lunedì 22 novembre 2010

Coast al cubo - 12. Perle e porci

Maratea, 9/8/2010
Disco club, balli di gruppo, animatrici che ti salutano con il loro squillante “buongiorno!” e che già alle nove e mezza di mattina inseguono i turisti in spiaggia per coinvolgerli nel risveglio muscolare sono quanto di più lontano dalla nostra idea non solo di vacanza ma anche di campeggio. Allo stesso modo i braccialetti colorati tanto di moda nei camping salentini, per marchiare i turisti come i bovini negli allevamenti o come i prigionieri in libertà vigilata nei film americani. Usciamo dal campeggio appena possibile diretti a Maratea.
Saliamo al Redentore, statua del Cristo alta 22 metri (seconda al mondo in altezza solo a quella di Rio de Janeiro, anche se in Polonia ne stanno costruendo una che le supererà entrambe) situata in posizione panoramica sul Golfo di Palinuro. In realtà il Redentore sembra infischiarsene del belvedere sul Tirreno: volta infatti le spalle al mare ed apre le braccia in direzione della Basilica di San Biagio, un centinaio di metri più avanti.
Ho cambiato macchina e ragazza: la prima succhiava troppo, la seconda troppo poco. D&G: Dammela e Godo. Scopando troppo si diventa ciechi (con i caratteri che si rimpiccioliscono). Non è un attacco di blasfemia: sto solo riportando le scritte sulle t-shirt in vendita nei negozi situati tra la statua e la basilica, tra i souvenir del tipo a Maratea andai, a te pensai, questo ricordo ti portai, i Redentori in miniatura nelle sfere di plastica (quelle che se le ribalti nevica) e i manganelli con i colori delle varie squadre di calcio europee, in un mix di religiosità ostentata, volgarità e trash che mi pare emblematico della deriva italica.
Ben altra atmosfera si respira in paese: la “perla del Tirreno” è un grazioso centro che ha conservato una sua personalità, senza cedere alla cementificazione selvaggia e alla mercificazione della propria immagine. Giusto sulla via principale si trovano alcuni negozi di souvenir (che fortunatamente non eccedono in articoli pacchiani) e qualche bar/pasticceria. In uno di questi ci sediamo per prendere un caffè e un bocconotto (tortina ripiena di crema ed amarena), poi passeggiamo romanticamente per i vicoli di Maratea. “Vogliatevi bene”, raccomanda un signore che si ferma a parlare con noi sulla salita che porta alla Chiesa Maggiore: forse vuole solo riprendere fiato, infatti sembra piuttosto provato. “Vogliatevi bene, che è quello che conta. Al giorno d’oggi poi, con quello che si sente alla televisione…” dice riprendendo fiato. “Meglio spegnerla” gli dico. Specialmente per chi, come lui, abita in una casa con vista spettacolare sul Tirreno.
In una rosticceria prendiamo fiori di zucca fritti e mozzarella, poi scendiamo alla Spiaggia Nera, così chiamata per il colore della sua sabbia. Una raccomandazione per coloro che ci andranno: abbiate l’accortezza di non camminarvi a piedi nudi. E’ come camminare sui carboni ardenti!
Riusciamo a farci un bagno senza essere spolpati da parcheggiatori e gestori dei bagni privati. E non sarà qualche cafone da spiaggia a rovinarci la giornata.

In serata a Castrocucco Sagra dell’Ortolano: andiamo lì per cena. E il suono dell’organetto dell’orchestrina che suona sul piccolo palco finalmente annulla i ritmi dance della pista da ballo del campeggio.

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