domenica 23 agosto 2015

La valle che c'è - 2. Dal regno di Melinda a un profondo burrone



Castel Thun (TN), 24/10/2014

Carta alla mano pianifichiamo le tappe che abbiamo intenzione di affrontare lungo il tragitto che ci riporterà a casa. Iniziamo da Sanzeno, una decina di chilometri a sud di Malosco: parcheggiamo l’auto di fianco al Museo Retico (pare sia interessante, ma aprirà solo nel pomeriggio e sono ancora le dieci del mattino). Da qui prendiamo il sentiero verso l’eremo di San Romedio, che si sviluppa inizialmente attraverso coltivazioni di mele.
Riguardo al frutto simbolo della val di Non, quanto ci è capitato di vedere più volte in questi giorni è da manuale, ma nel senso negativo dell’espressione. Filari che seguono le linee di massima pendenza anziché le curve di livello (il che garantirebbe maggiore stabilità del terreno) e piante molto ravvicinate l’una all’altra (è facile immaginare un massiccio uso di pesticidi). Amici che hanno lavorato da queste parti potrebbero confermare i nostri dubbi: meli e viti risulteranno più simpatici del mais di casa nostra, ma l’agricoltura intensiva è in ogni caso ben poco sostenibile per i territori.
Il sentiero va presto ad incunearsi nella roccia, secondo uno dei repentini cambiamenti del paesaggio caratteristici della Val di Non: dal regno di Melinda a un profondo burrone. Ci troviamo lungo una delle due pareti verticali che racchiudono una specie di canyon in fondo al quale la strada asfaltata ed il torrente che solca la vallata sembrano danzare insieme. Si ripete, su scala più grande, l’ambiente attraversato ieri a Fondo.
In meno di un’ora si raggiunge il bellissimo santuario di San Romedio, uno dei più antichi luoghi di culto ed eremitaggio. All’ingresso dell’eremo è posizionata la statua lignea di un orso: la tradizione vuole che fosse proprio un plantigrado il principale compagno di Romedio durante l’eremitaggio. Meglio però non soffermarsi troppo a parlare di orsi visto che non molto distante da qui, pochi mesi fa, è avvenuta l’uccisione dell’orsa Daniza, fatto che ha sollevato numerose polemiche.

Sara non vuole lasciare il Trentino senza avere mangiato i canederli. Ci fermiamo quindi a Dermulo, dove abbiamo modo di assaggiare anche la mortandela, un salume tipico locale. Ripartiamo quindi, ampiamente soddisfatti, per Castel Thun, già proprietà della famiglia omonima – la più importante della Val di Non tra il 1100 e la metà del’900 – rilevata in tempi più recenti dall’Amministrazione Provinciale. Nelle sale del castello, a seguito dei lavori di restauro, sono ritornati gli arredi originali, a restituirci uno spaccato della vita quotidiana nel maniero. Ma vale la pena di fare anche una passeggiata per i giardini, approfittando del sole autunnale per scattare qualche ultima foto della Val di Non da questa posizione privilegiata. La vallata è ampia, il territorio è dolcemente ondulato e modellato dalle coltivazioni. Più in là la prima neve autunnale sulle cime montuose. Ma tra i pendii, per le vie dei paesi, in mezzo ai boschi, in fondo a sorprendenti burroni, c’è senza dubbio ancora molto da scoprire.

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