sabato 12 novembre 2011

Tra Quarnaro ed Istria via terra e via mare - 13. Qualcosa che somiglia alla felicità

Labinci, 30/8/2011
Ripercorrendo in senso inverso la strada che attraversa longitudinalmente le isole di Lussino e Cherso ci sembra di riavvolgere il nastro, se non di tutto il nostro viaggio, quantomeno degli ultimi otto giorni. Alla radio Tamara Obrovać, cantante e musicista jazz-folk istriana, introduce la prossima meta.
Difficile trovare qualcuno che parli con cognizione di causa ed in maniera equilibrata di Istria. Da un lato c’è chi commemora con ostentata commozione le vittime delle foibe, scordandosi dell’italianizzazione forzata e delle violenze perpetrate ai danni delle popolazioni di lingua slava durante il fascismo, che hanno creato i presupposti storici perché ciò avvenisse. Dall’altro c’è chi arriva ad inneggiare alle foibe, ignorando che quanto è avvenuto in Istria dopo la Liberazione è andato al di là delle rappresaglie politiche sfociando in qualcosa che somiglia molto a una pulizia etnica; a pagare non furono solo italiani compromessi col fascismo.

Dal traghetto appena salpato dal porto di Porozine non vogliamo guardarci alle spalle, anche se Cres ci è rimasta nel cuore, ma guardiamo avanti, verso il profilo della costa istriana che si avvicina lentamente. Di fronte a tanta bellezza riescono incomprensibili la violenza e la cattiveria che hanno rotto l’equilibrio tra popolazioni che bene o male avevano vissuto a lungo fianco a fianco.

Ecco il porto di Brestova, ecco l’Istria, corteggiata a lungo durante questo viaggio ed ora terra sotto i nostri piedi. Percorriamo la costa fino al fiordo di Plomin, poi ci dirigiamo verso l’entroterra. Ci fermiamo a Beram, poco distante da Pazin (Pisino); ero già stato qui qualche anno fa con i miei genitori ed avevamo visitato una chiesetta in mezzo al bosco, caratterizzata dalla presenza di interessanti affreschi. Oggi invece lo scopo della nostra sosta è un pranzo a base di specialità istriane; ci sediamo sotto il portico di un ristorante, accolti da un intenso profumo di tartufi, ed ordiniamo due piatti di fuzi (tipica pasta locale) al ragù di cinghiale.


A Tar (Torre) chiediamo ad un uomo sulla sessantina dove possiamo trovare una camera. Questi, esprimendosi in anglo-croato e tracciando con gesti vigorosi una mappa sul piazzale ghiaioso ci indica dove andare. Si tratta di un’agenzia familiare che però apre tra mezz’ora. Ci fermiamo a riposare nei giardini pubblici. Dal bar di fronte arrivano i canti impastati di alcool di due avventori che si stanno intrattenendo con la procace e provocante barista.

All’agenzia ci procurano un appuntamento per le 19 con una signora di Labinci (Santa Domenica), un altro paese dell’entroterra a pochi chilometri da Tar. Abbiamo il tempo per arrivare a Santa Marina, tra il porticciolo di Vabriga (Abrega) ed il camping per naturisti Solaris, e starcene un po’ in spiaggia. Ho anche un flash-back della mia infanzia e riconosco il punto esatto in cui mia madre scattò una foto a me e mia sorella.


La signora Angela e la figlia Erika sono molto cordiali e dopo essersi fermate a parlare un po’ ci mostrano la nostra camera. Mi affaccio dal balcone; alla mia sinistra la tipica chiesetta istriana, con le campane in cima alla facciata. Di fronte un uliveto. Sulla destra, oltre il profilo di Torre, il sole che tramonta sull’Adriatico. Per me, è qualcosa che somiglia alla felicità.

La sera passeggiamo per Novigrad (Cittanova), tipica cittadina di origine romanica della costa istriana, visibilmente influenzata dal dominio veneziano, situata su un promontorio proteso verso il mare. Per strada c’è parecchia gente, e la serata è movimentata da alcune installazioni di arte contemporanea ed alcuni concerti.

Rientro da Cittanova. Ad Antenal, dopo la curva in fondo alla discesa, si svela il promontorio occupato dai campeggi Lanterna e Solaris e la strada si tuffa tra lo stagno di fianco alla foce della Mirna ed il mare. Ed un pensiero mi passa per la testa: la bellezza di questa terra ancora intatta, indipendentemente dai re, dai dittatori e dai presidenti che pretenderanno di comandarla, pronta ad ospitarmi ogni volta che vorrò tornare.

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