domenica 4 novembre 2012

E il viaggio continua - 8. Ci guarderemo indietro ancora



Pag, 20/8/2012

Il nostro appartamento è dotato addirittura di TV: trasmettendo solamente i programmi di emittenti croate possiamo concederci un po’ di zapping senza per questo infrangere le regole che ci siamo dati per il nostro viaggio. Allo stesso modo ieri a Šimuni abbiamo sfogliato lo Zadarski List. Notizie principali: un incendio scoppiato nei boschi intorno alla bella città dalmata di Traù; gli interessi cinesi su alcune aree portuali ed industriali di Fiume, Zara ed Osijek; il trasferimento del calciatore Luka Modrić al Real Madrid. Tutto il mondo è paese.

La zona di Novalja ospitò i primi insediamenti dell’isola. In viaggio verso la parte settentrionale di Pago, ci fermiamo nella cittadina per alcune commissioni, per poi ripartire percorrendo la spettacolare strada – lunga poco meno di 20 chilometri – che si sviluppa lungo la stretta lingua di terra (circa un chilometro di larghezza) che costituisce l’estremità settentrionale dell’isola. Arriviamo fino a Lun, proseguiamo per la vicina Tovarela ed abbandoniamo la macchina, proseguendo per un sentiero che conduce alla punta della penisola, da cui si gode una suggestiva vista su Rab.
La camminata ci consente uno sguardo esterno sulla precedente meta del nostro viaggio. A pensarci bene è da quando siamo partiti che ci voltiamo a guardare quello che ci siamo lasciati alle spalle. Non è rimpianto: è solo che i luoghi visitati entrano a far parte di noi, del nostro percorso, e vogliamo che la loro immagine rimanga nitida nella nostra mente per accompagnarci verso le prossime mete. In questo senso, ci guarderemo indietro ancora. Ci volteremo per avere la sensazione di esserci arricchiti e solo allora, quando saremo appagati, ci rimetteremo in viaggio.

L’abitato di Lun è noto per i suoi ulivi secolari: ci fermiamo a fare qualche foto sulla strada del ritorno, poi proseguiamo passando accanto a Stara Novalja e a Caska, caratterizzate dai resti di antichi insediamenti. Un asinello inizia a ragliare vedendomi avvicinare al suo recinto, forse temendo che voglia montargli in groppa. Invece ci dirigiamo in auto verso il più settentrionale dei bracci di terra che racchiudono il golfo di Pago. Ci fermiamo solo a prendere dell’acqua, perché fa così caldo che abbiamo esaurito le nostre scorte. “La nostra acqua è buona, arriva dalle montagne”, ci ha assicurato la signora dell’agenzia, “bevete quella, i soldi è meglio spenderli in birra”.
Scendiamo vicino a Zubovići, tra le rocce che sembrano cingere d’assedio l’abitato e una discreta dose di rifiuti abbandonati sul ciglio della strada. Da questo punto di vista Pag sembra più indietro rispetto alle altre isole croate, dove la raccolta differenziata è già stata avviata. Ma la bellezza del mare, anche nella spiaggia che raggiungiamo nel pomeriggio, è indiscutibile. Pag è isola di sensazioni forti; non si può restare indifferenti di fronte ai suoi paesaggi, alle loro variazioni cromatiche a seconda dell’orario, che pure conservano tonalità forti e contrasti violenti tra il colore delle rocce e quello del mare.

Per le strade dell’isola si incontrano frequentemente baracchini improvvisati dove gli abitanti vendono prodotti tipici riparati dalla sola ombra di un ombrellone, che in mezzo alla pietraia sembra ancora più misera. Non manca mai il Paški sir, formaggio tipico dell’isola (così come a Rab, anche nell’economia di Pag capre e pecore hanno sempre avuto un ruolo importante). Quello che acquistiamo da una signora nei pressi di Kolan è ottimo; con i soldi avanzati seguiamo il consiglio che ci è stato dato, comprandoci una bottiglia grande di Ožujsko per la serata.

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