mercoledì 11 novembre 2009

Per le isole Ionie seguendo solo una traccia - 8. Kiriakì

Sami, 23/08/09
Kiriakì. Ovvero, domenica. Ci svegliano i canti provenienti dalla chiesa ortodossa, che irrompono nell’aria appena Sara apre le imposte azzurre facendo entrare il sole mattutino nella stanza, fino a questo momento velata dalla luce color indaco filtrata dalle persiane. Le melodie hanno qualcosa di vagamente orientale e si diffondono per tutta la cittadina; mi torna in mente Sarajevo e i risvegli al canto dei muezzin.
Percorriamo la strada tra Sami ed Argostoli, che taglia l’isola passando attraverso montagne più verd
i di quelle incontrate ieri lungo il tragitto per Fiskardo. Pochissime case lungo questo tratto di strada, solo minuscole cappelle, con funzione analoga alle nostre santelle ma simili a vere e proprie riproduzioni in miniatura delle tipiche chiese ortodosse.
Parcheggiamo lo scooter e raggiungiamo Argostoli a piedi, attraversando il vecchio ponte che collega la costa occidentale dell’isola con la penisola su cui sorge la capitale formando una laguna che è stata dichiarata zona protetta. La città è stata quasi interamente ricostruita dopo il terremoto del ’53 e non offre particolari attrattive. Il nostro colpo di fortuna è la sosta in un kafeneio. Mentre ce ne stiamo seduti su un tavolino di fronte alla laguna vedo un gruppetto di persone riunito sul ponte. Un ragazzo indica qualcosa che si muove sott’acqua. Ci avviciniamo e vediamo per la prima volta una tartaruga Caretta caretta. Sapevo che incontri di questo genere sono frequenti sull’isola di Zacinto, dove le tartarughe sono però minacciate dalla cementificazione e dal turismo di massa che interessano particolarmente la baia nella quale depongono le uova. Per la seconda volta – dopo l’incontro con il delfino – ci pervade per qualche istante un gioia quasi infantile. Questo secondo incontro era insperato, anche perché difficilmente andremo a Zacinto. Un po’ per mancanza di tempo e un po’ per il timore di finire in un’altra Kavos; siamo ancora in agosto, dopotutto.
I turisti a Cefalonia sono piuttosto di
fferenti da quelli incontrati a Corfù, non solo per fascia di età (famiglie e giovani coppie hanno sostituito le comitive di adolescenti) ma anche per nazionalità: meno inglesi e tedeschi, più greci ed italiani. Un napoletano al kafeneio ci sente parlare in italiano e mi chiede di fare una foto a lui e alla moglie; poi nel salutarmi mi dice “hai fatto ‘bbene”. Allude alla maglietta che indosso, quella che porto sempre con me nello zaino quando vado all’estero. Quella con la scritta “io non ho votato Berlusconi” riprodotta in svariate lingue straniere. Ci tengo a farlo sapere, visto che all’estero ultimamente si stanno facendo delle grasse risate alle nostre spalle, a causa dell’individuo che ci dovrebbe rappresentare.
Anche i g
reci d’altra parte hanno i loro problemi, pur senza raggiungere il nostro livello farsesco. Il governo di Nuova Democrazia è fortemente contestato ed è tra i pochi schieramenti di destra ad avere perso le elezioni europee di tre mesi fa. I socialdemocratici del PASOK ed i comunisti del KKE sono anch’essi bersaglio delle manifestazioni di piazza che da parecchi mesi (cioè dal giorno dell’uccisione del giovane anarchico Alexis da parte della polizia) stanno mettendo a ferro e fuoco Atene ed altre città della Grecia. Molta gente ormai non si sente più rappresentata da nessuno; un po’ come in Italia, per certi versi, anche se a quanto pare noi la pazienza non l’abbiamo ancora persa e pur lamentandoci continuiamo a sorbirci tutte le panzane televisive. In Grecia si stanno arrabbiando. A noi sembra che vada bene così. Almeno per ora.

Sulla strada che da Argostoli porta verso sud si incontrano le indicazioni per Agios Georgos, con le sue chiese e i resti del castello, conservati sicuramente meglio di altre rovine incontrate finora. Dalla sommità della fortezza, che offre un suggestivo panorama su questa parte dell’isola, individuiamo la nostra prossima meta; la baia di Lourdata, una dozzina di chilometri di spiaggia caratterizzati da ciottoli bianchi e da un mare dello stesso azzurro limpido di Myrtos. Tutta la costa fino a Skala è un’alternarsi di sabbia e ciottoli che scivolano in un azzurro stupefacente.
Ci fermiamo per il pieno. La TV nel gabbiotto del distributore trasmette le immagini degli ormai consueti incendi estivi. Scendendo verso Skala stiamo incontrando diverse aree – fortunatamente di estensione tutto sommato limitata – colpite da incendi anche recenti. Nella zona di Markopulo l’odore di terra bruciata ci entra nelle nari
ci.
Grecia, Italia, Spagna. Ogni anno la stessa storia. Il caldo torrido che favorisce lo svilupparsi degli incendi, certo. Ma non credo più di tanto alla storia dei turisti distratti che gettano dal finestrino i mozziconi di sigaretta, né ai piromani, ovvero a quei folli che si divertono ad appiccare il fuoco nei boschi. Credo di più alla speculazione. L’obbligo di mantenere la destinazione boschiva nelle aree colpite da incendi in Italia c’è già. Quello di identificare le aree boscate segnalando quelle che sono state distrutte dal fuoco anche. Il discorso è sempre lo stesso: le regole ci sarebbero anche, occorrerebbe farle rispettare.

Da Skala a Poros la costa diventa più selvaggia e aspra, in un susseguirsi di calette rocciose e spiagge di ciottoli. Non c’è altro da fare che scegliere un posto e fermarsi per l’ultimo bagno della giornata. La strada da Poros a Sami attraversa l’entroterra in un paesaggio diversificato, tra spoglie distese di rocce e boschi piuttosto fitti. Vorremmo fermarci ogni cento metri a scattare foto, fare due passi nei villaggi o camminare in mezzo ai boschi, ma si sta facendo tardi. Vogliamo arrivare all’appartamento per farci una doccia e poi uscire di nuovo. Stasera abbiamo deciso di cenare fuori.
Andiamo a Pouleta, paese dell’interno a pochi chilometri da Sami. Il Rombolis offre un menù a base di carne proveniente dagli allevamenti di proprietà del gestore. Non sono un gran carnivoro, ma devo riconoscere che è davvero ottima. E soprattutto, a chilometro zero!
Rientrati a Sami ci fermiamo ad un concerto proprio vicino al nostro appartamento: una specie di festa paesana con musica pop-folk, o qualcosa di simile. An
ziani, giovani, uomini e donne ballano insieme passandosi le braccia sulle spalle, nel tipico schieramento delle danze greche. Non capiamo esattamente quello che ci sta capitando intorno. Ma è entusiasmante.

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