mercoledì 27 ottobre 2010

Coast al cubo - 7. Segnali di vita

Torre Castiglione, 4/8/2010
Tante, troppe cose vorremmo fare in Salento. Ci piacerebbe ritornare ad Otranto, dove nel 2006 e nel 2008 abbiamo avuto una guida d’eccezione: Sandro, amico nato e cresciuto nel vicino paese di Melendugno. C’è poi la zona di Leuca, quella che conosco meno; sarebbe bello esplorare la zona a Nord del Capo. Come se non bastasse, il recente (e bellissimo) film di Ferzan Ozpetek “Mine vaganti” ci ha fatto venire voglia di torna
re a Lecce, città nella quale è stato girato. Ma domani lasceremo la Puglia. Il nostro viaggio proseguirà verso Nord-Ovest. Oggi eviteremo di fare troppa strada e ci terremo freschi per domani.

Ci facciamo un
a passeggiata per la Riserva della Palude del Conte da Torre Castiglione a Torre Lapillo, tra dune costiere, zone umide, spunnulate (specchi d’acqua di origine carsica) e soprattutto bellissime spiagge. “Posto magnifico…però tutta ‘sta roba bisognerebbe tirarla via”, mi dice un signore sulla sessantina indicando la sporcizia sulla spiaggia, mentre sto per immergermi nelle acque ioniche. Effettivamente anche qui si alternano bellezza e decadenza, in puro stile mediterraneo. Siamo consapevoli della nostra incapacità di gestire l’immenso patrimonio naturale ed artistico che ci ritroviamo, e dell’inerzia dei nostri amministratori e dei nostri politici: ma lascia ancora meravigliati ed indignati l’inciviltà che si nasconde dietro ad ogni bicchiere di plastica, pacchetto di sigarette, involucro di gelato abbandonato tra gli scogli.

Nel tardo p
omeriggio saliamo in auto, mettiamo su i Nidi d’Arac e partiamo alla volta di Nardò, dove rimaniamo incantati davanti al tripudio barocco della cittadina leccese, dalle sue chiese, dai suoi palazzi, dal tempietto dell’Osanna, dal Castello e soprattutto dalla centralissima Piazza Salandra. Camminiamo a lungo per i vicoli del centro, tra sale da barba d’altri tempi e circoli ( a Nardò se ne contano davvero tanti: edili, commercianti, muratori, bersaglieri…). Camminiamo finchè la fame non ha il sopravvento; e allora un bel piatto di orecchiette, alla leccese (pomodoro e ricotta forte) per me, e con pomodoro, basilico, provola e speck per Sara. Il tutto accompagnato da Negroamaro.
Facciamo ancora due passi prima di ritornare alla macchina. Sui muri campeggiano ancora i manifesti per le ultime elezioni regionali. Nichi Vendola è ormai sbiadito ma ci fissa ancora con aria di sfida. Eccolo di nuovo, il personaggio che una parte di sinistra ha trasformato nel nuovo San Nicola da Bari. Lo spauracchio di una destra che lo accusa di populismo. Uno a cui si potrebbero fare molte domande, dal suo ruolo nello scandalo della sanità pugliese (ma almeno pare abbia fatto piazza pulita dei personaggi coinvolti nelle indagini della magistratura) alla sua posizione sugli inceneritori (contraria a parole, ma è delle scorse settimane l’autorizzazione ad un nuovo impianto in Capitanata). Un omosessuale dichiarato di idee sostanzialmente radicali che da sei anni governa una regione tendenzialmente conservatrice. Uno di sinistra che non si vergogna di esserlo e che riesce ad entusiasmare la gente in piena era berlusconiana.
“Se Vendola si candiderà avrà grandi possibilità di successo perché incarna un sogno, qualcosa di cui gli italiani hanno bisogno”, diceva poco fa il proprietario di un negozio di artigianato, aggiungendo subito dopo, a smorzare l’eccessivo entus
iasmo: “…anche perché se ti guardi intorno non c’è nient’altro”.
Non mi sento di definirli sogni, ma in quest’epoca di mediocrità assoluta quelli che arrivano dalla Puglia sono se non altro segnali di vita.

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