martedì 1 febbraio 2011

Drizzona - Contatto!

Aprile 2009

Quando a qualche amico nomino Drizzona subito salta fuori il Biberon, locale di lap-dance sorto alcuni anni fa nello stabile un tempo occupato dal Lucky Sound (dove ricordo di aver visto suonare una ancora poco conosciuta Carmen Consoli) considerato generalmente la principale attrattiva del paese. Ed in effetti, transitando lungo la Padana Inferiore, l’automobilista non vede altro che i capannoni chiusi nella striscia di terreno tra l’ex Statale n.10 e la linea ferroviaria Cremona-Mantova. Qui sorgono gli unici bar del territorio comunale, nonostante questo sia caratterizzato dalla presenza di ben tre centri abitati; locali per gli automobilisti o per chi lavora nella zona più che per gli abitanti del paese. D’altra parte Drizzona gravita molto sul vicino e più importante centro di Piadena.
Per trovare qualche angolo di provincia più autentica bisogna abbandonare la Padana Inferiore, oltrepassare il capoluogo comunale, seguire la strada che scende scavalcando la scarpata morfologica del fiume Oglio e raggiungere Castelfranco d’Oglio, minuscola frazione divisa in due dalla strada principale (un ex decumano ben conservato dall’epoca della centuriazione romana) che ad Ovest prosegue rettilineo per più di un chilometro verso la campagna, mentre ad Est termina con una salita che sembra arrestarsi nel cielo azzurro di questo pomeriggio d’aprile. Non c’è altro da fare che attraversare il paese, silenzioso ed inanimato come una città fantasma del far-west, case a destra e case a sinistra, e percorrere la salita, per ritrovarsi – con una certa sorpresa – direttamente sulla sponda dell’Oglio. Poco più sotto, ciò che resta del vecchio mulino, lo stesso immortalato nelle fotografie in bianco e nero appese all’interno della sede comunale, quando ancora era all’apice del suo splendore. Si attende da tempo che prendano corpo i progetti per un suo recupero, ma la delicata posizione a ridosso dell’Oglio impone tutta una serie di vincoli dovuti a questioni di sicurezza.
Partendo da Castelfranco si può percorrere l’argine in direzione Nord-Ovest, tra suggestive visuali sul paese e sulla campagna circostante, alcune cascine, un paio di lanche dell’Oglio, fino a raggiungere Carzago, estremità settentrionale del territorio comunale. Questa grossa cascina, situata esattamente al centro di un’ansa del fiume, doveva ospitare numerose famiglie di contadini in tempi non troppo lontani; purtroppo però la sua decadenza è ora sotto gli occhi di tutti. Allo stato attuale è utilizzata solamente come deposito di mezzi agricoli.
Dalla quiete delle sponde dell’Oglio torniamo a sud della Padana Inferiore per affrontare la questione più scottante per il territorio di Drizzona (e non solo): il progetto per la realizzazione della famigerata autostrada Cremona-Mantova. Nella frazione di Pontirolo Capredoni è attivo un gruppo di cittadini che si oppone al progetto della nuova infrastruttura, capitanato da Cesare Vacchelli. Basta guardare le carte del progetto per capire il perché: il centro di Pontirolo verrebbe stretto dal serpentone d’asfalto, che lo aggirerebbe con una doppia curva isolandolo dal capoluogo e da Piadena. Le ragioni del Comitato contro l’autostrada vanno dai flussi di traffico – che non giustificherebbero la costruzione di una nuova infrastruttura – alla presenza di una strada importante come la Via Mantova, alla quale si potrebbe sottrarre il traffico dei mezzi pesanti che trasportano merci sfruttando meglio la sottoutilizzata e trascurata linea ferroviaria, già predisposta per il raddoppio (mai realizzato). Come sempre accade in questi casi, sulle opere di mitigazione c’è ancora molta incertezza. L’unica cosa certa è la fermezza bipartisan con cui la classe politica cremonese vuole realizzare l’infrastruttura.
Pontirolo, per un fine settimana all’anno, diventa anche il punto di riferimento per un gran numero di persone, che arrivano qui da ogni parte d’Italia (e non solo) con auto e camper. Il miracolo è possibile grazie all’opera della Lega di Cultura di Piadena, che da anni si occupa di realizzare studi sulla cultura popolare e sui movimenti di lotta contadina e che annualmente organizza una festa primaverile. Giuseppe Morandi e Gianfranco “Micio” Azzali, i due principali animatori, hanno di recente girato un documentario sui mutamenti del mondo agricolo padano, intitolato “I colori della Bassa”, proiettato anche al Festival del Cinema di Venezia.
Le due realtà non potevano non confrontarsi apertamente: l’incontro è avvenuto in occasione dell’ultima festa della Lega di Cultura, nella quale è stato affrontato il tema della decrescita. Dal palco – e tra i tavoli – ho visto comunisti “duri e puri” fare autocritica, ammettere il proprio ritardo nell’interpretare la nuova realtà, cercare il modo di ricominciare a parlare con la gente, rivedere le proprie convinzioni alla luce della crescente sensibilità verso un nuovo modello di società possibile, dove l’uguaglianza sociale si accompagna al rispetto per la terra e per l’ambiente che ci circonda. Dopo i dibattiti è venuto il turno delle salamelle e della musica: ho assistito alle esibizioni dei vari gruppi che si sono dati il cambio sul palco, finché i toni non si sono fatti troppo nostalgici (ma lo confesso: “Stalingrado” l’ho cantata anch’io, anche se senza il pugno alzato). In quel pomeriggio piovoso di marzo, tra questi due mondi che a volte possono sembrare così distanti si è creato una specie di contatto.
Abbandonando la festa guardavo fuori dal finestrino e riflettevo sulle nuove terminologie tanto in voga al giorno d’oggi, come mitigazioni, compensazioni ambientali e via discorrendo. La risposta della politica alle preoccupazioni della gente è un lessico rassicurante, sono i giochi di parole che cercano solamente di mascherare una realtà di devastazione del territorio.

In un contesto simile c'è da augurarsi che il contatto che si è stabilito in quel pomeriggio possa dare buoni frutti.

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