martedì 24 novembre 2009

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 10. I giorni dei fuochi

Sami, 25/08/09
La Grecia in questi giorni è scossa dalle immagini degli incendi estivi trasmesse da tutti i canali e riproposte dai giornali nazionali con copertine dall’effetto scioccante. L’Attica va a fuoco; come già accadde pochi anni fa, gli incendi sono arrivati ad una ventina di chilometri da Atene e c’è il rischio che alcuni quartieri periferici debbano essere evacuati (anche se le ultime notizie dicono che l’allarme è per ora rientrato). Pare che ci siano alcuni incendi anche nella vicina Zacinto, che depenniamo definitivamente dalla lista delle possibili mete. Ne mai più toccheremo le sacre sponde; perlomeno, non quest’anno.
Oggi passiamo proprio nel bel mezzo di quella macchia mediterranea che ogni estate sembra trasformarsi in una polveriera pronta ad esplodere da un momento all’altro. Percorriamo un sentiero che da Sami, attraverso boschi, antiche rovine, uliveti, muretti a secco, greggi di capre e mandrie di mucche porta ad Antisamos, una delle spiagge più rinomate di Cefalonia. La baia è piuttosto attrezzata; si può dire che è la più “turistica” tra le spiagge dell’isola (evidenziando l’utilizzo delle virgolette). Qui ci fermiamo per un bagno ed un pasto frugale a base di prosciutto locale e fichi bianchi appena colti per la strada. Mangiare la frutta presa direttamente dall’albero da una gioia quasi infantile.
Al ritorno percorriamo la strada asfaltata che segue la costa, tra odore di mirto selvatico e di carogna, panorami mozzafiato e carcasse di lavatrici arrugginite e auto abbandonate. I contrasti di questo crudele, meraviglioso, incorreggibile Mediterraneo.

Henry Miller definì le donne greche con l’aggettivo “regali”. Sara mi c
hiede di dare un’interpretazione a quel termine. Mi viene da pensare ad un’eleganza, direi quasi ad un vago senso di superbia che fa implicitamente riferimento ad un grandioso passato; niente a che vedere però con atteggiamenti snob o altezzosi. A passeggio per le strade di Sami cerco conferma di tutto ciò. A Cefalonia è più facile riconoscere le donne greche, perché il turismo interno è più significativo che a Corfù, e perché oltre ai greci la nazionalità più rappresentata è quella italiana. I turisti italiani sono immediatamente riconoscibili ancor prima che aprano bocca. A conferma di ciò il fatto che quando mi trovo all’estero – non solo qui in Grecia – i locali mi si rivolgono spesso in italiano, anticipando il mio goffo inglese. Con Sara solitamente c’è qualche attimo di esitazione in più.
In questa stagione il numero dei turisti supera ancora nettamente quello degli abitanti, ma perlomeno la presenza di numerosi turisti greci ci da l’occasione di osservare meglio questo popolo. Se non altro il primo saluto quando incontriamo qualcuno è yassou, non più hello come a Corfù; solo successivamente si passa all’inglese o al
l’italiano.
Per quanto riguarda le donne, si distinguono per quell’aria vagamente orientale data dal colore olivastro della pelle, dal taglio degli occhi e da altri piccoli particolari (ma forse sono solo mie suggestioni). Piuttosto rispondente all’im
magine tipo della donna greca che mi sono costruito in questi giorni è la nostra padrona di casa, che incontriamo casualmente entrando nel suo negozio di souvenir. Dopo il saluto rimaniamo a guardarci imbarazzati perché vorremmo parlare, anche solo per scambiarci qualche frase di cortesia, ma lei parla “mono greek”, come ci ha spiegato scusandosi la prima sera. Mi chiedo come faccia a vivere di turismo senza spiaccicare nemmeno una parola né di inglese, né di italiano, né di qualsiasi altra lingua straniera.
Quello della lingua è s
tato, a suo modo, un problema che ci ha accompagnato in questi giorni. Si comunica prevalentemente in inglese, che però non è madrelingua nostra né dei nostri interlocutori. Questo spesso ci impedisce di approfondire quanto vorremmo il confronto con gli abitanti locali. Ci affidiamo perciò molto alle impressioni, così come sono solo impressioni quelle che riporto nei miei appunti, senza la pretesa di avere in tasca tutte le verità sulla Grecia dopo solo una decina di giorni di permanenza qui.

Ora me ne sto sulla terrazza ad ascoltare il vociare in
greco dalla strada, dalle finestre aperte, dalle televisioni. L’inquilino del piano di sopra mangia rumorosamente qualcosa di acquoso, probabilmente un’anguria. Dall’altra parte della baia il baluginare di luci raggruppate sul mare, luci che poi proseguono ad intervalli regolari disposte su una linea retta lungo la costa o salendo a zig-zag verso la montagna. Più lontano, nel buio della notte, si staglia appena la sagoma di Itaca. Domani a quest’ora saremo già là.

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