lunedì 1 ottobre 2012

E il viaggio continua - 5. Linea diretta Arbe-Veglia



Supetarska Draga, 17/8/2012

Stamattina abbiamo comunicato a Puče la nostra decisione: questa sarà la nostra ultima giornata a Rab. Lui l’ha accolta alla sua solita maniera: alzando le braccia ed esclamando “No panic!”. Mi sono risolto a ricorrere al mio scarso vocabolario croato per comunicare con lui, che parla solo qualche parola di tedesco oltre alla lingua madre.
Iniziamo la giornata con l’ascensione al Kamenjak, che con i sui 408 metri è la vetta più alta dell’isola. Si sale attraverso la macchia mediterranea, tra ginepro, cespugli di timo, rovi e qualche sparuto alberello. Qua e là, ripari ed abbeveratoi improvvisati per capre e pecore - la loro presenza è evidente, anche se noi ne incontriamo poche lungo il nostro cammino – e muretti a secco o recinzioni realizzate con materiale di recupero a delimitare i “pascoli” (si tratta più propriamente di pietraie tra le quali fa capolino qualche arbusto; ci chiediamo cosa mangino, questi animali). Per raggiungere la cima percorriamo una strada carrabile: ci sorpassano auto di turisti e mezzi locali, berline tirate a lucido e Zastava senza targa con il bagagliaio spalancato.
Dalla vetta la vista spazia sulla terraferma, sulla città di Rab, sulle isole di Pag, Krk, Cres e Lošinj. Proprio da Krk, pochi giorni fa, ci è arrivato un sms di Miriam, sconfortata per la ressa che ha trovato sull’isola. Probabilmente in questo momento lei e Leo stanno muovendo verso Cherso.
Questa linea diretta non è solo con loro, ma anche col nostro recente passato. L’anno scorso infatti guardavamo le isole di Arbe e Pago dalla spiaggia di Stara Baška o dall’abitato di Lussingrande. Oggi ci guardiamo alle spalle per qualche istante, poi decidiamo di ripartire, anche perché il continuo ronzio dei ripetitori telefonici sopra le nostre teste ci rammenta che probabilmente stiamo aumentando significativamente il rischio di contrarre patologie letali per il nostro cervello.
Scendiamo attraverso il sentiero, più ombreggiato ed interrotto continuamente da porte improvvisate in corrispondenza del confine tra i vari appezzamenti. Ogni porta ha un suo metodo di apertura e più volte siamo costretti ad ingegnarci alla ricerca della soluzione, in quella che sembra una via di mezzo tra un gioco di logica ed un videogame agreste. A farci compagnia c’è un bel gatto bianco e grigio, sbucato dal nulla nel bel mezzo del bosco. Sembra che ci segua, ma quando ci fermiamo titubanti davanti ad un bivio, incerti sulla strada da prendere, il nostro nuovo amico ci passa davanti precedendoci lungo il sentiero ed indicandoci la retta via che ci porterà a casa (la sua) e alla macchina (la nostra).

A Barbat facciamo un bagno e ci fermiamo a mangiare all’ombra, in un bar a due passi dal mare con vista sul fronteggiante e disabitato isolotto di Dolin: i pesciolini fritti sono deliziosi. Mi concedo anche una Rapska Torta (torta di Arbe), specialità locale a base di mandorle ed arancia.
Scendiamo la costa di un paio di chilometri, giusto per uscire dall’abitato di Barbat. Dopo aver parcheggiato, attraverso la macchia – interrotta solo da un paio di vigneti – raggiungiamo il mare, riposandoci all’ombra di un albero coi rami protesi verso l’acqua, cullati dalle onde. La pace è interrotta solo dalle barche a motore (il canale che divide Rab da Dolin è largo solo qualche centinaio di metri e molte piccole imbarcazioni dirette alla città di Rab passano di qui).

Ceniamo a base di pane e pašteta, paté tipico dei paesi della ex-Jugoslavia, dopodiché facciamo due passi a Rab per gustarci una kremšnita. La giornata si conclude poi con una Radler, il mix di birra e bibite alla frutta (solitamente aranciata o limonata) che negli ultimi anni va forte in Croazia: tutte le più popolari marche di birra balcaniche ormai propongono intrugli di questo genere. Sorseggio la mia Laško Orange dal terrazzo della nostra camera, guardando per l’ultima volta questo spicchio di mare.

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