martedì 26 ottobre 2010

Coast al cubo - 6. Salento (shire?)

Torre Castiglione, 3/8/2010
Ho tanto parlato a Sara della Riserva Naturale di Porto Selvaggio che ora vuole andarci anche lei. Prendiamo quindi la litoranea in direzione Sud. Attraversiamo il labirinto di sensi unici di Porto Cesareo coi loro nomi da battaglia navale scritti a vernice o a spray sui muri, insieme alle scritte “vendesi suolo” con tanto di recapito telefonico, alle citazioni dei Negramaro (glorie musicali locali) ed agli slogan contro il nucleare (il Salento è tra le zone di cui si parla come possibile ubicazione delle centrali promesse – o minacciate – dal governo).
Scendiamo a Torre Uluzzo e ci facciamo un bel po’ di bagni, poi consumiamo uno spuntino a base di rustico e puccia con la costa brulla alla nostra sinistra, il mare blu sotto di noi che si infrange contro gli scogli e la sagoma di Gallipoli all’orizzonte.
La cucina pugliese – e quella salentina in particolare – tra pucce, rustici e frise offre molte possibilità per farsi uno spuntino leggero e rituffarsi in mare; cosa che facciamo anche noi. Risaliamo a metà pomeriggio, attraverso il sentiero che si fa spazio tra pietraie, arbusti di macchia mediterranea, fichi d’india, rovine di torri di avvistamento e furnieddhru (le tipiche costruzioni rurali a pianta circolare e tetto a volta). Ripartiamo per Gallipoli mentre un ambiguo individuo fa pagare 2 euro come fantomatico prezzo per il parcheggio ad un perplesso turista tedesco. E’ la prima volta che assisto ad una scena del genere da queste parti, mentre sul Gargano e dalle parti di Bari l’ho vissuto personalmente più di una volta.

A Gallipoli parcheggiamo su Corso Roma e percorriamo la moderna passeggiata che, tra negozi e ristoranti, conduce al palazzo vetrato che con la sua ventina di piani fa da irrazionale “porta” alla città vecchia. Io e Sara ripercorriamo, due anni dopo, gli stessi vicoli, perdendoci tra palazzi barocchi, arcate, corti interne, santi e santelle, anziane signore sedute davanti all’uscio, bouganville che si arrampicano sui muri bianchi.

Ritorniamo a Torre Castiglione percorrendo la strada più interna, che attraversa la terra rossa di Salento ed i suoi uliveti, tra i quali di tanto in tanto ritorna la scritta “vendesi”. Negli ultimi tempi, oltre ai turisti del Centro-Nord Italia, anche gli inglesi hanno scoperto il Tacco d’Italia e stanno acquistando e risistemando case e masserie, tanto che dopo il “Chianti Shire” e il “Marche Shire” si comincia a parlare di “Salento Shire”.
In questa fase di espansione turistica tante domande sorgono spontanee: Quale direzione prenderà il Salento? Quella dei posteggiatori abusivi? Quella del turismo esclusivo? Rimarrà una meta accessibile a tutti? Resterà una terra conservatrice? Diventerà una terra aperta, alternativa, al suono dell’ideale gemellaggio giamaicano-salentino della musica dei Sud Sound System? Sarà la terra delle energie rinnovabili o del nucleare? Nei campi ci saranno ulivi secolari o pannelli fotovoltaici? Si piegherà al modello imperante della super-produzione o continuerà a puntare sul turismo? E soprattutto, riuscirà a portare avanti un turismo sostenibile e non basato sulla cementificazione selvaggia?
Bisognerebbe dare più opportunità ai salentini costretti a disperdersi per il mondo. Ma guardo la bellezza di questa terra rossa e spero con tutto il cuore che si trovi il modo di farlo senza deturparla come è già accaduto in troppe parti d’Italia.

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