giovedì 12 maggio 2011

Al tempo di Pasqua in Occitania - 4. Passeurs per caso

Dolceacqua, 27/4/2011

Ieri sera prima di cena abbiamo fatto due passi lungo un vecchio itinerario partigiano che si arrampica sulle montagne intorno a Piasco, passando sotto al castello che domina il paese. Qui ha sede una delle più importanti fabbriche di arpe del mondo, la Victor Salvi. In località Sant’Antonio c’è anche un Museo dell’Arpa che contiene autentiche opere d’arte provenienti da ogni parte del mondo e da ogni epoca.

Dopo la visita al museo scendiamo in direzione Cuneo. Il capoluogo della Provincia Granda sembra chiamarci, ma ci viene in mente quel vecchio pezzo dei Marlene Kuntz in cui Cristiano Godano canta – anzi grida angosciato – chi non si sporca le man
i e dentro al Cuneo muore. Decidiamo di proseguire.
A Borgo San Dalmazzo si uniscono tre valli. La prima è la Valle Stura, che compare anche nel bel documentario Case abbandonate di Alessandro Scillitani; da queste parti infatti è in atto un singolare tentativo di recupero di un luogo della memoria della lotta partigiana, Paralup. La seconda è la Valle Gesso, che si inoltra nelle Alpi Marittime. La terza è la Valle Vermenagna, ed è quella che percorriamo noi.
Ci fermiamo a Vernante, dove ha trascorso gli ultimi anni di vita Attilio Mussino, uno dei più celebri illustratori di Pinocchio. Il paese è noto in quanto pieno di murales che illustrano la favola di Collodi.
Proseguiamo verso il Colle di Tenda diretti verso la più meridionale delle Valli Occitane; il tratto di Valle Argentina intorno a Triora, in Liguria, la meta di domani. Stasera siamo attesi prima di cena a Dolceacqua.
Siamo nelle zone dei passeurs; un tempo italiani, principalmente contrabbandieri o gente che cercava d
i varcare il confine per andare in Francia a lavorare. Oggi i tunisini che fuggono dal loro paese. Stamattina al riguardo abbiamo assistito ad uno scambio di idee tra un’italiana ed un francese. Certo, si tratta di una questione che andrebbe risolta a livello europeo; d’altra parte è buffo vedere un governo come quello italiano, che ha fatto della politica dei respingimenti la propria bandiera, rimproverare a quello francese quella stessa politica.
Noi oggi siamo passeurs per caso
, e la Francia è solo una parentesi fatta da una spettacolare strada che si incunea tra speroni rocciosi e le azzurre acque del torrente Roya, e da graziosi villaggi incorniciati da filari di tigli. In meno di un’ora è di nuovo Italia.
Il mare, finalmente. Dobbiamo c
osteggiarlo solo per pochi chilometri ma la tentazione è troppo forte: alla spiaggia! Purtroppo nel frattempo il cielo si è coperto e si è alzato un vento fresco. Fare il bagno è impensabile; ci riposiamo un po’ sui ciottoli e ripartiamo.
Dolceacqua si presenta dopo una curva come una cartolina. Scarichiamo subito i nostri bagagli e facciamo due passi per il paese. Il quartiere ‘A Terra, arroccato ai piedi del castello dei Doria, con le sue alte case in pietra ed i suoi stretti e contorti carruggi, sembra quasi scavato nella montagna; attraversarlo è stupefacente. Arriviamo al castello, da cui partono diversi sentieri che portano ai boschi, agli orti e agli uliveti ricavati sui terrazzamenti delimitati dai muretti a secco.
Il meraviglioso Ponte Vecchio mette in comunicazione ‘A Terra con il Borgo, quartiere di più recente impianto del primo ma pure molto pittoresco.

Cena a base di cinghiale e coniglio alla ligure; li accompagniamo con
del Rossese, che insieme all’olio e alla michetta sono i prodotti tipici di Dolceacqua. Quest’ultimo è un dolce ideato per celebrare la fine dello jus primae noctis; leggenda vuole che ciò avvenne grazie ad un giovane sposo, che riuscì ad entrare di nascosto nel castello per vendicare la moglie che si era rifiutata di concedersi al signore del paese venendo imprigionata e fatta morire di fame. Una triste ma bella storia di disobbedienza.
Usciamo all’aperto. Anche di sera Dolceacqua conserva la sua romantica bellezza. Dai torrenti intorno al paese nel silenzio si sentono gracidare le rane. La brezza ci porta l’odore del mare. Anche dalla poesia può nascere ribellione.

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