mercoledì 3 marzo 2010

L'approdo del Delta - 2. Finis flumen

Porto Viro, 12/4/2009
Dopo un piatto di spaghetti coi caparosoi in un ristorante al porto di Chioggia ed una bella dormita montiamo in sella. Già, perché ogni meta importante bisogna guadagnarsela: scegliamo quindi di noleggiare due bici e iniziamo a pedalare verso Pila, l’ultimo paesino sulle rive del Po di Venezia, il ramo che taglia in due il Delta sfociando nel punto più ad est. Si procede in un ambiente molto simile a quello che siamo abituati a vedere dalle nostre parti; campi ordinati, argini, saliceti e zone umide lungo le rive del Po. Anche l’odore è quello caratteristico del fiume, se non fosse che avvicinandoci alla foce di tanto in tanto ci giunge un vago sentore di iodio. Nei bar dei paesi incontriamo solo vecchi seduti ai tavolini che sembrano far parte da sempre dell’arredamento e giovani attaccati ai videopoker; due generazioni a confronto nella provincia italiana, due aspetti diversi di una certa desolazione che a tratti si manifesta chiaramente mentre procediamo verso la foce. Sento il fascino a volte un po’ perverso del finis terrae (anche se si tratta più che altro di un finis flumen): quella sensazione di isolamento pur nella consapevolezza di essere sulla terraferma, percorrendo strade che non conducono da nessun’altra parte, strade che prima o poi finiscono nel nulla. Una sensazione che ho provato nel Delta come nel Salento, in certe isole del Mediterraneo, ma anche in alcune cascine della nostra pianura, magari in mezzo a un’ansa del fiume, che per raggiungerle devi farti chilometri di sterrato e una volta arrivato ti sembra di essere ai margini della civiltà.
A Pila il Po si perde in una ser
ie di diramazioni minori divagando tra gli ultimi isolotti ed una serie di paludi e canneti; la percezione del fiume che sbocca nel mare non è chiara. Anche la sensazione di essere in un ambiente completamente naturale viene meno guardando oltre il villaggio dei pescatori, verso l’altra sponda, dove svetta imponente la centrale Enel di Porto Tolle, a testimoniare che il Progresso è arrivato fin lì. Cerchiamo di non pensare all’aria che stiamo respirando e ci fermiamo su un ponte in legno a scrutare verso il faro all’orizzonte.
“Ma perché siete andati a Pila?” ci chi
ede stupito (o forse è meglio dire sgomento) Paolo di Ca’ Cornera, quando gli restituiamo le biciclette. “Certo, è il punto più affascinante del Delta…sulla carta. Però ci sono altri percorsi più suggestivi”. Ci indica due o tre posti che dobbiamo vedere assolutamente. Quando scopre che siamo di Cremona ci parla di Quiresi, il famoso fotografo del Po. L’ha conosciuto in occasione di alcune mostre sul fiume che ha organizzato in passato. Si finisce col parlare di Pirlìin, storico personaggio cremonese immortalato in alcune celebri fotografie di Quiresi, che avrebbe ispirato anche Ugo Tognazzi. Le storie del fiume che arrivano al Delta trascinate dalla corrente.
La giornata ci concede ancora qualche ora di sole; decidiamo perciò di costeggiare un tratto del Po di Maistra, dove il regista Mazzacurati ha girato parte del suo ultimo film “La giusta distanza” (che guarderemo il prima possibile), e ci inoltriamo in una serie di valli interne. Nel Delta del Po quasi tutte le zone sono raggiungibili anche in auto, ma in giro incontriamo soprattutto cicloturisti e camper. I nostri depliant indicano anche alcuni punti dove è possibile fare delle gite a cavallo. Deve essere un ottimo posto per fare del birdwatching; le poche torrette di avvistamento sono però malridotte. Il Parco del Delta è diviso in due parti, una veneta ed una emiliana. “Qui in Veneto siamo ancora poco organizzati”, ci diceva Paolo, “in Emilia è da più tempo che portano avanti il discorso del turismo nel Delta”. Eppure il Delta del Po si estende per la maggior parte proprio in Veneto. Penso che all’estero sappiano valorizzare molto di più il proprio patrimonio naturalistico; in Francia, ad esempio, il turismo fluviale è piuttosto sviluppato, e zone umide come la Camargue (cui il Delta ha poco da invidiare) sono meta di turismo internazionale. Penso però anche a come viene inteso lo sfruttamento turistico qui in Italia, ovvero cementificazione e mercificazione. Cerco perciò di godere se non altro della genuinità del luogo.
Porto Levante, situato in prossimità della foce del Po di Levante, ha già l’aria della località di mare, pur affacciandosi su
un tratto di laguna separato dal mare aperto da una striscia di terreno circa un chilometro più al largo. Case bianche ad un piano, distributore di benzina in prossimità del porto, motorini; non manca il classico ecomostro italico. Qui è finalmente chiara la sensazione dello sfociare in mare del Po.La luce comincia a calare. Stasera abbiamo in programma una tappa ad Adria per un piatto di bigoli al radicchio di Chioggia, formaggio e speck. Risaliamo l’argine lasciandoci alle spalle il Grande Fiume che incurante di noi continua il suo viaggio verso l’ormai prossimo Adriatico.

Nessun commento:

Posta un commento