mercoledì 4 novembre 2009

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 7. Libertà di movimento

Sami, 22/08/09
La strada sale, a tratti un po’ rattoppata, come certi vecchi maglioni usurati. Curve e controcurve, un tratto di discesa, poi un altro strappo in salita. Alla nostra destra una pietraia scoscesa, interrotta giusto da qualche timido arbusto. Di tanto in tanto qualche tratto di strada più ombreggiato, dove ritorna la presenza di pini marittimi e cipressi; il beneficio dato dalla frescura è immediato. Qualche piccolo villaggio, una manciata di case qua e là, per la strada solo qualche viandante e gli anziani riuniti all’ombra del pergolato davanti a qualche taverna. Qualche casa diroccata, parecchi orti, pochissimi negozi. Immagini che passano davanti ai nostri occhi per un minuto o poco più, poi è nuovamente pietraia che scende a strapiombo verso il mare, tra muretti a secco che delimitano a volte i piccoli orti al limitare dei villaggi, a volte gli uliveti, a volte non si capisce bene che cosa perché nel loro perimetro non si vede altro che rocce. Ancora macchie di cipressi che svettano in lontananza sopra gli altri alberi con portamento austero, quasi volessero distinguersi. Qualche strada scende verso la costa, ma si tratta per lo più di sentieri da capre. E non è un modo di dire; lungo la strada ne incontriamo parecchie. Capre e mucche. Stiamo percorrendo la strada che collega Agia Evfymia e Fiskardo. Oggi esploreremo la parte settentrionale dell’isola.
Credo che il motorino sia il modo migliore per visitare Cefalonia. La sensazione di libertà che stiamo provando è qualcosa che ci inebria. Libertà di improvvisare, di decidere tutto ad un tratto di cambiare percorso, di effettuare una sosta fuori programma; questi sono i viaggi che amo, e la Grecia sembra fatta apposta per questo. Libertà di movimento. Non ho ancora visto nemmeno un cartello di proprietà privata. Certo, siamo su un’isola relativamente piccola e la criminalità è quasi inesistente, come ci hanno riferito alcuni abitanti; sulla terraferma la situazione è senza dubbio diversa. Ma per contrasto mi viene in mente come l’Italia sia invece diventato il paese dei divieti d’accesso, delle proprietà private, degli “attenti al cane e al padrone (con tanto di pistola disegnata di fianco), dei divieti assoluti di passaggio ai non autorizzati. Per lavoro sono spesso in campagna e mi trovo continuamente la strada sbarrata da messaggi minatori di questo tipo. Anche i nostri fiumi, che dovrebbero essere un patrimonio di tutti, sono spesso irraggiungibili perché le strade sono chiuse in quanto attraversano fondi privati. Sarà la cosiddetta “emergenza sicurezza”, sfruttata spesso demagogicamente per motivi politici e amplificata dai media, che assume talvolta i connotati di una paranoia pura. Tutto questo va al di là della legittimità della proprietà privata; è l’emblema di un mondo formato da sempre più persone che si interessano solo delle loro quattro mura, in un’ottica di chiusura mentale caratterizzata dalla filosofia “questa è casa mia e faccio quello che voglio; di quello che succede fuori, chi se ne fotte”. Una società di questo tipo non può andare lontano.
Un altro aspetto, strettamente collegato a quant
o detto finora, è la mercificazione del territorio. Il mare italiano somiglia sempre di più ad un supermarket, e bisogna pagare per fare qualsiasi cosa. In Italia ormai la maggior parte delle coste è diventata una distesa di ombrelloni colorati. Il bagno 1 coi suoi cinquanta metri di ombrelloni blu, il bagno 2 coi suoi cinquanta metri di ombrelloni rossi, e così via. Ogni tanto compare come per miracolo una spiaggia pubblica, solitamente stipata di gente e poco pulita, magari in prossimità di qualche rigagnolo che sfocia in mare portando con se gli scarichi del paese e delle industrie a monte. In Grecia è il contrario: anche nelle spiagge più rinomate si trova al massimo un bagno con le sdraio ed i servizi necessari per gli anziani, le famiglie con bambini, e per chi semplicemente preferisce starsene più comodo. Il resto della spiaggia è completamente libero. Quasi sempre si trova anche una piccola doccia per togliersi il sale di dosso; chiunque la può utilizzare. Dimenticavo: è gratis.

La costa tra Sami ed Agia Evfymia è piena di minuscole spiagge. Più a nord si trovano solo calette raggiungibili via mare o tramite strade che scendono dall’interno. Questo fino a Fiskardo, dove ci fermiamo a fare un bagno e a mangiare un panino all’ombra di un uliveto. Lo stesso tipo di costa si trova sul versante opposto dell’isola, tra Fiskardo ed Asos. Nei pressi di quest’ultimo villaggio si trova la celeberrima spiaggia di Myrtos, considerata una delle più belle di tutta la Grecia. Fare il bagno nelle sue acque limpide al termine di una calda giornata è davvero una bella soddisfazione. E le caprette che si inerpicano tra le pietraie ad una decina di metri dalla spiaggia conferiscono al paesaggio un aspetto più popolano e, proprio per questo, più reale. Questi non sono i Caraibi: questa è la Grecia.
Fiskardo e Asos sono le due cittadine di Cefalonia che hanno maggiormente conservato il loro aspetto originario anche dopo il distruttivo terremoto del ’53. Fiskardo è situato sull’estremità settentrionale dell’isola, intorno a una graziosa baia lungo la quale si suss
eguono i bar e i negozi di souvenir. Asos, una ventina di chilometri più a sud, si sviluppa su una lingua di terra che collega l’isola con un promontorio sulla cima del quale sorgono le rovine di un forte veneziano, accessibile solo a piedi. Il percorso per raggiungerle non è brevissimo (ci si impiega circa un quarto d’ora - venti minuti) ma fortunatamente è piuttosto ombreggiato e salendo si gode un meraviglioso panorama.
Per quanto riguarda il resto dell’isola, la maggior parte dei centri abitati è stata interamente ricostruita dopo il sisma. Alcune cittadine, come la stessa Sami, sono piuttosto turistiche; nulla a che vedere però con la confusione di Kavos. Si tratta più che altro di camere in affitto, appartamenti, ristoranti, caffè e negozi di souvenir, che occupano le strade principali. La ricostruzione nel complesso è stata portata avanti con un certo criterio: sono pochi gli edifici di recente costruzione che spiccano per la loro bruttezza. Anche qui, come a Corfù, si notano molte costruzioni ad un piano con i ferri delle armature dei pilastri che fanno capolino dalla copertura, in previsione di un eventuale ampliamento. Ci sono diverse case abbandonate, spesso perché il terremoto le ha rese inagibili. L’elemento di maggiore impatto è costituito soprattutto dagli scheletri in calcestruzzo di edifici mai terminati; nel più classico dei paesaggi mediterranei decadenti. D’altra parte tutto il Mediterraneo, terra di antiche civiltà del passato e di miserie del presente, è inevitabilmente decadente.La Grecia incarna perfettamente quest’immagine di Mediterraneo. Ma sulle rive del Mare Nostrum può considerarsi in buona compagnia.

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