lunedì 2 novembre 2009

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 6. Un gatto fortunato

Sami, 21/08/09
Il sonno sulla nave per Patrasso è piuttosto agitato, in parte per il vento che soffia feroce sul ponte ed in parte a causa di orde di barbari che nel cuore della notte di tanto in tanto passano cantando a squarciagola nel loro idioma teutonico. Le navi greche finora ci hanno sorpreso per la loro inattesa puntualità: alle sei in punto siamo a Patrasso. La biglietteria però apre alle nove e la nave parte a 12:30, come ci dice l’anziano signore dell’ufficio informazioni. “Italia? Where do you come from? Roma? Napoli? Milano? Torino?”: il classico inizio di conversazione tra un greco ed un italiano. “My parents from Torino”, ci dice, ma non parla una parola di italiano e l’inglese non va molto meglio. Si limita a scrutarci con aria enigmatica, ma alla fine capiamo di riuscirgli simpatici.
Al di là della ruffianeria nei confronti dei turisti stranieri, le nostre prime impressioni sembrano confermare il famoso detto “una razza, una faccia”, a rappresentare l’opinione diffusa che gli italiani in Grecia siano tutto sommato benvoluti (“Italiano? No problema” è un altro inizio di conversazione ricorrente). Forse i difetti tipici degli italiani all’estero sono accettati più di buon grado dagli altri popoli mediterranei, inevitabilmente più vicini a noi come mentalità. Eppure gli italiani in Grecia sono stati anche degli invasori. Per trovare una spiegazione a questa apparente contraddizione può essere utile riguardars
i “Mediterraneo” di Salvatores, che pur idealizzando a tratti in maniera troppo semplicistica la questione, credo si avvicini alla realtà. Probabilmente le popolazioni delle isole occupate dagli italiani durante la seconda guerra mondiale hanno capito che, al di là dei proclami mussoliniani, la maggior parte dei soldati italiani non aveva intenzione di spezzare le reni a nessuno. Agli occhi dei greci quei ragazzi malamente attrezzati che non sapevano nemmeno perché si trovavano in quel posto dovevano essere dei poveracci, così come lo erano loro. Con i tedeschi le cose andarono diversamente. La digressione non è fuori luogo perché la nostra prossima meta è Cefalonia.
Ne parliamo con Zvoran, un ragazzo sloveno che ha appena concluso un giro attraverso le Isole Ionie simile al nostro, utilizzando però la sua mountain bike come mezzo di trasporto e dormendo sulle spiagge o nelle case abbandonate. Ammette candidamente di avere avuto un po’ di paura, anche solo per autosuggestione, ma dovendo risparmiare “meglio farlo sui pernottamenti che sul cibo
”. Parliamo di Grecia (anche per lui è la prima visita), Italia, Istria. Zvoran è di Nova Gorica, la parte della città di Gorizia che sorge in territorio sloveno; poco distante dai luoghi in cui ho trascorso le estati della mia infanzia e dove torno ancora quando ne ho l’occasione. La baia di Sistiana, Trieste, Capodistria, la strada che attraversa la foce della Mirna, il promontorio a sud di Medulin… Parliamo delle sue zone e lui annuisce, un po’ sorpreso dalla nostra buona conoscenza di quei luoghi. Congedandoci gli auguriamo buon rientro e buona fortuna per i suoi viaggi futuri. Sogna di andare in Nord America e a vederlo così, occhi limpidi, barba bionda un po’ lunga ma ben curata (non lo diresti che ha appena trascorso due settimane così avventurose) mi viene da pensare che deve aver visto “Into the wild”; mi ricorda un po’ il protagonista, per certi aspetti. Pur non avendo visto il film conosco la storia; con tutto il cuore, gli auguro un epilogo ben differente!

Ci accomodiamo sul ponte de
lla nave che ci porterà a Sami, sulla costa orientale dell’isola di Cefalonia. Tiro fuori il lettore mp3 e scopro di avere caricato da chissà dove un album di Goran Bregovic’ ed Alkistis Protopsalti, famosa cantante greca autrice del pezzo dal ritmo quasi reggae che le radio elleniche trasmettono a ripetizione in questi giorni. La colonna sonora ideale mentre percorriamo il canale del Peloponneso, con le sue brulle coste che scorrono all’orizzonte.
Una sera di tanti anni fa – avrò avuto otto o nove anni – stavo passeggiando con i miei genitori, quando lessi su un cartello stradale il nome di due nostri compaesani “caduti di Cefalonia” a cui è stata dedicata la via che attraversa un piccolo gruppo di villette a schiera. Chiesi loro che razza di malattia fosse mai la cefalonia, immaginandomi una specie di tumore al cervello, una cefalea letale o qualcosa di simile. La mia uscita li divertì molto.
Ora Cefalonia – di cui
nel frattempo ho avuto modo di conoscere la tragica storia – è, per il viaggiatore che vi si avvicina da Patrasso, un’isola che gioca a nascondersi dietro Itaca, per poi delinearsi chiaramente con i suoi spogli crinali su cui girano numerose pale eoliche. A proposito di energie rinnovabili sono ben lieto di poter dire che a Corfù ho visto parecchi pannelli solari e qualche piccolo impianto fotovoltaico. Anche in Grecia qualcosa si muove.
Arrivati a Sami p
ranziamo sul lungomare; ho modo così di assaggiare la taramosalata, un’insalata a base di uova di pesce. Mi aspettavo qualcosa di diverso, invece mi portano una specie di salsa, apparentemente simile alla tonnata ma forse ancora più gustosa. Ci mettiamo poi alla ricerca di un appartamento.
Ci sono almeno due cose che i greci, in quasi
quattrocento anni sotto il dominio ottomano, hanno imparato dagli odiati vicini turchi. La prima è il caffè greco, simile a quello turco, che bisogna bere avendo l’accortezza di lasciare depositare la polvere sul fondo della tazzina (in questi giorni sta diventando un rito quotidiano). La seconda è il bisogno psicologico di contrattare il prezzo anche quando non ce n’é bisogno. L’appartamento che troviamo è dotato di cucina; spenderemo qualcosa in più ma nei prossimi giorni avremo modo di prepararci qualche pasto in più a casa. Decidiamo di risparmiare sul mezzo di trasporto, noleggiando per tre giorni uno scooter anziché un’automobile.
C’è tempo per un bagno nella spiaggia di ciottoli poco sotto l’appartamento, seguito da un tramonto con il sole che esce di scena tra le pale eoliche; il momento in cui riesci a distinguere ogni singolo fotogramma del tempo che scorre.
Ora sto scrivendo al tavolino sulla terrazza esterna. Accanto a me uva e pesche portate dal nostro padrone di casa in segno di benvenuto. In bocca il sapore di una Mythos fresca. Di fianco a me uno dei famosi gatti greci contempla i due lati del golfo che sembra aprano le braccia al largo verso Itaca.
Un gatto fortunato.

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