giovedì 18 ottobre 2012

E il viaggio continua - 6. Pag, Yugoland



Pag, 18/8/2012

Poco dopo la spiaggia di Pudurica inevitabilmente si materializza la coda che ci aspettavamo. Le auto in fila in attesa iniziano ancor prima del cartello che segnala i due chilometri da Mišnjak, partenza dei traghetti per la terraferma. E’ il sabato dopo Ferragosto, ma con i giorni a nostra disposizione non avremmo potuto fare altrimenti. Per ingannare l’attesa guardo la nazionalità delle auto in coda. A Rab abbiamo incontrato soprattutto tedeschi ed austriaci, ma ci sono anche parecchi italiani e diversi francesi, oltre a turisti dei paesi balcanici e dell’Est Europa. Non mancano poi alcune auto con targa serba. Timidi segnali di disgelo, forse cenni di ricomposizione della “Jugosfera”, come la definisce Andrea Ragona, autore – insieme a Gabriele Gamberini – di Yugoland, appena uscito nelle librerie italiane. Il libro che mi accompagna quest’estate è perfetto per il nostro viaggio: una sorta di reportage contemporaneo dai paesi che componevano la Jugoslavia, con i linguaggi della fotografia e del fumetto a supporto delle suggestioni di viaggio, musicali e di costume.
Faccio zapping sull’autoradio, trovando soprattutto emittenti italiane. A turno passano gli artisti citati ieri sera dal figlio di Ante, che ci ha snocciolato i nomi di tutti i cantanti italiani che conosceva. Occupiamo così le due ore di attesa, poi dieci minuti di navigazione, poche decine di chilometri per raggiungere Pržena e un’altra ora di attesa per il traghetto che ci porterà a Pag. Ci consoliamo pensando che a chi sta percorrendo il tragitto nella direzione opposta va molto peggio: il lungo serpentone di auto in attesa dell’imbarco è visibile fin dalla terraferma, scintillante sotto al sole in mezzo al brullo e pietroso versante orientale dell’isola.
La navigazione è breve, più o meno quanto quella per raggiungere Rab. Ad attenderci, un paesaggio estremo e lunare; la vegetazione fa la sua timida comparsa solo dopo qualche chilometro, delimitata da una serie regolare di alti muretti a secco, dall’andamento sinusoidale a seguire i rilievi del terreno, come una specie di reticolo che copre questa zona dell’isola.
Il primo impatto con gli altri turisti non è dei migliori. Incontriamo in successione: un gruppetto di burini croati che gettano in mare mozziconi di sigarette e bottiglie di birra vuote, giustamente ripresi da Sara; due auto di ragazzotti italiani che interagiscono con le ragazze della pompa di benzina come se fossero le lucciole dell’Est Europa che sono abituati a vedere sui viali delle loro città; due neonazisti tedeschi, venuti forse in avanscoperta in vista della futura occupazione del Regno di Jugoslavia.

Novalja è il principale centro turistico dell’isola e punta molto sulla vivacità della vita notturna. Poco interessati dalle discoteche, scendiamo fino alla città di Pag, dove troviamo un minuscolo appartamento. I prezzi sembrano maggiori di quelli delle altre isole croate, anche se, utilizzando come termine di paragone quelli italiani, risultano accettabili.
Ad accompagnarci all’appartamento è Marta, che aiuta la madre nel lavoro all’agenzia turistica. Ha vissuto sei mesi a Siena e si lamenta anche lei del costo della vita in Italia. Ci lascia le chiavi e ci indirizza da Ivanka, la padrona di casa, che dopo essersi presentata ci indica il sentiero che in tre minuti porta al mare. Abbiamo così voglia di farci un bagno che ci mettiamo anche meno.
Prima di cena facciamo due passi a Pag, ma appena superato il ponte – illuminato in maniera suggestiva – ci ricordiamo di avere esaurito le scorte di cibo. Ci gettiamo quindi alla ricerca di una pljeskavica sa sirom, rimandando la visita alla città…
 



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