venerdì 21 settembre 2018

Le Marche in primavera - 1. Buoni auspici a Fano


Rocca d’Ajello (MC), 22/4/2018
Poggiamo i piedi nudi sui ciottoli fini della spiaggia di Fano. Rieccolo di fronte a noi, il mare. Ben ritrovato Adriatico, con i gitanti domenicali sparsi qua e là che pranzano al sacco o si appisolano... come succede a Sara. Io sonnecchio un po’, poi faccio due passi sul lungomare aspettando che si svegli. A dire il vero non vedo l’ora di risalire in macchina e percorrere quelle poche centinaia di metri che ci riporteranno oltre la ferrovia, parcheggiare al margine del centro storico e fare un giro in questa città che, nel corso degli anni, mi sono sempre lasciato scorrere davanti agli occhi in lontananza e di cui tanto mi hanno parlato vari amici che qui sono nati o vi hanno vissuto (di loro parleremo nelle prossime puntate).
Rinunciamo alla moretta fanese, un caffè molto zuccherato ed addizionato di anice, brandy e rum. Si dice fosse nato per dare forza ai marinai del porto, ma noi non siamo marinai, e poi è il primo pomeriggio, e nel bar di via Taffi dove facciamo sosta ci limitiamo ad un caffè normale.
Raggiungiamo la Rocca Malatestiana, dove vengono spesso organizzate delle mostre (purtroppo non oggi). Lo spazio circostante ha delle potenzialità, ma non è particolarmente tenuto. Ritorniamo sui nostri passi e deviamo per la Pinacoteca, la Cattedrale e l’Arco di Augusto. Le tracce romaniche a Fano sono molto presenti, ma per le vie del centro scopriamo anche una chiesa ortodossa. “Non è cattolica quella… Dovete proseguire per altri cento metri” ci dice il classico vecchietto marchigiano che si improvvisa guida turistica, figura ricorrente in queste cittadine, per quanto generalmente non invadente. “A meno che non abbiate di meglio da fare che andare per chiese, visto che siete giovani”. Siamo così giovani che dopo la visita al chiostro di San Francesco ci fermiamo nella centrale piazza XX Settembre a cimentarci con dei giochi antichi. La piazza è teatro di una di quelle iniziative tipo “giochi di una volta”. Dobbiamo indirizzare verso un buco, situato all’estremità opposta di un tavolino in legno, una pallina tenuta in equilibrio su due fili convergenti. Terminata la sfida con un mesto 0-0 torniamo alla macchina. Lasciamo così Fano, città del Carnevale più antico d’Italia e della fortuna. Speriamo sia di buon auspicio.


Ci affidiamo al navigatore, che col senno di poi ci fa fare un percorso alquanto improbabile, ma suggestivo, tra le colline marchigiane. Ci viene anche voglia di fermarci a Cingoli, ma non c’è tempo. Ci aspettano a Rocca d’Ajello, frazione di Camerino. Arriviamo verso le 19, accolti da Diego e Beate. La scelta del posto è stata casuale: avevamo un buono per un’iniziativa nei monti Sibillini, ma solo dopo aver prenotato la camera ci siamo resi conto che il calendario della cooperativa di guide che organizza le escursioni non prevedeva nulla di fattibile in questi giorni. Ormai però ci eravamo messi in testa di tornare nelle Marche: il nostro “buono solidale” (proposta per rilanciare l’attività turistica nelle zone colpite dal sisma un anno e mezzo fa) ce lo giocheremo in un altro momento.
Inizialmente avevamo preventivato di pernottare più a sud, da alcune “conoscenze indirette” (giusto un paio di gradi di separazione), ma era un po’ troppo lontano, così anche in questo caso i programmi sono stati modificati. Avremo fatto la scelta giusta? A tavola mi rispondo subito: sì. Lo spezzatino di capriolo con le pere si scioglie in bocca, il vino di Matelica è buono e i tozzetti (biscotti simili ai cantucci ma aromatizzati all’anice, da intingere nel vino o nel vincotto) sono degna conclusione.

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