martedì 10 luglio 2012

La mia città in quattro stagioni - 2. Estate


Il respiro della città, come il mio, è lento, i nostri palpiti all’unisono. La vita in Piazza Duomo scorre piano nell’ora più calda e mi scopro immobile a contemplarla, sfaccendato come i pochi turisti che sfidano le 14:30 di un’afosa giornata di piena estate. Sfaccendato come gli ancor più rari anziani sorpresi per la via dalla canicola, che forse stanno cercando di raggiungere la penombra della propria casa per schiacciare un pisolino prima di cadere a terra inermi. Sfaccendato come quando ero studente.
La mente ritorna a quei giorni di qualche anno fa. Mi svegliavo senza troppa fretta, salivo in macchina e parcheggiavo dalle parti di Piazzetta Antonella. Le prime volte ci ero capitato per caso, perdendomi dalle parti di S.Ilario, ed ero rimasto sorpreso da quell’angolo nascosto della città, di cui ignoravo l’esistenza. Ho conosciuto molti cremonesi che amano questa piazza. Non c’è nessun monumento da visitare, nessun negozio dove fare shopping. Non c’è niente, in Piazzetta Antonella, eppure, sarà la forma irregolare, sarà l’acciottolato, sarà la quiete che si respira, saranno le panchine all’ombra degli alberi che fanno un po’ Parigi… A dire il vero amo un po’ tutta questa zona della città: Strada Canòon (Via Bissolati, un tempo chiamata così per via delle numerose caserme), la chiesa di San Bassano, Via Dulcia con quella casetta dalla finestra “fallica” (si dice che un tempo ospitasse uno dei bordelli di Cremona, numerosi quasi quanto le sue chiese), Via Volturno, dove abbiamo abitato per un po’ di tempo… Una zona un tempo malfamata: strade di delinquenti, perdigiorno ed osterie.
Andavo a studiare alla Biblioteca Statale. Ero piuttosto metodico, ma i ritmi erano blandi. Pausa caffè, lettura dei giornali, pausa pranzo… staccavo dopo l’una, uscendo dal grosso portone dove incrociavo i turisti che entravano al Museo Civico o i ragazzini che sghignazzavano per i falli in erezione dei fauni scolpiti sul cornicione del palazzo Affaitati, dove Biblioteca e Museo hanno sede. Camminavo verso Piazza Duomo e la città mi sembrava ancor più bella di quello che è, luminosa come nel film La febbre. Mangiavo qualcosa e mi concedevo una passeggiata prima di rimettermi a studiare.
Mi ritrovo a camminare per le stesse strade, alla stessa ora, con le stesse mani in tasca, qualche anno più tardi. La città che lentamente si spopola, gli amici, i conoscenti e pure gli sconosciuti che partono uno dopo l’altro per le vacanze estive… ed io che non so ancora se e quando me ne andrò. E la città che parla straniero e mi fa venire voglia di partire, non importa verso dove: le badanti romene che chiacchierano sulle panchine dei giardini di Piazza Roma, l’odore del kebab dalle porte aperte dei negozi dei turchi, i turisti tedeschi, francesi, inglesi che leggono le loro guide e poi alzano lo sguardo verso i 111 metri del Torrazzo… Persino l’odore del gas di scarico dei motorini e quello proveniente dalla pescheria Duomo fusi insieme per un attimo mi danno l’impressione di essere in qualche città affacciata sul Mediterraneo…
Invece sono qui, al riparo della Bertazzola, l’unico posto davanti al Duomo dove posso sedermi all’ombra. I gradini tre metri davanti a me vanno bene fino ad inizio estate, ma in questa stagione sono off-limits almeno fino alle dieci di sera. Allora cominciano a raffreddarsi un poco, e ti ci puoi sedere a mangiare un gelato.
La vita è quasi ferma, e così sarà ancora per qualche ora. C’è tempo per pensare alla sera che verrà. Un film all’Arena Giardino. Una sagra in qualche paese della zona. Prima, magari, un giro in bici, poco distante però, che la voglia di fare dei chilometri con questo caldo è poca. Giusto la strada per raggiungere un campo, un solo campo che dia l’idea di discontinuità tra la città ed i centri abitati intorno. Andare magari in una di quelle frazioni che sembrano mantenere un’idea di nucleo a sé stante, di comunità. Che se ne stanno a pochi chilometri dalla città ma che per raggiungerli devi percorrere una strada stretta e magari farti anche qualche curva, come San Savino, oppure Picenengo.
Il mio sguardo spazia tra il Battistero, la Loggia dei Militi, il Palazzo Comunale. La mente invece passa oltre, in Piazza Stradivari ormai liberata dalla mai amata pensilina, scende per Corso Vittorio Emanuele, prosegue per Viale Po, lungo da sembrare infinito. Il pensiero vola di nuovo là, verso il fiume. Ma una volta arrivato sulle sue sponde, che fa? Rimane a guardare le acque dove fino a non molto tempo fa ci si poteva bagnare e che ora ci sono proibite a causa dell’inquinamento? Si siede in qualche società canottieri a prendere il sole sul bordo della piscina aspettando che passi il tempo sufficiente per poter fare il bagno? Attende il tardo pomeriggio, l’ora in cui escono i canoisti a ravvivare l’acqua del grande Fiume?
No, il pensiero è libero e nessuno lo può fermare. Il corpo è fermo in Piazza Duomo, riparato appena dalla canicola, ma lui prende il largo. Si lascia trascinare dalla lenta corrente del fiume. Vede allontanarsi il Vascello, come lo chiamavano gli antichi romani, vede il Torrazzo, il suo albero maestro, scorrere via lungo le acque, e se ne va. Verso il mare…

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