giovedì 2 febbraio 2012

Stessi borghi, stessi colli - 4. Ultimo passaggio a Roccastrada

Torniella, 1/1/2012

Lasciamo Torniella a mattinata inoltrata, mentre il borgo si ripopola di voci e presenze. Abbiamo ancora il tempo di fare un salto all’abbazia di San Galgano; tranne noi due, che nel 2008 abbiamo accompagnato Fausto nella prima trasferta maremmana di San Silvestro, gli altri amici non ci sono mai stati e rimangono colpiti dall’imponente struttura muraria e dal suo tetto e le sue finestre di cielo. Un gatto entra nell’abbazia e si struscia contro le statue del presepe, poi irriverente segna il territorio sul muschio e se ne va. Lo seguiamo verso il vicino eremo, in cima alla collina; qui, tra le mura che delimitano la pianta circolare, si trova la spada che San Galgano piantò simbolicamente nella roccia nel momento in cui decise di dedicarsi alla vita spirituale. In una saletta laterale invece sono custoditi gli avambracci che secondo la leggenda i lupi avrebbero sbranato ad uno sprovveduto che tentò di incendiare la capanna dove San Galgano si era ritirato a trascorrere la sua nuova vita da eremita.
Consegniamo le chiavi di casa alla zia di Fausto, una signora cordiale che ha ormai perso l’accento cremonese (ha trascorso l’infanzia ad Annicco e ce ne parla con piacere) ma non ha acquisito quello toscano; la sua parlata risente invece della sua lunga permanenza a Milano. Il marito è un toscano tutto d’un pezzo, più silenzioso della consorte e dallo sguardo bonario nonostante la tenuta da cacciatore con tanto di berretto che si ostina a tenere anche in casa.
Due passi per il bel centro di Roccastrada si fanno sempre volentieri: saliamo la ripida via che dalla casa della zia di Fausto porta verso il cuore del borgo, incrociando una signora sugli ottant’anni che intrepida affronta la proibitiva pendenza con passo cauto ma regolare. “Con calma, ma ce la fo’”, ci dice sorridendo. In Largo Garibaldi faccio da sponda ad un ragazzino per una triangolazione che si conclude col suo tiro di collo interno destro che va ad insaccarsi nella porta di un’agenzia immobiliare. Saliamo a goderci il panorama e a fare le ultime foto, tra le case in pietra del vecchio borgo e le colline maremmane. Mentre scendiamo per la ripida Via del Poggio un ragazzino in bicicletta ci schiva ed è quasi costretto a fermarsi, ma poi riesce a riprendere senza mettere il piede a terra.
Da queste parti si deve vivere bene, o quanto meno ci si tiene in forma. L’augurio che posso fare a questi ragazzini e che, se anche non vestiranno la maglia della Nazionale o non vinceranno una tappa al Giro d’Italia, arrivino a ottant’anni in grado di affrontare la discesa che porta a casa della zia di Fausto con lo stesso sguardo sereno della signora incontrata poco fa.
Sarà così, su questo non ho dubbi.

Nessun commento:

Posta un commento