Nelle località turistiche della Grecia i supermarket non sono così a buon mercato, specie se paragonati alle basse cifre che spendiamo mangian
do fuori. Le porzioni servite nelle taverne poi sono piuttosto abbondanti, come dimostra il saganaki di stasera (formaggio fritto adagiato su un letto di cipolle, peperoni e pomodori).

Vathy è situata sulle rive di una profonda insenatura. Anche questa cittadina è stata fortemente danneggiata dal terremoto, come testimoniano le fotografie all’interno del piccolo ma interessante Museo della civiltà contadina e del folklore visitato in mattinata.
Percorriamo il lungomare verso ovest, superando il punto in cui la strada principale inizia a salire sul promontorio per poi ridiscendere alla baia di
Dexà. Le auto e i motorini sono sempre meno numerosi mano a mano che procediamo. Alla nostra sinistra casette a uno o due piani, alla nostra destra piccole barche ormeggiate una in fila all’altra. Mi lascio cullare dai riflessi della luce fioca dei lampioni sul mare e dal rosso della casa di Nikos che ha accompagnato egregiamente il saganaki. Uomini e donne seduti davanti alle loro abitazioni ci salutano al nostro passaggio. Kalispera. Uomini e donne capaci ancora di vivere gli spazi aperti. Uomini e donne che non sono ancora riusciti a terrorizzare inculcando nelle loro coscienze la presenza di chissà quale minaccia. Uomini e donne che la sera se ne stanno per la strada a chiacchierare invece di starsene in casa a farsi rimbambire dalla televisione.
Tutte cose che da noi si stanno perdendo.

Mi mancherà questo posto.

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