domenica 2 settembre 2012

E il viaggio continua - 2. Mattinata quarnerina


Supetarska Draga, 14/8/2012

Tempo fa ho letto un libro in cui Paolo Rumiz descrive una notte dalmata, raccontando come, distesi sotto il cielo e vedendo una stella cadente, si senta quasi di potersi mettere in contatto con chi non c’è più. Cinque anni fa, proprio qui, provai la stessa sensazione. Stavolta invece ho modo di apprezzare tutte le sfumature che dal blu notte virano verso l’azzurro del primo mattino, o almeno le apprezzo di più del giaciglio che ci siamo preparati per la notte.
Cerco di svegliarmi con la colazione preparata dalla signora del campeggio, un’istriana di Pisino che si mette volentieri a parlarci della sua terra. Gli facciamo i complimenti per la sua marmellata di prugne, veramente ottima. Per quanto riguarda l’Istria, potrebbe essere l’ultima tappa del nostro viaggio…ma avremo il tempo di pensarci: siamo ancora all’inizio!
Ci rimettiamo in moto in direzione sud, accompagnati dal notiziario di Radio Istra. Riusciamo a capire che si sta parlando del terremoto in Iran. La memoria torna alle scosse di qualche mese fa, che ci hanno svegliato in piena notte e che hanno seminato morte e distruzione nella vicina Emilia. Allontaniamo i pensieri perdendoci con lo sguardo nei panorami che si possono godere dalla Jadranska Magistrala, probabilmente una delle più belle strade al mondo.

Il viaggio in traghetto da Jablanac a Rab (Arbe in italiano) dura veramente poco. L’isola ci accoglie mostrandoci il suo aspetto più brullo: una pietraia odorante di liquirizia. Poco alla volta la vegetazione fa la sua comparsa: sparuti ciuffi erbosi, seguiti da arbusti sparsi, macchia mediterranea via via più rigogliosa e alberi di pino marittimo.
Troviamo una camera a Supetarska Draga da Ante, un uomo dall’età apparentemente compresa tra i 60 e i 70 anni che a noi italiani si presenta come “Antonio”, tenendo però a precisare che tutti lo chiamano Puče. Ci mostra con orgoglio il suo orto, innaffiato con l’acqua proveniente dalla sua cisterna, che raccoglie le precipitazioni dei tre mesi invernali, gli unici in cui sull’isola le piogge sono di una certa entità.
Scarichiamo i nostri bagagli ed andiamo a farci un bagno poco distante dalla nostra camera, accompagnati dai canti e dal suono di una fisarmonica provenienti da un’imbarcazione ormeggiata nei paraggi. Camminiamo poi lungo la penisola compresa tra Supetarska Draga e Kampor, costeggiando le varie insenature dove i turisti si immergono per sfuggire alla calura, attraversando l’interno boscoso e ritornando sulla costa a Gonar, dove ci facciamo altre nuotate.
A Kampor termina una delle varie piane che tagliano trasversalmente l’isola di Rab, incuneandosi tra i crinali rocciosi. Un paesaggio suggestivo che ha però vissuto una pagina nera nella sua storia, ospitando un campo di concentramento fascista nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Per rientrare alla camera dobbiamo quindi risalire attraverso i boschi e gli uliveti delimitati da muretti a secco, scollinando sopra Supetarska Draga. Dall’alto dominiamo con lo sguardo i vari nuclei abitati che la compongono, situati lungo le due sponde della baia, e sulla zona umida situata in fondo all’insenatura, oltre i piccoli moli, al termine della piana che si estende in direzione dei centri di Mundanije e Rab.
La sera abbiamo un primo assaggio proprio della città di Rab, che apprezziamo grazie all’illuminazione garbata dei vicoli del centro storico; al termine della passeggiata ci ripromettiamo di ritornare di giorno, con calma, nel principale insediamento storico dell’isola.

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